Il decreto sul silenzio-assenso per la donazione degli organi interessa tutti

By 19 Settembre 2019Articoli Bioetica 2018

Riceviamo dall’Osservatorio di Bioetica di Siena questo Comunicato Stampa.
Il tema è delicato ed è incredibile che i mass-media (evidentemente distratti dalla crisi di governo) non ce ne stiano parlando: da pochi giorni in Italia vige il sistema del silenzio-assenso circa il prelievo di organi per la donazione.

Il 20 agosto, in piena crisi di governo, sul sito web del Ministero della Salute, è apparsa la seguente notizia: “ll ministro della Salute, Giulia Grillo, ha firmato il decreto ministeriale che contiene le norme del regolamento sul Sistema Informativo Trapianti (Sit), previsto dalla legge 91 del 1° aprile 1999 sul silenzio-assenso sulla donazione di organi.” Lo stesso comunicato aggiunge: “nei prossimi mesi saranno attuate le altre prescrizioni della legge 91/1999, cioè l’adeguamento dell’Anagrafe nazionale degli assistiti (Ana) in tutte le aziende sanitarie. Abbiamo finalmente sbloccato dopo 20 anni un passaggio fondamentale per l’applicazione del silenzio-assenso previsto dalla legge sulla donazione degli organi approvata nel 1999, ma rimasto lettera morta – ha osservato Giulia Grillo – … Potranno così essere salvate molte più vite”.
A questo proposito, l’Osservatorio di Bioetica di Siena prende atto con soddisfazione dei risultati ottenuti nel 2018 per donazioni e trapianti grazie al resoconto dell’attività della Rete Nazionale Trapianti che vedono, tra gli altri dati, la citazione della Toscana che anche nel 2018 si è confermata come la regione con il maggior numero di donatori utilizzati per milione di abitanti: 46,8, uno dei dati migliori tra tutte le regioni europee.
Tuttavia deve far riflettere molto l’applicazione del principio silenzio-assenso previsto dall’articolo 4, comma 4, punto b) della legge 91 del 1 aprile 1999 laddove nell’indicare le persone in cui è lecito effettuare l’espianto degli organi, oltre a chi ne ha fatto esplicita dichiarazione in vita, prevede quanto segue: “b) qualora dai dati inseriti nel sistema informativo dei trapianti di cui all’articolo 7 risulti che il soggetto sia stato informato ai sensi del decreto del Ministro della sanità di cui all’articolo 5, comma 1, e non abbia espresso alcuna volontà”, introducendo quindi il meccanismo del silenzio-assenso per consentire l’espianto degli organi.
Il silenzio assenso è un istituto giuridico e modalità di consenso che si usa in ambito amministrativo e in genere a favore del cittadino per contrastare l’inerzia della pubblica amministrazione nel rispondere a una particolare istanza. Pertanto, è poco pertinente applicarlo a diritti personalissimi.
Non ci sembra quindi lecito che da domani i cittadini vengano schedati come donatori per il fatto che non abbiano espresso alcuna volontà in merito alla donazione di organi o all’ASL o all’Ufficio anagrafe in occasione del rinnovo della carta d’identità.
L’applicazione di questa legge di fatto estorce un consenso per il tramite di un atto omissivo e oltre a imporre un obbligo non lecito sulla persona, rischiando di violarne la volontà, potrà anche metterne a repentaglio la vita, alla luce dei discussi nuovi criteri per l’accertamento della morte. Infatti, l’espianto di organi da cadavere finalizzato al trapianto costituisce un problema di etica medica molto rilevante e tuttora molto discusso. La letteratura scientifica in questi ultimi 20 anni è ricca di contributi volti a precisare quel sottile limite tra la vita e la morte, applicando criteri via via più sicuri per determinare l’effettiva cessazione della vita. Tuttora alcuni specialisti si confrontano su tali delicati aspetti di bioetica quali la definizione delle cosiddette “morte cerebrale” e “morte a cuore fermo”.
L’Osservatorio di Bioetica di Siena vede in tutto questo il rischio grave di una imposizione sulla persona di obblighi indebiti, restringendone in definitiva la libertà, con il rischio tra l’altro di mettere fine alla sua vita prima del tempo. Il tutto nel solco di una visione che deprezza la vita fragile – in particolare di chi ha funzioni cerebrali gravemente danneggiate – e rischia di imporre una concezione dell’uomo (che non è un mezzo) come un insieme di pezzi di ricambio.
Auspichiamo quindi che il Parlamento e il Paese possano aprire un dibattito volto a riconsiderare al più presto questo cruciale aspetto del Decreto del Ministero della Salute.