L’esperimento. Cervelli di maiale “rianimati” post-mortem. Una possibile rivoluzione

Smentito che i neuroni privati di ossigeno subiscano danni irreversibili in pochi minuti Conseguenze anche sui trapianti?

La notizia era trapelata circa un anno fa e era così clamorosa da richiedere conferme ufficiali. Che ora sono arrivate, con la pubblicazione sulla rivista ‘Nature’. Cervelli di maiale, estratti da animali uccisi in mattatoio 4 ore prima, sono stati ‘rianimati’ per sei ore grazie a uno speciale procedimento.

I dettagli sono ovviamente importanti, ma il risultato straordinario del team guidato da Nenad Sestan alla Yale University è che si mette radicalmente in discussione uno dei punti fermi dalla neurologia e della medicina d’urgenza: le cellule nervose cominciano a morire in pochi minuti dal momento in cui vengono private di sangue, e di conseguenza, d’ossigeno. Un infarto, un ictus o un principio d’annegamento possono condurre facilmente danni cerebrali gravissimi e irreversibili, quando non alla morte.

Ma quello che si è visto nell’esperimento condotto nell’ambito dalla BRAIN Initiative dei National Institutes of Health americani lanciata da Obama si spinge in un territorio nuovo e inesplorato, che apre tanto scenari inaspettati e promettenti quanto interrogativi etici rilevanti. Dalle teste di 32 maiali sono stati estratti i cervelli e collegati tramite le carotidi a una complessa apparecchiatura – denominata BrainEx – che pompa una soluzione sostitutiva del sangue, la quale porta ossigeno e nutrienti attraverso arterie e vene simulando il ritmo cardiaco.

Assieme alle sostanze necessarie al metabolismo cellulare – che è ripreso, come dimostrato dalla produzione di anidride carbonica e dal fatto che la somministrazione di un farmaco vasodilatatore ha prodotto conseguenze sulla circolazione – sono state aggiunte molecole dall’effetto inibitore dell’attività elettrica.

Ciò per due motivi: se non scaricano, i neuroni possono sopravvivere più a lungo; inoltre, ed è uno degli aspetti etici che si sono considerati, si voleva evitare che il cervello riprendesse tutte le sue funzioni, compresa, se mai fosse possibile, la presenza della coscienza. Gli sperimentatori hanno misurato con l’elettroencefalogramma ciò che avveniva nei cervelli e non hanno trovato traccia di una comunicazione a lungo raggio tra aree, ma erano comunque pronti a iniettare un anestetico e a interrompere l’esperimento. Si è poi visto che singole cellule analizzate una volta svanito l’effetto inibitorio manifestavano attività elettrica spontanea. Si può dire che i cervelli di animali morti sono tornati ‘vivi’? No, erano in morte cerebrale, risponde Sestan.

Ma non erano nemmeno morti. Le cellule nervose – a quattro ore dalla decapitazione del maiale – sono tornate a funzionare. E forse potrebbero farlo a lungo. Inoltre, non sappiamo che cosa succederebbe se non si bloccasse la normale comunicazione tra neuroni. Le implicazioni per la cura potrebbero essere enormi. Ma anche per la distinzione vita/morte e, quindi, per la disciplina dei trapianti. Gli esperti di etica medica già si interrogano. Ora s’attendono replicazioni dello studio. Una frontiera,però, sembra ormai aperta.

Andrea Lavazza

25 aprile 2019

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