FAMIGLIA CRISTIANA – Wael Farouq: «Santa Sofia non è simbolo di potere ma testimonianza di bellezza»

By 13 Luglio 2020Attualità

«La decisione di Erdogan di riconvertire in moschea l’ex basilica bizantina, dal 1934 museo, non ha niente a che vedere con la fede, ma è una pura azione provocatoria, una conquista politica», commenta lo studioso egiziano, docente di Lingua e cultura araba all’Università Cattolica di Milano. «E il mondo occidentale non deve cadere nell’errore di invocare uno scontro fra cristiani e musulmani».

«Un’aggressione». Scandisce e ripete con forza questo termine il professor Wael Farouq, egiziano, musulmano, docente di Lingua e Cultura araba all’Università Cattolica di Milano, commentando dal Cairo la decisione del presidente turco Erdogan di convertire di nuovo in moschea Santa Sofia, l’ex basilica bizantina di Istanbul, trasformata in moschea con la conquista degli Ottomani, e dal 1934 museo. «Quella di Erdogan è un aggressione contro la convivenza, per lavarsi le mani dal sangue delle migliaia di vittime nelle guerre in Iraq, in Siria, ora anche in Libia. E’ un atto che non sorprende: il presidente turco è un venditore della fede e e la sua decisione è prettamente politica, non ha niente a che vedere con la religione».

Non usa mezzi termini Farouq, studioso di islam e da anni convinto promotore del dialogo interreligioso. «La prima domanda alla quale dobbiamo rispondere è: perché Erdogan ha trasformato Santa Sofia in moschea? In Turchia oggi governa una dittatura coinvolta in tante guerre, in Siria, in Libia, e poi la guerra civile contro i curdi che in questi anni si è gravemente inasprita. Pensiamo che più di un quarto dei giornalisti in prigione nel mondo sono in Turchia; tutti gli scrittori turchi più importanti sono in esilio. Erdogan ha compiuto una pura azione provocatoria contro l’Occidente: la reazione del mondo occidentale e cristiano gioca a suo favore, gli serve per ergersi di fronte ai suoi seguaci islamisti come il protettore dell’islam, per far vedere agli estremisti che lui combatte per il mondo islamico. A Istanbul non mancano certo le moschee, non c’era bisogno di averne un’altra».

Il punto centrale della questione, per Farouq, è il seguente: «Erdogan guarda a Santa Sofia come un simbolo del potere. Ma questo edificio storico, va sottolineato, è una straordinaria testimonianza di bellezza, che ha resistito a secoli di Impero ottomano. L’ideologia dell’islam politico guarda a questo edificio come un simbolo del potere, che si conquista con la forza, con la violenza. E questo mi fa arrivare a una riflessione fondamentale: quella sull rapporto fragile, labile, quasi inesistente fra l’ideologia dell’islam politico e la bellezza. Quanti scrittori o artisti, quanti generatori di bellezza appartengono al’islam politico? Nessuno. Tutti i musulmani che si sono distinti o si distinguono come artisti o filosofi sono contrari all’ideologia islamista. L’ideologia religiosa cancella la bellezza, perché mette al centro il valore della purezza. Invece la fede è profondamente un’esperienza di bellezza. Per l’islam politico ciò che protegge la purezza è legge e regola – la sharia -, la fede invece, per cristiani e musulmani, contempla e mette al centro il perdono. Pensiamo all’Afghanistan: quando i talebani hanno raggiunto il potere nel 2001 hanno distrutto le statue di Buddha di Bamiyan, perché per loro erano simboli di potere, non testimonianze di bellezza.  Per l’ideologia il bello è pericoloso perché perché parla direttamente al cuore, penetra l’animo. E come tale va annientato, cancellato».

Santa Sofia, ribadisce Farouq, è una testimonianza di bellezza che non ha cessato di essere tale dopo la conquista dell’Impero ottomano. «Ciò che gli Ottomani hanno fatto a Istanbul è successo anche in Egitto: quando il sultano Selim primo occupò Il Cairo ordinò la cattura di migliaia di artigiani e li fece portare a Istanbul come prigionieri. Selim fece saccheggiare case, moschee, negozi e depredò la città delle sue bellezze e ricchezze».

Lo stesso atteggiamento di conquista e di possesso che, oggi, secondo il docente egiziano, Erdogan ha adottato nei confronti di Santa Sofia in nome dell’ideologia islamista. «Non si può, allora, parlare in alcun modo di scontro fra cristiani e musulmani. Se lo facciamo cadiamo nella trappola di Erdogan, che mira a far coincidere il mondo musulmano con l’ideologia islamista e ad alimentare la guerra fra mondo islamico e mondo cristiano per i suoi fini di conquista politica, per affermarsi come leader indiscusso dei musulmani che affronta l’Occidente per difendere la causa dell’islam».

Invocare una sorta di nuova crociata, una rivolta dei cristiani contro i musulmani, dunque, è sbagliato e controproducente: « La maggior parte dei musulmani non islamisti sono contrari alla decisione di trasformare Santa Sofia in moschea. L’errore costante dell’Occidente è identificare l’islam con l’islam politico, facendo il gioco del presidente turco. L’islam politico, ricordiamolo, non è sostenuto dai musulmani, ma dai politici occidentali per i propri interessi». Non ci sarà nessuna guerra per l’ex basilica bizantina. E presto probabilmente tutta la questione sarà dimenticata. «Ma nel frattempo ci saranno tante dichiarazioni di guerra: uno stato di costante scontro che fa comodo al sultano turco e alle sue continue provocazioni all’Occidente».

Giulia Cerqueti

13 luglio 2020

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