La Corea del Nord mi ha arrestato con l’accusa di aver pregato»

By 26 Giugno 2018Libertà Religiosa

Kim Hak Song, americano liberato a maggio, si racconta per la prima volta: «Non mi facevano vedere la luce del sole, avevo perso la concezione del tempo. Dio fa ancora miracoli».

Perché la Corea del Nord arrestò nel 2017 Kim Hak Song, uno dei tre americani liberati a maggio dal regime come segno di buona volontà in vista dello storico summit di Singapore tra Kim Jong-un e Donald Trump del 12 giugno? Lo ha rivelato lo stesso pastore americano parlando a una funzione della sua Oriental Mission Church a Los Angeles: «Mi hanno bloccato sul treno, accusandomi di atti ostili verso il paese. Ho pensato: “Non ho fatto niente di male”. Poi ho chiesto quali atti ostili avevo commesso e loro mi hanno risposto: “Hai pregato”».

EMAIL INCRIMINATA. Kim lavorava presso l’Università di scienza e tecnologia di Pyongyang, ateneo fondato da cristiani evangelici e frequentato dall’élite del paese. In particolare, si occupava per conto dell’università di una fattoria sperimentale. Rispondendo alle autorità comuniste, Kim ha negato di aver violato le leggi della Corea del Nord (che tra l’altro in teoria proteggono la libertà religiosa) ma gli agenti gli hanno mostrato un’email in cui chiedeva ai suoi amici americani di pregare per i nordcoreani e una registrazione nella quale pregava al mattino insieme a un gruppo di persone.

NESSUNA TORTURA. Al contrario di quanto accade alle persone comuni che vengono scoperte a professare il cristianesimo, Kim non è stato torturato né giustiziato. Il pastore coreano, naturalizzato dagli Stati Uniti, anche se è stato trattato con riguardo (cosa che non succede a tutti, come insegna il caso dello studente americano deceduto Otto Warmbier), secondo la moglie sta facendo ancora i conti con il trauma della prigionia: «Soffre e fa molta fatica», ha dichiarato.

LA LIBERAZIONE. Kim Hak Song è stato liberato grazie al lavoro della diplomazia il 9 maggio insieme agli ultimi due americani detenuti dal regime, Kim Dong Chul e Tony Kim. Non potrà più mettere piede né in Corea del Nord né in Cina, ma il pastore americano è convinto che «il periodo di tempo che ho trascorso in detenzione non è stato inutile».

«DIO FA ANCORA MIRACOLI». Mentre si trovava in prigione, infatti, una guardia gli ha chiesto di scrivere un testo sul cristianesimo. «Ho cominciato parlando della Genesi e sono grato a Dio di avere avuto la possibilità di parlare del Suo messaggio a questa persona». Kim non aveva la minima idea che Washington e Pyongyang stessero trattando il suo rilascio: «Per la maggior parte del tempo in cella non vedevo neanche la luce del sole e ho perso la percezione del tempo. Diverse notti però mi sono ritrovato in sogno in automobile con il presidente Trump. Quel sogno si è avverato: davvero Dio cammina con noi». La preghiera «è importante», ha concluso: «Dio fa ancora miracoli».

Leone Grotti

Tempi.it, 8 giugno  2018