Gregoire Ahongbonon. Quando la fede spezza le catene

By 8 Maggio 2018Testimoni

È arrivato in libreria “Gregoire –Quando la fede spezza le catene”, la storia dell’uomo che in quattro paesi dell’Africa occidentale ha creato i centri di accoglienza San Camillo che hanno restituito la dignità e in molti casi la salute a 60 mila malati psichiatrici prima abbandonati o incatenati nei villaggi e nei cosiddetti campi di preghiera di sedicenti taumaturghi africani.

Il testo è opera di Rodolfo Casadei, l’inviato internazionale di Tempi, che ha conosciuto e fatto conoscere la vicenda di Gregoire Ahongbonon una ventina di anni fa e che l’anno scorso ha realizzato sul posto una serie di reportage.
Sullo scheletro di quegli articoli è nato il libro, che racconta la vicenda dell’ex gommista emigrato dal natìo Benin in Costa D’Avorio e divenuto benefattore di decine di migliaia di emarginati dalle origini ad oggi. C’è il giovane Gregoire imprenditore di successo che poi perde tutto e arriva sull’orlo del suicidio e c’è l’uomo maturo che attraversa l’Africa col suo camioncino raccogliendo i pazzi che vagano scarmigliati; la scoperta dei malati incatenati dentro alle capanne o legati agli alberi e le assemblee coi parenti dei malati; gli epici scontri verbali coi sedicenti guaritori che sfruttano la disperazione delle famiglie e i giorni tremendi della guerra civile in Costa D’Avorio quando la sua vita era appesa a un filo; i premi internazionali e gli amici italiani. C’è soprattutto il convertito che riscopre la fede in cui è stato battezzato, che attinge alla preghiera e all’Eucarestia la forza per affrontare le avversità e le fatiche quotidiane, che decide di alloggiare una parte dei malati dentro alle cappelle del Santissimo Sacramento che non mancano mai nei Centri di accoglienza per «fare felice Gesù regalandogli la compagnia dei suoi poveri».
Pubblichiamo di seguito un breve estratto del libro, che è stato pubblicato dalla Emi (Editrice missionaria italiana), e che reca una prefazione del famoso psichiatra Eugenio Borgna.
La crociata di Gregoire contro i campi di preghiera.
Da alcuni anni Gregoire conduce una personale crociata contro i campi di preghiera di sedicenti profeti e guaritori, che trattengono decine di malati mentali nelle condizioni più deplorevoli che si possano immaginare. Il principale problema di questi campi infatti non è la loro inefficacia terapeutica, ma le sofferenze gratuite inflitte ai malati, che restano legati o incatenati a piante o a blocchi di cemento all’aperto anche per mesi, esposti agli agenti atmosferici, senza possibilità di provvedere alla propria igiene personale, costretti a lunghi digiuni o a regimi alimentari inadeguati, talvolta frustati o sottoposti ad altre violenze che dovrebbero servire a far uscire dal loro corpo gli spiriti che si sono impadroniti della loro anima causando la malattia. Molti di questi luoghi assomigliano a gironi danteschi, grondanti disperazione, grida e cattivo odore. Documentari televisivi e servizi fotografici hanno fatto conoscere in tutto il mondo queste realtà di uomini e donne che oltre al danno della malattia patiscono quello di ritrovarsi immersi in un lurido, maleodorante, interminabile incubo. «Ciò che mi disgusta è il modo di operare delle sètte», dice Gregoire. «Gente che utilizza il nome di Dio per incatenare i malati, per bastonarli, privarli dell’acqua e del cibo col pretesto che sono posseduti e che bisogna far soffrire il corpo per far uscire dallo stesso il demonio. Combattere questa gente è la nostra lotta principale!».
Le campagne di denuncia e di sensibilizzazione di Gregoire contro tutto questo sono state coronate da successi parziali: un certo numero di malati sono stati trasferiti dai campi di preghiera ai centri della San Camillo per iniziativa delle famiglie convinte dalle sue parole, tanta cattiva pubblicità sulle loro attività da lui propagata ha un po’ intaccato i profitti dei sedicenti guaritori, ma gli interventi della forza pubblica o delle autorità religiose per imporre la chiusura o una radicale riforma dei trattamenti riservati ai malati nei campi di preghiera, auspicati da Gregoire, non si sono materializzati. «La prima volta che ho scoperto l’esistenza di un campo di preghiera dove erano trattenuti malati mentali è stato nel 1997 a Bouaké. Ho affrontato i gestori di quella struttura, la discussione ha assunto toni alterati e ho chiamato la polizia. Ma i poliziotti non mi hanno appoggiato: “Sono dei pazzi, non possiamo fare niente. Le famiglie sono d’accordo a tenerli lì, non è un sequestro di persona”. “Quindi se diventi pazzo in Africa perdi tutti i tuoi diritti, nessuno ti considera più una persona”, gli ho risposto io. Abbiamo sporto denuncia, abbiamo portato la cosa in tribunale, ma la causa non è andata avanti. Allora ho scritto una lettera al presidente dell’associazione di tutte le Chiese evangeliche della Costa d’Avorio, gli ho esposto la situazione e gli ho scritto che era inaccettabile che dei cristiani trattassero così dei malati. Lui prima mi ha risposto che non sapeva, e che sarebbe intervenuto per far cambiare le cose. Poi in una seconda lettera si è rimangiato i suoi impegni, ha spiegato che era necessario legare o incatenare i malati per il loro bene, perché non facessero del male a sé o agli altri. Tutto è continuato come prima».
Esiste un video in cui Gregoire discute con il pastore responsabile del Centro di preghiera e di liberazione di Yaboikikro in Costa d’Avorio. Costui appare evidentemente sulla difensiva, mentre lui lo incalza: «La parola di Dio non permette di incatenare nessuno! Non si può usare il nome di Dio per incatenare, dal momento che Cristo è venuto per togliere le catene, non per metterle!». Il pastore obietta che i malati, rimessi in libertà, potrebbero essere la causa scatenante di nuovi casi di stregoneria. «Come credente, quando credo in Dio, non ci sono più stregoni. È l’uomo che inventa la stregoneria. Uno stregone non può nulla contro di me! Se sono in Cristo, sono immune alle azioni degli stregoni». Allora il pastore chiama in causa gli antenati, cerca di mettere in difficoltà Gregoire mostrando che lui sta andando contro la saggezza degli antenati, che in Africa tutti riveriscono e nessuno si permette di mettere in dubbio: «E i nostri antenati non adoravano forse i feticci? Non cercavano lì forza e protezione?». «I feticci in sé non hanno niente di male», risponde Gregoire con calma e astuzia. «I nostri antenati, vedendo la forza della natura, giunsero alla conclusione che in ogni cosa c’era un dio che la muoveva. E questi dèi volevano adorarli in ciò che vedevano, senza conoscerli. Chi adora la divinità nei feticci non fa niente di male. Ma la malattia è un’altra cosa! A volte la malattia mentale si calma spontaneamente, e voi dite che ciò avviene grazie ai vostri riti, ma non è vero! Poco dopo ritorna, e voi avete soltanto usato il nome di Gesù per maltrattare i vostri fratelli!».
(tratto da Grégoire – Quando la fede spezza le catene, pp. 91-94)

Tempi.it, 23 aprile 2018