390 euro per un frammento di ossa di Sant’Antonio. Attenti alle truffe su eBay!

By 17 Giugno 2018Notizie Chiesa

Dalle ossa alle medagline con presunte reliquie. Occhi aperti prima di fare acquisti on line. Ad Adret, in Valle d’Aosta, vive un presunto venditore di reliquie di uno dei Santi più famosi e invocati nel mondo. Come ne sia entrato in possesso non è possibile saperlo, ma l’annuncio su eBay afferma che frammenti ossei di Sant’Antonio di Padova, in suo possesso, possono essere spediti in tutto il mondo.

Assenza di sigillo

La descrizione che accompagna l’annuncio riguardo le “sacre” ossa è piuttosto debole. C’è scritto che si tratterebbe di un frammento osseo e null’altro. Sulla reliquia però manca uno specifico sigillo di ceralacca che, se presente, assicurerebbe l’autenticità dei resti secondo la Chiesa (Blasting news, 18 maggio).

Il costo è di 390 euro, escluse le spese di spedizione.

Medaglia con reliquia low cost

Per chi 390 euro fossero troppi, si può optare per una diversa soluzione: sempre su eBay si trova infatti una medaglietta in legno che si può aprire per rivelare, oltre a un immagine di Gesù Bambino, ancora un frammento osseo, sempre appartenente a Sant’Antonio da Padova.  La cifra in questo caso si aggira intorno ai 150 euro, sempre con le spese di spedizione escluse (Il Gazzettino, 18 maggio).

La reliquia originale

Quando si pensa ad acquisti del genere, bisogna restare sempre in allerta. I truffatori sono dietro l’angolo. Una reliquia originale è costituita dalla custodia, detta reliquiario, dalla reliquia (ex ossibus, ex pilis, ex cineribus, etc.), dal cartiglio (la scritta che indica il santo), dal sigillo (che si trova nella parte posteriore del reliquiario) e dal certificato di autenticazione firmato dall’Autorità ecclesiastica. Se così non è, allora è probabile che sia una truffa. A quel punto bisogna rivolgersi all’autorità giudiziaria. Se fosse vera invece, il quadro è più complesso.

L’Istruzione del Vaticano

L’istruzione, intitolata “Le reliquie nella Chiesa: autenticità e conservazioneˮ (La Stampa, dicembre 2016):  recita così all’articolo 25 del documento: «Sono assolutamente proibiti il commercio (ossia lo scambio di una reliquia in natura o in denaro) e la vendita delle reliquie (ossia la cessione della proprietà di una reliquia dietro il corrispettivo di un prezzo), nonché la loro esposizione in luoghi profani o non autorizzati».

Il riferimento in nota è al canone 1190 del Codice di Diritto Canonico, che recita: «è assolutamente illecito vendere le sacre reliquie». Ma mentre il Codice parla soltanto di vendita, l’istruzione vi aggiunge anche la parola «commercio». Da quanto si apprende, dunque, per la Chiesa è assolutamente vietata la compravendita di reliquie. Ne consegue che, sempre per la Chiesa, un contratto avente a oggetto una reliquia, è di per sé nullo (www.biagiogamba.it).

La punizione per chi viola la norma

Cosa potrebbe succedere allora a chi viola la norma? Il canone 1376 stabilisce che «chi profana una cosa sacra, mobile o immobile, sia punito con giusta pena». La giusta pena – che viene applicata dal Tribunale Ecclesiastico, dopo regolare processo, iniziato su denuncia – va dalla sospensione dai sacramenti alla più dura scomunica.

L’efficacia della pena

Il problema è che il Codice Canonico non ha alcuna efficacia nei rapporti fra cittadini della società laica. Per intenderci: non esiste una corrispondente norma, nella legislazione italiana, che consideri illecita la compravendita di reliquie. Ragion per cui, pur violando il canone 1190 del Codice Canonico, in pratica al venditore di reliquie non succede praticamente nulla. A meno che non si tratti di reliquie trafugate (comportamento che integra gli estremi del reato di furto o rapina) o di reliquie considerate opere d’arte.

L’articolo 411

In assenza di una legislazione da parte dello Stato italiano in materia specifica di compravendita di reliquie, si potrebbe procedere per analogia, applicando l’art. 411 del codice penale, che punisce la sottrazione di cadavere o di sue parti e la dispersione di ceneri, e dunque anche la compravendita.

Sennonché, nel caso delle reliquie, la norma non potrebbe essere applicata (salvo in casi evidenti come la profanazione di un corpo di un “santo” contemporaneo, seppellito da poco).

Per quanto ne sappiamo, e per fare un  esempio, una reliquia indicata come ex ossibus, relativa a una determinata santa, vissuta in un non precisato anno della storia, potrebbe essere del tutto falsa.

Gesomino DelGuercio

Aleteia, 4 giugno 2018