TRIPTORELINA, e non solo. Il buon discernimento non è caso per caso

In una società che pone numerosi quesiti di natura etica, un cattolico si trova sempre nella necessità di comprendere e dare una risposta a sé stesso e agli altri su queste sfide che gli vengono incontro.

Un cattolico non può non discernere, secondo quanto insegnato e dunque ricevuto alla luce della Parola del Magistero e della Tradizione.  Se mancano queste tre gambe, non può reggersi lo sgabello su cui poggia una vita ragionevole rinnovata nello e dallo Spirito Santo.

Ecco perché, davanti alle sfide di carattere etico e morale, il discernimento non può essere fatto “generalizzando” o viceversa con affermazioni approssimative come “il caso per caso”, ma, piuttosto, alla luce dello Spirito, incontrando le persone; ed è cosa ben diversa.

Questo significa che, data la luce dello Spirito e la solidità di ciò che si è ricevuto dalla  Tradizione, dalla Sacra Scrittura, come luogo di sedimentazione e confermazione dello Spirito, e tramite l’azione del Magistero, il credente può trovare il modo ragionevole ed autentico per essere illuminato e così anche illuminare la coscienza di chi gli capita d’incontrare.

Quando invece si parla di “caso per caso” si ricade nella casuistica morale, che, nei suoi forti limiti, rischia di dimenticare le fondamenta.

Cosifica le situazioni e cosifica le persone.

Cosa significa questo?

Il buon discernimento segue il principio della gradualità ben diverso dalla gradualità della legge, come ricorda chiaramente la Familiaris Consortio al n. 34:

«Perciò la cosiddetta “legge della gradualità”, o cammino graduale, non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per uomini e situazioni diverse».

E non segue “l’etica della situazione”, come sottolinea la Veritatis Splendor al n. 103:

«All’uomo è sempre aperto lo spazio spirituale della speranza, con l’aiuto della grazia divina e con la collaborazione della libertà umana.

È nella Croce salvifica di Gesù, nel dono dello Spirito Santo, nei Sacramenti che scaturiscono dal costato trafitto del Redentore (cf Gv 19, 34), che il credente trova la grazia e la forza per osservare sempre la legge santa di Dio, anche in mezzo alle difficoltà più gravi. Come dice sant’Andrea di Creta, la legge stessa «fu vivificata dalla grazia e fu posta al suo servizio in una composizione armonica e feconda. Ognuna delle due conservò le sue caratteristiche senza alterazioni e confusioni. Tuttavia la legge, che prima costituiva un onere gravoso e una tirannia, diventò per opera di Dio peso leggero e fonte di libertà».

Solo nel mistero della Redenzione di Cristo stanno le «concrete» possibilità dell’uomo. «Sarebbe un errore gravissimo concludere… che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un “ideale” che deve poi essere adattato, proporzionato, graduato alle, si dice, concrete possibilità dell’uomo: secondo un “bilanciamento dei vari beni in questione”. Ma quali sono le “concrete possibilità dell’uomo”? E di quale uomo si parla? Dell’uomo dominato dalla concupiscenza o dell’uomo redento da Cristo? Poiché è di questo che si tratta: della realtà della redenzione di Cristo. Cristo ci ha redenti! Ciò significa: Egli ci ha donato la possibilità di realizzare l’intera verità del nostro essere; Egli ha liberato la nostra libertà dal dominio della concupiscenza. E se l’uomo redento ancora pecca, ciò non è dovuto all’imperfezione dell’atto redentore di Cristo, ma alla volontà dell’uomo di sottrarsi alla grazia che sgorga da quell’atto. Il comandamento di Dio è certamente proporzionato alle capacità dell’uomo: ma alle capacità dell’uomo a cui è donato lo Spirito Santo; dell’uomo che, se caduto nel peccato, può sempre ottenere il perdono e godere della presenza dello Spirito».

Dobbiamo avere di fronte l’Uomo pensato da Dio, perché noi spesso ragioniamo da persone “ferite” le quali non conoscono fino in fondo le condizioni, le potenzialità e l’ordine che scaturisce nella grazia, debitamente e gradualmente accolta. Ragioniamo, e soprattutto vediamo, a corto respiro, sostenuti da una scarsa visione nella grazia e da una misera vita nello Spirito del Signore.

La ragione in sé non è toccata dal Peccato Originale, non è la “prostituta” di cui parla Lutero, ma la nostra facoltà di ragionare può essere indebolita da una molteplicità di fattori, emotivi, culturali, di natura soggettiva o narcisistica; per cui il discernimento, il “modo di ragionare” risulta viziato. Ecco perché occorre ciò che compie la ragione e la trasfigura.

Quando, dunque, il discernimento avviene alla luce della ragione, del triplice “sgabello” suddetto – Tradizione, Sacra Scrittura, Magistero –  in tal caso è “buono”; in più deve essere rapportato alla persona in cammino sincero e leale, pur indebolito, verso il Signore. La persona parte da dove sta, nella sua evidenza esperienziale, ma capace, se accompagnata rettamente, di enormi potenzialità vocazionali.

Ad esempio dobbiamo ovviamente ascoltare quanto Papa Francesco disse, sia pure allorquando usò una termologia “slang” del ben noto: “Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?” (GMG Rio – L’incontro con i giornalisti a bordo dell’aereo al rientro da Rio de Janeiro – 28 luglio 2013),

Ora, come già detto (Chiesa e omosessualità: fare chiarezza nella carità) è evidente che un gay non cerca il Signore. Nel senso che il gay (cioè l’omosessuale che abbraccia lo stile di vita gay) vive un comportamento in maniera ossimorica al retto cercare il Signore. Non dobbiamo tuttavia spegnere il lumino che si affaccia per vie inscrutabili nel cuore dell’uomo ma farlo lievitare. La persona va accolta e accompagnata partendo dal punto o dalla situazione concreta in cui si trova, con gradualità, perché può accogliere la luce della Grazia e cominciare un cammino di conversione.

Nel contempo tale cammino ha coordinate precise. Un cammino non deve essere una Discesa esclusiva verso i moti oscuri e disordinati del cuore. Non vi sarebbe cammino e non vi sarebbe discernimento. Il discernimento contiene in sé il germe della Trascendenza, della risalita, un “camminare con”, alla luce della Salvezza Eterna, che è il bene supremo non solo di orizzonte ma di buon inizio di ogni cammino e di discernimento. Il discernimento è, per natura propria, pneumatico.

Il discernimento è richiesta di Luce per vedere alla Sua luce.

“E’ in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce” (Sl. 36, 10)

Ricorda il Signore nel Vangelo:

“Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto.
Chi di voi, al figlio che gli chiede un pane, darà una pietra? E se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se voi, dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono!”

Nulla a che vedere con il banale “stare o sentirsi bene”, come ha ricordato la Veritatis Splendor poc’anzi citata.

Certo è necessario che vi sia l’annuncio e l’accoglienza di un annuncio Kerygmatico coltivato con pazienza e con trascendenza, come dicevamo. Ecco perché il discernimento necessita di eterni discepoli che, chiamati, in forza della grazia ricevuta, possano poi fare i “maestri” e i “pastori”. E necessita anche di un continuo discepolato in colui che riceve e chiede il discernimento.

Dunque è necessario avere di fronte la persona concreta e il suo vero bene, il suo destino eterno; altrimenti, basandoci semplicemente sul suo percepito benessere fisiologico e/o psicologico, sul suo equilibrio momentaneo o su convinzioni temporanee come può accadere, ad esempio, nei tempi dello sviluppo puberale, si cade nel rischio – gravissimo – di non fare il bene della persona. Anzi di confermarne i suoi stati disordinati e feriti.

Come non ricordare la Laudato Si’ al n. 155

” L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto XVI che esiste una «ecologia dell’uomo» perché «anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere». In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di «cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa»”

È bene ricordare che un conto è la morale del bene possibile, di contenimento di una situazione ed un conto avallare attivamente un male, come, ad esempio “mutilare”, fisicamente o farmacologicamente, una persona. Non cambia solo l’intenzione. Cambia realmente l’approccio alla realtà non solo della situazione ma della dignità della persona. La sua invincibile dignità orientata al Bene ed alla salvezza. Una realtà, profonda e fondante, ben più grande della sua auto-percezione.

Ora siamo di fronte a sfide bioetiche nuove da affrontare, come ad esempio l’ultima posta dal mercato di un farmaco, permesso dall’attuale Governo, tramite il Servizio Sanitario Nazionale, con una svolta e decisione etico sociale che rivela la bassezza metafisica dei nostri attuali governanti. Le commissioni prendono le loro decisioni, non senza una riconosciuta fatica, partendo da posizioni e visioni diverse.

Ma la Chiesa, la Chiesa, ha il dovere sacrosanto di annunciare il vero ed il bene ed il bello dell’uomo. Per ogni uomo e di ogni uomo. Guai a Lei se la Chiesa smettesse di fare ciò. Abuserebbe non solo di minori, ben più gravemente di alcuni suoi delittuosi membri, abuserebbe del Signore stesso in quella specifica creatura.

Auspichiamo e chiediamo che coloro che ne hanno competenza e autorità, in questo caso specifico – in particolare la Pontificia Accademia per la Vita – perchè ribadiscano, con decisione, le Fondamenta di cui, pur brevemente, abbiamo accennato.

Pertanto, riassumendo, per estrema sintesi, è essenziale al buon discernimento i seguenti elementi dai quali non si può prescindere:

–       la Ragione

–       la luce della Tradizione,

–       la potenza della Sacra Scrittura

–       la ricchezza del Magistero, che contiene anche il Magistero sedimentato dei Santi

–       il Bene eterno della Persona.

La Chiesa non può trascurare questi cinque elementi coessenziali del suo insegnamento, pena il crollo totale della sua identità e della sua vocazione e il non riuscire più a sostenere il bene del genere umano.

Guai se la Chiesa offrisse sponda alla deriva relativistica e secolarizzata in cui l’uomo, ciclamente, incorre nella storia.

Paul Freeman

13 Marzo 2019

https://www.ilcattolico.it/rassegna-stampa-cattolica/etica/il-buon-discernimento-non-e-caso-per-caso.html