Droga: l’ipocrisia che vuole negare la scienza

By 5 Giugno 2018Salute

Con un’editoriale a firma della direttrice Fiona Godlee, il British Medical Journal si è recentemente esposto sul tema della droga, affermando che è ormai giunto il momento di regolarizzare, tassare la droga a uso ricreativo e medicinale.

La notizia, ripresa dall’Ansa, prende spunto dal fatto che la guerra alla droga ha dei costi. E su questi costi è di nuovo il British Medical Journal a scrivere che le leggi proibitive che vietano la produzione e l’uso di alcune droghe hanno un costo di 100 milardi di dollari ma che hanno fallito nel loro intento di ridurne la domanda o la dipendenza.

Come spesso accade, si nega l’incidenza dell’uso di droga sulla salute: infatti, seppur sia vero che le droghe cosiddette “leggere” da certi punti vista sono meno pericolose (n.d.r. ma lo sono!) per la salute di quelle pesanti, non sono comunque sostanze innocue e i rischi ci sono. In tal senso, la distinzione tra droga “leggera” e droga “pesante” non ha motivo d’essere: fa male e ha incidenze permanenti, questo basta.

Inoltre, la droga crea dipendenza ed è facile che dalla cannabis (che in Italia, secondo i dati del 2017, viene utilizzata da oltre il 25% dei giovani) si passi poi all’uso di altre sostanze, alla ricerca di uno “sballo” sempre maggiore.

Alla domanda di Cesare Fassari del Quotidiano Sanità del 13 febbraio 2014: «Ma insomma droghe leggere e pesanti dovrebbero restare uguali ai fini della legge?», Giovanni Serpelloni, allora capo dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ebbe a rispondere: «Ma di quali droghe leggere parliamo? Della cannabis? Ma lo sa che oggi la quantità di principio attivo della cannabis è passata dal 5% degli anni ‘70/’80, al 50/55% e arriva fino all’88% negli estrattivi come l’olio di hashish? Non esistono droghe leggere. Senza contare poi che la cannabis, e parlo di questa cannabis super potente, è spacciata soprattutto tra i giovani e i giovanissimi che la usano senza sapere il rischio che corrono. Come afferma Giancarlo Arnao, medico e ricercatore italiano, nel suo libro “Cannabis Uso e Abuso”, “Negli ultimi anni si è affermata nell’opinione corrente la distinzione tra doghe “leggere” e “pesanti”: di queste ultime si da perscontata una maggiore tossicità e la possibilità di provocare tossicodipendenza”. Tra i giovani appare chiara questa distinzione, definendo droghe leggere quelle derivate dalla Cannabis e come droghe pesanti tutte le altre; questa distinzione è forse dovuta più alle leggi che ne parlano piuttosto che a basi scientifiche (“questa classificazione non ha basi scientifiche” G. Arnao)».

Denise Biscossi

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