Assassino trans e studentessa cristiana: due pesi, due misure

By 4 Dicembre 2018Gender

Chow, studentessa di Berkeley, si è rifiutata di votare una risoluzione contro la definizione di sesso biologico. Compagni e giornali hanno chiesto le sue dimissioni da senatrice. E mentre viene insultata e minacciata, frequenta i corsi scortata come fosse una criminale. Nello stesso tempo, un assassino e violentatore con problemi psichiatrici viene assecondato con 20mila sterline nella sua richiesta di essere operato per sembrare femmina. Da dove nasce il paradosso e dove sta la speranza?

Quello che sta passando Isabella Chow, studentessa della University of California di Berkeley, è sconcertante, sebbene lo sia ancora di più la forza e l’amore con cui sta reagendo ai suoi aggressori.

Isabella, di origine malesiana-cambogiana, iscritta contemporaneamente al terzo anno di Business Economics e a quello di Musica, senatrice del consiglio accademico per il partito Student Action, due settimane fa si è rifiutata di votare una risoluzione, presentata dall’associazione Lgbt Queer Resource Center (Quarc), che condannava l’amministrazione Trump per aver proposto la ridefinizione del sesso come un dato biologico presente fin dalla nascita. La ragazza si era rifiutata di votare a favore del provvedimento, comunque passato con il voto di 18 studenti contro 2 (uno era assente). Ma agli studenti di Berkeley non è bastato ottenere ciò che volevano quasi all’unanimità, solo il fatto che qualcuno non fosse d’accordo con loro, li ha irritati a tal punto da innescare una reazione violentissima contro la ragazza, che aveva persino spiegato le sue ragioni con chiarezza: «Non posso votare questo provvedimento senza scendere a patti con i miei valori e con la responsabilità che ho nei confronti della comunità che mi ha eletto come rappresentante. Come cristiana, credo personalmente che certi atti e condotte di vita confliggano con ciò che è giusto e vero. Credo che Dio abbia creato l’uomo e la donna all’inizio dei tempi e che abbia pensato al sesso all’interno del matrimonio fra uomo e donna. Per me, amare un’altra persona non significa acconsentire silenziosamente quando nel profondo del mio cuore non credo che le sue scelte siano giuste o le migliori per lei». Infine ha ribadito che ogni persona merita rispetto, protezione e amore, anche i cristiani.

Ma nemmeno l’espressione “amo te, ma non per forza ciò che fai” è stata sufficiente, perché l’ideologia Lgbt, dimostrando il suo carattere totalitario, pretende una completa adesione ai suoi assunti. L’alternativa è il linciaggio pubblico. Non a caso Chow, oltre ad essere stata scaricata dal partito, è stata insultata in un articolo del Daily Californian, che prima ha rifiutato la richiesta della giovane di poter spiegare la sua posizione sul giornale e poi l’ha accusata di fomentare odio e di creare «un ambiente tossico per la comunità Lgbt». Nel frattempo, l’Associated Students of the University of California (ASUC) si riuniva chiedendo le dimissioni della senatrice con tanto di cartelli “Senator Chow resign now” e di grida irose come se si trattasse di una criminale lasciata a piede libero. L’autore della risoluzione, Teddy Lake, le ha invece dato della bigotta, i cui commenti sono «inquietanti e inconciliabili», colmi di «pregiudizi pieni d’odio», mentre centinaia di studenti hanno votato una petizione accusando la senatrice di aver violato la costituzione dell ASUC, definendo le sue parole come «violente, ipocrite e bigotte».

Fa sorridere che mentre si dà della retrograda ad una giovane e la si accusa di aver anche solo espresso le sue convinzioni, lei debba attraversare i corridoi dell’università mentre viene insultata con parolacce piene di furia, oltre a dover essere accompagnata dagli amici per non rischiare di essere fisicamente aggredita. Ma per i “politicamente corretti” e i “tolleranti” questo trattamento sarebbe il minimo meritato: l’ex candidato presidente dell’Asuc, Gia Cordova, ha commentato che prima di giusificarsi Chow deve chiedere scusa.

Ma come la ragazza riesca a continuare a frequentare i corsi in questo clima, oltre ad una forza che non pare del tutto umana, lo ha spiegato sempre lei a FoxNews: «Per quanto dura possa essere, se non rappresento almeno io la prospettiva cristiana – la prospettiva della minoranza – non ci sarà nessuno a farlo. Lo faccio per la comunità cristiana. So che sono stata chiamata in tempi come questi, la ritirata non è quindi un’opzione, specialmente quando ritirarsi significa cedere alle pressioni politiche e al politicamente corretto». Insomma, non è solo per non tradire se stessa che Chow agisce, ma con un senso di responsabilità come menbro di un corpo, la Chiesa, che oggi è raro trovare persino nei credenti adulti.

Oltretutto, a dare speranza, è una determinazione piena di compassione: nonostante tutto il campus la guardi come una nazista, lei spiega che «è difficilissimo sentirsi dire “fott..i Isabella” o “ci vediamo all’inferno” e altre parole tremende che non voglio ripetere, ma so che sotto tutta quella rabbia e male…ci sono cuori feriti, che noi come chiesa dobbiamo affrontare con il massimo dell’amore e il massimo della verità insieme».

Ovviamente però il giornale universitario Berkeley Political Review ha annunciato che Chow verrà rimossa dalla sua carica di manager Business e marketing, dato che le sue parole «violano direttamente e minacciano il nostro dovere di garantire che i nostri membri si sentano sicuri…che i loro contributi siano convalidati e protetti all’interno del nostro spazio», assecondando quella cultura assurda delle “zone di sicurezza” ideate nelle università americane per proteggere gli studenti, come fossero bambini, da qualsiasi opinione discordante con la propria. Non facendo altro che renderli sempre più incapaci di affrontare la realtà, tanto che ogni volta che essa è discordante dalle loro aspettative il timore diviene tale da generare reazioni tanto aggressive.

Così la giovane viene linciata per un suo commento nel silenzio istituzionale dell’univerità che per prima ingaggio la battaglia per la libertà di espressione. Mentre al di là dell’oceano, in Gran Bretagna, un uomo travestito da donna, Peter Laing, condannato nel 2013 per violenza sessuale tortura e omicidio di un uomo e spostato dalla prigione femminile in cui si trovava per aver violentato delle carcerate, viene assecondato con tolleranza e addirittura finanziato dallo Stato. Di fronte alla sua richiesta si essere sottoposto ad un’operazione chirurgica che gli rimuova i genitali maschili per farlo sentire femmina, il servizio sanitario nazionale ha acconsentito sborsando 20 mila sterline per l’operazione.

Insomma, nelle democrazie occidentali basta essere in linea con il pensiero unico e totalitario per essere ben accolti, non importa se si tratti di un assassino violentatore. Al contrario, chi dissente, pur avendo una condotta di vita impeccabile, diventa automaticamente un delinquente da punire sulla pubblica piazza.

Benedetta Frigerio

20 novembre 2018

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