Bioetica: Dichiarazione su donazioni di organi e “morte cerebrale”

La John Paul Academy for Human Life and the Family (JAHLF), l’accademia nata nel 2017 da ex membri della Pontificia Accademia per la Vita e presieduta dal filosofo austriaco Josef Seifert, ha pubblicato una Dichiarazione sul tema delle donazioni di organi e sul concetto di “morte cerebrale” che riportiamo qui di seguito.

DICHIARAZIONE JAHLF SULLA DONAZIONE DEGLI ORGANI E “MORTE CEREBRALE”

La donazione di organi è stata motivo di preoccupazione in molti paesi perché la richiesta di organi da trapianto continua ad aumentare mentre il numero di donazioni di organi è aumentato in misura minima o è addirittura diminuito. Una vigorosa campagna e una politica di consenso-presunto sono alcune delle strategie finalizzate ad aumentare il numero di donazioni di organi. Di recente, Papa Francesco ha lanciato un appello universale invitando i cattolici a donare organi in nome della solidarietà.

Sebbene l’intenzione del Papa sia buona, la sua promozione della donazione di organi trascura diversi seri problemi etici, in particolare quelli riguardanti la “Morte Cerebrale” e la Donazione degli Organi. L’imminente conferenza sulla “Morte Cerebrale” è appositamente progettata per affrontare questi gravi problemi. La conferenza si terrà presso l’Hotel Massimo d’Azeglio a Roma, Italia, dal 20 al 21 maggio 2019. (Per maggiori informazioni e iscrizioni: https://www.jahlf.org/eventi/brain-death-a-medicolegal-construct-scientific-philosophical-evidence/).

Di seguito è riportata una breve e sommaria descrizione dei problemi che la donazione di organi solleva:

  1. È vero che la donazione di organi è buona, ma solo nella misura in cui non provochi danni, vale a dire la morte del donatore.
  2. Oggi, la maggior parte delle donazioni di organi è la cosiddetta donazione “post-mortem”, cioè dopo la morte.
  3. La cosiddetta espressione “post-mortem” significa realmente dopo la morte, quando il maggior numero di donazioni di organi viene ottenuto da donatori “cerebralmente morti”? Questa questione è cruciale ed è al centro del dibattito sulla donazione di organi.
  4. I dati medici hanno fornito la prova inconfutabile che i donatori “cerebralmente morti” non sono morti, ma vivi. Una persona morente è una persona ancora viva. Una persona in coma profondo è una persona ancora viva.
  5. I ragionamenti filosofici, portati a sostegno per giustificare la dichiarazione di morte basata sul protocollo di “morte cerebrale”, contraddicono la ragione, così come i solidi dogmi dell’antropologia Cristiana insegnati e sostenuti dalla Chiesa.
  6. Necessari e importanti dettagli sulla “morte cerebrale” (ad es. che gli individui cerebralmente morti siano ancora vivi e in grado di muoversi) sono stati tenuti accuratamente nascosti all’opinione pubblica in generale. Per questo motivo, il cosiddetto consenso informato per l’asportazione di organi da parte degli interessati non è un vero consenso informato. Più spesso che no, alle famiglie di individui cerebralmente morti è stata fatta pressione perché venisse dato il consenso per l’asportazione degli organi dei loro cari. Non poche famiglie si sono successivamente pentite amaramente di aver dato il loro consenso.
  7. Molti paesi seguono la politica del consenso-presunto così che l’asportazione degli organi avvenga automaticamente, a meno che i donatori non abbiano registrato il loro rifiuto alla donazione dei propri organi mentre erano ancora in vita. Il consenso presunto non può essere considerato come un vero consenso, proprio allo stesso modo, come la “morte cerebrale” non è vera morte.
  8. Pertanto: nella donazione di organi, far rispettare il consenso presunto è imporre una doppia menzogna.
  9. Qualunque persona, chiunque sia, prima di fare questo tipo di dichiarazione per incoraggiare la donazione di organi, deve sapere di cosa si tratti. In parole povere, per esprimere un giudizio morale su qualsiasi aspetto, che sia una “cosa” o un fenomeno – che d’ora in avanti denomineremo “X” – si è obbligati a conoscere tutti i dettagli di questo “X”. In primo luogo, per conoscere le complessità concrete di “X” (la realtà di “X” così com’è); in secondo luogo, gli aspetti filosofici di “X”, e solo allora si potrà formulare una qualsiasi dichiarazione morale. Fare una dichiarazione morale senza aver compiuto un approfondito “cammino” attraverso i primi due punti equivale a commettere un atto di totale irresponsabilità, che, nel caso della “morte cerebrale”, conduce alla vivisezione di migliaia di persone.

24 Aprile 2019

Bioetica: Dichiarazione su donazioni di organi e “morte cerebrale”