Pakistan. Farmacista cristiano ucciso davanti all’ospedale

By 3 Ottobre 2018Libertà Religiosa

Il padre: era minacciato dai musulmani sul lavoro. Aumentate le aggressioni alle minoranze.

Ucciso con ogni probabilità da estremisti per il suo impiego da manager in un ospedale privato a Gujranwala, nella provincia del Punjab. Il 5 settembre, il 26enne cristiano Faraz Ahmed Badar, è stato affrontato alle 2 del mattino, mentre rientrava a casa dal lavoro da più individui con il volto coperto che gli hanno gettato addosso dell’acido e – ma le testimonianza non sono omogenee – sarebbe stato anche torturato, come dimostrerebbero i segni sul corpo riscontrati durante i successivi trasferimenti in due ospedali pubblici, nella sua città e poi nel capoluogo provinciale Lahore.

Nonostante le cure, Badar è deceduto il 15 settembre per le conseguenze di un’aggressione che i testimoni hanno descritto come «brutale e spietata». Quella definitiva, ma non l’unica aggressione contro il giovane farmacista da due anni dirigente amministrativo nel Dhq Hospital della sua città natale.

Solo pochi mesi fa Badar era stato fermato da un gruppo di uomini ancora non identificati, che lo avevano minacciato di morte se non avesse abbandonato il suo impiego – riportano attivisti locali – perché con la sua impurità rituale metteva a rischio la salute dei «puri musulmani». Elementi che restano evidentemente radicati in frange estremiste e che mantengono alta la tensione tra le minoranze, nonostante il cambio di governo, guidato dal 20 agosto dal musulmano Imran Khan, fautore di un islam rigido quanto a mo-rale, ma dialogico e non discriminatorio.

Una proposta politica, la sua, che ha attratto i voti delle minoranze, deluse dalla corruzione e dall’attuale incertezza del loro referente storico, il Partito del popolo pachistano che fu di Benazir Bhutto. «Mio figlio era abitualmente sottoposto a pressioni da parte di musulmani che non tolleravano che un cristiano fosse in una posizione a essi gerarchicamente superiore nell’ospedale», ha dichiarato il padre della vittima, Badar Masih. Sottolineando che in occasione di precedenti atti intimidatori o vere aggressioni fisiche contro il figlio la polizia aveva ignorato le loro denunce.

La madre della giovane vittima dell’intolleranza, in un colloquio con una organizzazione che sostiene i diritti della minoranza cristiana nel Paese, ha espresso il suo dolore e sconcerto: « Non posso credere che mio figlio sia stato ucciso senza alcuna colpa. Non aveva fatto alcun male se non appartenere alla fede cristiana ».

Bibi, la madre, ricorda come il figlio fosse « un volontario impegnato nella nostra Chiesa. Stava avvicinandosi all’età del matrimonio che tutti in famiglia aspettavano con grande eccitazione, ma purtroppo non ha avuto l’opportunità di vivere una vita piena». Come ricorda Wilson Chowdhry, imprenditore e attivista nella diaspora pachistana, presidente della British Pakistani Christian Association, «viviamo in una cultura di tutti contro tutti, dove i cristiani sono vittimizzati per la loro vulnerabilità. Il nostro Paese resta settario e molti tra i musulmani pensano che i cristiani debbano essere spazzini, non avere un ruolo dirigenziale».

Stefano Vecchia

Avvenire.it,  21 settembre 2018

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