ILGIORNALE.IT- Coronavirus, le sette mosse che hanno evitato una seconda ondata in Corea

By 24 Maggio 2020Coronavirus

La strategia sudcoreana diretta a scongiurare una seconda ondata di Covid si è rivelata un successo, ma è stata anche criticata con forza

Il “modello Corea”, dopo essere riuscito a contenere l’infiltrazione dei contagi da coronavirus a sud del 38esimo parallelo, sembra sia riuscito a scongiurare anche una seconda ondata di infezioni da Covid nel Paese.

Pare che le autorità di Seul abbiano appunto agito con prodigiosa tempestività in seguito alla scoperta, ai primi di questo mese, di un nuovo “paziente zero”, ossia un “super diffusoreventinovenne in giro di notte tra bar e discoteche della capitale, che poteva dare vita a una recrudescenza dell’epidemia dopo che la nazione asiatica aveva raggiunto il traguardo dei contagi nulli giornalieri. A preoccupare i governanti dello Stato asiatico e a spingerli ad agire con risolutezza è stato soprattutto l’accertamento, all’indomani dell’individuazione del ragazzo positivo, di una ricrescita del numero di malati, che viaggiava a più di 30 positivi al dì.

La strategia contro il ritorno del Covid è stata messa in campo dal governo sudcoreano a partire dal secondo weekend di maggio. In seguito all’accertamento della positività del ventinovenne al coronavirus nonché del fatto che questi era un assiduo frequentatore di affollati locali notturni, le istituzioni locali hanno dispiegato d’urgenza un ventaglio di interventi che, a detta del Corriere della Sera, hanno consentito la rapida individuazione di persone che erano passate a inizio mese per i nightclub di Seul, isolando in tempo quelle contagiate dal giovane. Grazie a questa strategia tempestiva, incentrata principalmente sull’utilizzo massiccio di tecnologie avanzate, l’esecutivo del Paese è riuscito a bloccare già al 18 maggio una nuova ondata di infezioni.

A detta del quotidiano milanese, la pronta reazione di Seul alla scoperta del “super diffusore” del morbo si è retta su sette pilastri, ossia su sette specifici strumenti messi in campo.

Il primo di questi è stata la scelta del sindaco della capitale sudcoreana di chiudere immediatamente, appena accertato il fatto che il ragazzo era positivo al coronavirus e che aveva girato per diversi locali cittadini, tutti i luoghi di ritrovo, bar e discoteche.

La seconda freccia impiegata dalle autorità locali contro il rischio di una nuova fiammata dell’infezione è stato l’attuare un vero e proprio “bombardamento” di sms nei riguardi della popolazione, con cui si esortava chiunque fosse stato, tra il 30 aprile e il 5 maggio, nei club o nelle vicinanze degli esercizi commerciali frequentati dal “super diffusore” a sottoporsi, gratuitamente, al tampone anti-Covid. A essere sollecitati tramite gli sms governativi, evidenzia la testata di via Solferino, sono stati anche coloro che non avevano apparentemente alcun sintomo.

In terzo luogo, le forze di sicurezza sudcoreane hanno dato vita a un massiccio e capillare tracciamento degli individui che avevano avuto contatti stretti con il ventinovenne incriminato. In questa ricerca dei cittadini che avevano frequentato quel giovane infetto tra la fine di aprile e i primi di maggio, le autorità sono risalite all’identità di 46mila soggetti. Una volta sottoposte a test diagnostico queste migliaia di persone, sono stati scovati 160 individui contagiati.

Alla base del successo della capillare ricerca è stata fondamentale, rimarca il giornale diretto da Luciano Fontana, la scelta di molti nightclub della capitale di chiedere agli avventori, prima di entrare nei luoghi di svago, di lasciare i loro nomi e delle informazioni di contatto all’interno di appositi registri. La previdente decisione in questione da parte degli esercenti viene appunto indicata dal CorSera come la quarta mossa alla base del successo coreano.

La quinta invece è consistita negli sforzi ben calibrati della polizia, che ha contribuito ad arricchire le informazioni contenute nei registri dei nightclub facendosene fornire di ulteriori direttamente dalle compagnie telefoniche. Grazie ai continui contatti tra forze dell’ordine e società di comunicazione nonché alla decisione degli agenti di ricorrere a interrogatori, localizzazioni Gps, registrazioni di carte di credito e videosorveglianza, le autorità locali hanno potuto collezionare e utilizzare i dati dei cellulari e accertare chi si trovava quel secondo fine settimana di maggio nel quartiere frequentato dal “super diffusore”.

Il sesto intervento-chiave messo in campo dalle istituzioni sudcoreane nel tentativo di scongiurare una seconda ondata di coronavirus è stata quindi la pubblicazione su un sito Internet governativo di tutte le informazioni che, a mano a mano, finivano nelle mani degli investigatori e dei responsabili delle operazioni di tracciamento. Sul portale web in questione, accessibile a tutti, le informazioni venivano rese disponibili circondate dall’anonimato, ma i cittadini potevano verificare facilmente se erano stati in locali a rischio contagio o se avevano avvicinato dei sintomatici.

Infine, a coronamento della strategia pubblica volta a impedire un ritorno dell’epidemia è stata ideata una serie di app di tracciamento, come il software gratuito Corona 100 m, che, precisa la testata meneghina, inviavano e continuano a inviare alle persone avvisi di emergenza quando gli utenti raggiungono i 100 metri da un luogo visitato di recente da un soggetto positivo al coronavirus. Gli stessi programmi consigliano anche alla gente i percorsi più sicuri da e verso il luogo di lavoro, in modo da non passare per strade percorse in precedenza da persone infette.

Proprio grazie a questo armamentario fatto di chiusure di locali, indagini a tappeto e tracciamento effettuato mediante Gps e app sofisticate, Seul sembra essere riuscita a frenare in poche settimane quella che minacciava di essere una seconda ondata di Covid nel Paese e si sta avvicinando sempre più al traguardo di zero contagi al giorno.

Tuttavia, la reazione delle istituzioni alla scoperta del “super diffusore” è stata bersagliata, denuncia il CorSera, da feroci critiche, relative principalmente al fatto che la stessa si è concretizzata in un’ingerenza governativa sempre più profonda nell’intimità delle persone e nella divulgazione dei dati personali di numerosi cittadini coinvolti nel tracciamento generale, come quelli del famigerato ventinovenne amante della “vita by night”.

Gerry Freda

Dom, 24/05/2020

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