Eutanasia made in UK: i morti di Jane Barton

Sul dailymail due giorni fa è stato pubblicato l’ennesimo articolo di denuncia del sistema sanitario inglese, questa volta puntando i riflettori su una dottoressa, Jane Barton, di 69 anni, sul cui operato si sono aperte molte inchieste, tutte lentissime e dall’esito incerto, che la accusano di aver provocato nella sua carriera di medico centinaia di morti, mediante la somministrazione di un potente antidolorifico oppiaceo ai suoi pazienti del Gosport War Memorial Hospital. Mercoledì dovrebbe finalmente essere pubblicato il rapporto di indagine su questa vicenda, che è drammatica ed emblematica insieme.

La dottoressa in questione è attualmente in pensione, ma ripercorrere la timeline delle inchieste che la coinvolgono rende subito l’idea del clima di insabbiamento che aleggia attorno alla vicenda.

Ad agosto 1998 la signora Gladys Richards, ricoverata per facilitare il recupero da un’operazione all’anca, muore al Gosport War Memorial improvvisamente, dopo la somministrazione di morfina. La figlia, che già si era lamentata con la direzione dell’ospedale del trattamento riservato alla madre durante il ricovero, chiede chiarezza. Dopo due mesi, la polizia apre un’indagine esplorativa, ma dopo tre settimane l’abbandona. La famiglia torna a lamentarsi e la polizia avvia una seconda indagine, che però muore come la prima. Allora la figlia scomoda il PCA (Police Complaints Authority), il quale avvia un’indagine sulle indagini arenate. Ad un anno dalla morte della signora, la polizia apre una terza indagine, e dopo sei mesi i risultati sono spediti al CPS (Crown Prosecution Service), il quale però, dopo altri 6 mesi, decide che non ci sono prove sufficienti per un’azione penale.

Siamo ad Agosto 2001 e la polizia allora chiede alla Commission for Health Improvement (CHI) di indagare a sua volta. Un anno dopo la CHI conclude che i pazienti sono stati messi a rischio dalle cattive pratiche degli operatori sanitari dell’ospedale. Così il Dipartimento della salute chiede al professor Richard Baker di condurre un’indagine per esaminare le morti dei pazienti, le quali risultano evidentemente assai sospette, tanto che a novembre 2002 la polizia apre un’ennesima inchiesta, chiamata Operazione Rochester, su 92 decessi avvenuti nell’ospedale. Siamo ben al di là della morte della signora Richards.

Dopo due anni, i primi risultati vengono inviati al CPS, mentre l’Indipendent Police Complaints Commission (IPCC) apre un’indagine sull’indagine e i suoi tempi biblici, scusandosi pubblicamente per le lungaggini con cui è stata portata avanti.

Finalmente a luglio 2006 l’indagine è conclusa e tutti i dati sono in mano al CPS, il quale, però, dopo 5 mesi, annuncia che non porterà in tribunale nessuno dei casi, operando il terzo affossamento sulla stessa inchiesta di mala sanità.

Due anni dopo, però, i file arrivano al coroner e a marzo 2009 il caso approda in tribunale lo stesso. Ad aprile 2009 la giuria rileva che la dottoressa Jane Barton ha prescritto farmaci che hanno contribuito alla morte di Elsie Devine, 88 anni, Elsie Lavender, 83 anni, Robert Wilson, 74 anni, Brian Cunningham, 79 anni, e Geoffrey Packman, 68 anni.

Il caso di Robert Wilson è forse il più toccante; ex ufficiale navale di 74 anni, fu ricoverato per una spalla rotta. Il figlio, visitandolo in ospedale, lo trovò a letto, immobile, disteso e molto silenzioso, Chinandosi su di lui, raccolse la sua invocazione sussurrata: “Aiutami figlio, mi stanno uccidendo”. Il giorno dopo entrò in coma e non si riprese più.

Eppure a dicembre 2009 la giuria decreta che, nonostante i farmaci prescritti a tali pazienti non fossero appropriati alle loro condizioni, i loro decessi sono dovuti a cause naturali.

A gennaio 2010 il General Medical Council Fitness to Practise Panel ritiene che la dottoressa Barton si sia resa colpevole di “molteplici casi di cattiva condotta professionale”.

Tuttavia, non viene licenziata e continua a praticare finché ella stessa non decide volontariamente di ritirarsi.

Ad agosto 2013: il professor Baker (dopo 12 anni!) pubblica finalmente il suo rapporto. Ha scoperto che gli antidolorifici oppiacei hanno “quasi certamente abbreviato la vita di alcuni pazienti” e così un anno dopo viene aperta l’ennesima inchiesta sui decessi di questo ospedale: le morti prese in esame sono ora ben 800, nell’arco dei 30 anni di attività della dottoressa Barton, ma ci sono anche altri operatori sanitari coinvolti, nonché le autorità pubbliche stesse, che in tutti questi anni hanno affossato in ogni modo questa complicata e travagliata inchiesta sulla dottoressa “brusca e indifferente” che prescriveva quasi regolarmente dosi assurde di antidolorifici potenti a pazienti che non ne avevano alcun bisogno, portandoli alla morte.

Da parte sua, la Barton ha detto, in una audizione al GMC, che non voleva che i pazienti soffrissero e agiva sempre nei loro interessi: «Mi trovavo di fronte a un carico eccessivo e crescente nel cercare di prendermi cura dei pazienti al Gosport War Memorial Hospital. Ho fatto il meglio che potevo per loro, date le situazioni».

Questa indagine è già costata 13 milioni di sterline ed ora qualche politico si sveglia: Stephen Lloyd, deputato liberaldemocratico di Eastbourne, ha commentato al Times: «Quello che è successo a Gosport è stato malvagio. Spero che dopo questo rapporto la Barton sia nel mirino insieme alla polizia Hampshire, al servizio sanitario nazionale e al GMS. C’è stato il più grande insabbiamento mai visto».

In effetti alcune infermiere denunciarono le prescrizioni spregiudicate di antidolorifici della Barton già solo dopo due anni che lavorava al Gosport Hospital, per cui l’insabbiamento è davvero colossale.

Il fatto è che in UK il medico ha potere di vita e di morte sui pazienti, soprattutto sui più deboli: certo dal punto di vista formale bisognerebbe passare da un paio di strutture giuridiche deputate alla sottrazione di ogni giurisdizione decisionale al paziente e ai suoi familiari, come la Court of Protection, con tutti i crismi di legge e la benedizione dei sistema, ma la sostanza resta quella e accusare la Barton di omicidio di persone fragili o anziane, costo per la società, con nessuna prospettiva di tornare produttive solo perché ha agito in autonomia invece di scomodare qualche giudice è abbastanza ipocrita. Tutto sommato è probabile che il CPS abbia bloccato l’indagine così tante volte perché ha ritenuto che la Barton abbia sostanzialmente contribuito a snellire il sistema giudiziario inglese, più che commesso omicidi.

Attenderemo di vedere come va a finire questa volta: forse l’indignazione a fini elettorali di qualche politico potrà più della giustizia.

Lucia Scozzoli

19/06/2018

http://www.lacrocequotidiano.it/articolo/2018/06/19/societa/eutanasia-made-in-uk-i-morti-di-jane-barton