La cura Trump contro l’aborto funziona: sono ormai circa 900 le cliniche abortive, cui il governo americano ha tolto i fondi federali, grazie alle novità legislative recentemente introdotte in materia. Lo ha rivelato il quotidiano UsaToday. E tutto questo nel giro di pochi mesi: si ritiene infatti che il Protect Life Rule, entrato in vigore lo scorso agosto, abbia già consentito tagli alle elargizioni di contributi pubblici fino a circa 60 milioni di dollari rispetto ai 563,8 ricevuti, ad esempio, da Planned Parenthood nel corso dell’ultimo anno fiscale. Questo è il risultato delle restrizioni imposte dalla nuova normativa, che ha complicato le cose, prevedendo una netta «distinzione – finanziaria e materiale – tra i progetti sostenuti», per i quali vengano richiesti soldi pubblici, ed «i programmi, per i quali l’aborto rappresenta un metodo di pianificazione familiare», programmi oggi vietati dall’amministrazione Trump, amministrazione che ha già promosso diverse cause legali contro gli abusi, inducendo i centri affiliati a Planned Parenthood a rinunciare spontaneamente al programma ed al denaro, anziché sottostare alle nuove condizioni, destinando piuttosto i fondi ricevuti a servizi sanitari non coinvolti nel business dell’aborto.
Anche perché c’è chi non crede che Planned Parenthood abbia realmente bisogno di questi soldi. Conti alla mano, pare che, nonostante i tagli governativi, la multinazionale internazionale dell’aborto goda ancora negli Stati Uniti di quasi un miliardo di dollari tra entrate e contributi privati annui. Senza contare gli oltre 500 milioni di dollari di contributi pubblici, che comunque continuerà a ricevere per tutti i servizi sanitari, che non implichino pratiche abortive. E che i soldi non manchino, caso mai qualcuno ne dubitasse, lo dimostra anche la decisione, annunciata da Planned Parenthood, di voler investire 45 milioni di dollari nella prossima campagna elettorale americana, nel tentativo di scongiurare la rielezione di Donald Trump e del suo staff antiabortista. Planned Parenthood intende puntare tutto sull’elezione l’anno prossimo di un presidente e di un Congresso assolutamente democratici, ovviamente con il proposito lampante di passar poi, dopo il voto, in caso di vittoria, a batter cassa, per veder premiato il proprio sostegno ai Democratici con nuove leggi abortiste e con nuovi, ingenti finanziamenti pubblici. Ma non son tutte rose e fiori. Oltre alle pesanti perdite subite grazie alle leggi pro-life varate sotto l’amministrazione Trump, anche problemi interni turbano ormai i sonni dei vertici di Planned Parenthood, rivelando crepe che potrebbero col tempo allargarsi e costituire autentiche crisi nelle stanze dei bottoni della multinazionale dell’aborto.
L’esempio più eclatante, in questo senso, si è registrato nel luglio scorso col “giallo” dell’improvviso licenziamento del presidente della multinazionale dell’aborto, la dottoressa Leana Wen: un licenziamento inaspettato, avvenuto solo dieci mesi dopo la sua nomina e deciso nel corso di una riunione segreta dal consiglio d’amministrazione. C’erano evidentemente divergenze sulle strategie da seguire, sulle filosofie di fondo, sul modo di vedere le cose e tutto questo si è tradotto in una vera e propria “decapitazione” in cima alla scala gerarchica dell’azienda, ciò di cui la prima a lamentarsi è stata proprio via Twitter la destituita dottoressa Wen, che peraltro è stata il primo medico giunto al vertice di Planned Parenthood negli ultimi cinquant’anni. Il consiglio d’amministrazione ha ritenuto però di dover puntare su un leader «più aggressivo» di quanto lei non fosse, con l’esplicito proposito di promuovere nuove politiche abortiste, specie in un momento particolarmente irto di difficoltà e di ostacoli quale l’attuale: da qui la decisione estrema. Ci saranno nuovi colpi di scena, prima delle prossime elezioni presidenziali? Non è da escludersi. Questi eventi, comunque, benché ancora insufficienti per immaginare un’inversione di tendenza, sono comunque tali da dare nuovo ossigeno e forza alla battaglia per la vita, negli Stati Uniti e nel mondo.
Mauro Faversi
30 Ottobre 2019 – 11:14