Le storie dei samaritani di oggi. Calvani: “Dobbiamo essere protagonisti di grandi innovazioni sociali”

By 15 Aprile 2018Testimoni

Ha lavorato o vissuto in 135 Paesi del mondo. Ha diretto diversi organismi Onu ed è un punto di riferimento per la Caritas. Da tempo riflette sulle rapide e profonde trasformazioni imposte dalla mondializzazione dei processi economici, sociali e culturali. Sandro Calvani, sempre attento al magistero dei Papi, analizza in questa intervista alcune grandi sfide del terzo millennio e rilancia parole-chiave come speranza, solidarietà, giovani.

Nel suo ultimo libro racconta quaranta storie di persone che hanno accettato di fare la loro parte…
“Le stelle non hanno paura di sembrare lucciole”: prende a prestito Tagore, chiama in causa Dante, passando per Papa Francesco e altre voci autorevoli, coscienze di un’era carica di incognite. E racconta le storie di 42 persone, donne e uomini del nostro tempo a loro modo “samaritani”, che non hanno avuto paura di vivere pienamente, nonostante ostacoli e fatiche, provando a cambiare in meglio se stesse e un angolino di mondo, a partire dal proprio mondo. Sandro Calvani sta compiendo un tour lungo tutta la Penisola, presentando il suo ultimo libro (editrice Ave), che porta nel titolo proprio la frase del poeta indiano Tagore. Un volume, realizzato con la collaborazione di Lilly Ippoliti e Dhebora Mirabelli, che torna sui grandi temi affrontati in tanti anni dallo stesso Calvani: il modello di sviluppo, la promozione dei diritti umani, la libertà di coscienza, la “vocazione” di ciascun individuo nello scorrere della storia, la giustizia sociale, l’educazione dei giovani in un mondo in rapido cambiamento. Calvani è docente di Politiche per lo sviluppo sostenibile presso l’Asian Institute of Technology e Webster University e Consigliere speciale per la programmazione strategica, Mae Fah Luang Foundation a Bangkok (Thailandia, dove vive). Dal 1980 al 2010 è stato direttore di vari organismi delle Nazioni Unite, fra cui direttore del Programma Onu contro la droga e il crimine (Unodc) in Colombia; è componente del World Economic Forum e punto di riferimento culturale e formativo della Caritas in numerosi Paesi.

Calvani, partiamo da uno sguardo “globale”. Dal suo punto di osservazione, quali sono le maggiori sfide che l’umanità incontra oggi? Il sottosviluppo di tante aree del mondo? Il mancato accesso alla scuola o alle cure sanitarie per vaste fasce di popolazione povera? I conflitti regionali? Le democrazie deboli o la negazione dei diritti fondamentali? Le migrazioni?
Per le strade delle periferie più povere del mondo non vedo oggi alcuna grossa novità nella qualità delle sfide rispetto a quarant’anni fa, quando è cominciato il cammino dei processi di sviluppo misurabile e sostenibile. Rimangono centrali gli interrogativi sui cinque bisogni fondamentali: acqua e cibo, lavoro, educazione, salute, casa. Gli indicatori sono migliorati di molto ma oltre un miliardo di persone non ha ancora accesso agli strumenti fondamentali di difesa della propria dignità. La novità più dirompente è invece l’evidenza ormai incontrovertibile dell’interdipendenza di tutte le variabili della sostenibilità globale. I fenomeni alla base dell’interdipendenza, come commerci internazionali e le loro regole, fonti energetiche, sistemi fiscali e destinazione dei beni comuni, diritti dell’acqua dolce, energia, cambio climatico, migrazioni, riduzione e gestione dei conflitti sono tutti fenomeni collegati tra loro di intrinseca natura globale. Ma sono anche questioni che non vengono governate a livello globale, perché i governi non cedono quel minimo di sovranità nazionale necessario per regolare e gestire questi beni comuni e minacce globali. Al contrario, in troppe parti del mondo, accorgendosi della natura internazionale di molte sfide, governi e popolazioni si rifugiano in un sistema di muro contro muro, sovranismi e nazionalismi esasperati di ogni tipo che sono sconfitti e inefficaci già dal primo momento che vengono ipotizzati. Tante energie e idee vengono annullate dal fatto di essere contrapposte l’una all’altra e non si prova a lavorare insieme. In estrema sintesi, trovare una nuova formula sostenibile di umanesimo planetario per il terzo millennio è l’interrogativo più importante che ci viene posto all’inizio di questo cambiamento d’epoca.

Tante volte lei ha sottolineato la centralità della questione ambientale e si è trovato in sintonia con Papa Francesco sulla difesa del Creato. Si tratta di un’altra urgenza mondiale?
Come scrisse San Francesco quasi mille anni fa, la Terra ci sostiene e ci governa. La Terra ha i suoi limiti planetari e non è possibile adattarli ai nostri desideri umani. Se non rispettiamo le sue regole chimico-fisiche fondamentali, la Terra non verrà a soccorrerci. Sarà l’umanità a soccombere. Certo, è urgente accorgersi di questo cambio di paradigma.
Vediamo alcuni indicatori di questa crisi di relazione umanità-pianeta nel cambio climatico, nello spaventoso inquinamento globale degli oceani, le emissioni di gas a effetto serra, la ridotta disponibilità di pescato negli oceani, i tassi decrescenti di felicità e fertilità nei Paesi ricchi, la crescente percentuale di depressione sistemica e malattie mentali, la crescita di malattie degenerative cardiache e da stress come il cancro. Stiamo diventando una specie disadattata rispetto all’ambiente dove viviamo. È chiaro: l’umanità deve cambiare e adattarsi ai limiti planetari, il pianeta non farà niente per adattarsi a noi.

I giovani sono di frequente al centro delle sue riflessioni. Anche in questo ultimo libro. Perché?
In ognuno dei 135 Paesi dove ho vissuto o lavorato ho visto una straordinaria capacità di creatività e innovazione da parte dei giovani per risolvere in modo efficace le sfide di disintermediazione e nuova sussidiarietà che pone la trasformazione del mondo. Ognuna di quelle centinaia di storie personali di vita che ho conosciuto, porta con sé semi di buon samaritanesimo politico, di un farsi prossimo adatto e risolutivo. Ho cominciato a raccontare le loro storie proprio perché non sono teorie o ideologie politiche, non sono “ismi” di alcun tipo, sono espressioni semplici e meravigliose di un “noi” che cresce e apre nuovi orizzonti per persone e comunità che risolvono i loro problemi e divengono felici. Sono fiabe per giovani-adulti, perché ispirano offrendo le prove che ogni “io” aperto, che ama, diventa subito un noi restaurativo di una comunità prospera e solida.

Quale il messaggio di “Le stelle non hanno paura di sembrare lucciole”?
Il messaggio centrale è che tempi nuovi e molto sfidanti richiedono sperimentazioni coraggiose e soprattutto diffuse. Non solo dovremmo tutti vincere le tante paure create da una società liquida, ma potremmo anche divenire protagonisti di grandi innovazioni sociali. Ogni aspirante stella sa sempre emettere luce senza aver paura di sembrare una lucciola.

Credere nel terzo millennio: è così difficile a suo avviso? Le religioni possono essere davvero “costruttori di pace”?
Il terzo millennio è un fatto storico, succede comunque. Come i precedenti millenni, il cambio di millennio fa trasparire l’evidenza che i millenni che abbiamo conosciuto non si ripeteranno. Se dieci secoli di storia passata, che abbiamo studiato ci hanno dato tutto ciò che apprezziamo, dai diritti umani alle scienze, dalle istituzioni come le nazioni alle democrazie, dai motori alle tecnologie informatiche, possiamo credere con fiducia che le nuove trasformazioni offriranno simili grandi progressi. Le religioni potranno e dovranno essere soprattutto costruttrici di pace, altrimenti si auto-distruggeranno. Il libro che ho scritto dimostra queste ipotesi con fatti reali.

Gianni Borsa
SIR, 5 aprile 2018