CORRIERE DELLA SERA – Zona rossa Alzano e Nembro, errori e i ritardi nella settimana che cambiò l’Italia. Il giallo delle carte a Conte

By 8 Agosto 2020Coronavirus

Il 3 marzo il Cts propone di adottare la zona rossa nei comuni della Val Seriana. Il premier ai pm: non mi è arrivato. Ma era stato ricevuto dai suoi uffici.

È la settimana che ha cambiato l’Italia, forse per sempre. Sette giorni che infine hanno portato il Paese al lockdown per contenere i contagi da Coronavirus, segnati da un confronto continuo tra gli scienziati e i politici. Ma anche da errori e sottovalutazioni che hanno contribuito a far crescere il numero dei malati e quello delle vittime, soprattutto nella provincia di Bergamo.
Sono quasi tutti noti i verbali del comitato tecnico scientifico appena desegretati dal governo. Ma la loro sequenza, combinata con le prese di posizione di questi giorni, quelle sì inedite, fa risaltare quello che fu un netto contrasto tra le istituzioni in un momento di massima emergenza, quando invece ci sarebbe stato bisogno di unità a ogni livello.

Per comprendere che cosa è davvero accaduto bisogna tornare al 23 febbraio quando l’epidemia, che si scoprirà presente già da settimane in alcuni paesi della val Seriana, viene certificata con i primi due casi di positività rilevati all’ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano lombardo. Due pazienti in fin di vita. Ricoverati da giorni in Medicina generale, a contatto diretto con altri pazienti, infermieri, familiari e medici.

Il bollettino dei malati

Alla fine della settimana seguente, a Nembro, paese vicinissimo a quell’ospedale, ci sono 24 casi di Coronavirus e 12 ad Alzano. Numeri che possono sembrare irrisori. In realtà i dieci Comuni intorno a Codogno, dove il 20 febbraio venne scoperto il cosiddetto «Paziente Uno», vengono dichiarati zona rossa tre giorni dopo con 69 casi, ossia con lo 0,15% della popolazione ammalata (51 mila abitanti). Su poco più di 11 mila e 13 mila abitanti, quei 36 casi in totale di Nembro e Alzano bastano per fare correre veloce il virus. In proporzione ai residenti, è come se a Milano città ci fossero all’improvviso 2.028 contagi in meno di una settimana, un numero che la città raggiungerà invece solo il 22 marzo, nel momento peggiore della crisi. I primi giorni di marzo va anche peggio. Gli ospedali della Bergamasca vengono presi d’assalto, i Pronto soccorso si riempiono all’inverosimile. La situazione è fuori controllo.

«Non vidi il verbale»

Il 3 marzo nella sede della Protezione civile di via Vitorchiano a Roma si riunisce il Comitato tecnico scientifico, per stilare un verbale diventato elemento chiave per l’inchiesta aperta poi dai magistrati di Bergamo. I contatti con i vertici di Regione Lombardia, in particolare con il governatore Attilio Fontana e con l’assessore alla Sanità Giulio Gallera, sono costanti. Videoconferenze, telefonate, riunioni. «La Zona Rossa a Nembro e Alzano noi la volevamo», rivendica oggi Gallera. Ma una richiesta formale da parte della Regione non è mai arrivata. A dare conto della gravità della situazione è il verbale del Cts, anticipato ad aprile dalCorrieree ancora oggi oggetto di discussione. «Nel tardo pomeriggio sono giunti all’Istituto Superiore di Sanità i dati relativi ai Comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Al proposito è stato sentito per via telefonica l’assessore Gallera e il direttore generale Cajazzo che confermano i dati relativi all’aumento. I due Comuni si trovano in stretta prossimità di Bergamo e hanno una popolazione rispettivamente di 13.639 e 11.522 abitanti. Ciascuno dei due paesi ha fatto registrare attualmente oltre 20 casi, con molte probabilità ascrivibili a un’unica catena di trasmissione. Il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei Comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue. Questo criterio oggettivo potrà, in futuro, essere applicato in contesti analoghi».
Il verbale viene subito trasmesso a Palazzo Chigi. Ma il presidente del consiglio Giuseppe Conte giura di non averlo visto. Lo dichiara alla procuratrice di Bergamo Maria Cristina Rota che il 12 giugno arriva a Roma per interrogarlo come testimone nell’inchiesta avviata proprio per accertare se l’epidemia che ha sconvolto la Bergamasca sia stata colposa: «Non mi è arrivato». Risulta che lo abbiano ricevuto gli uffici della presidenza. Ma Palazzo Chigi comunque, a prescindere da quel documento, decide di prendere tempo.

«L’audio inedito»

Risale al 4 marzo, invece,la riunione avvenuta a Milano tra Fontana, Gallera e il ministro della Salute Roberto Speranza. In un audio rimasto inedito fino al 31 luglio, rivelato nel libro «Come nasce un’epidemia, la strage di Bergamo. Il focolaio più micidiale d’Europa», e oggi acquisito dai magistrati, viene discussa l’ipotesi di istituire una zona rossa a Nembro e Alzano. Speranza garantisce agli interlocutori di farsi portavoce dell’istanza, che però non è categorica né imperativa, a Roma. In ogni caso, due giorni dopo arrivano le camionette dell’esercito destinate a blindare la Val Seriana. Il 6 marzo, ad Alzano e Nembro si arriva a 108 casi che, come diffusione tra la popolazione, valgono 6.760 casi a Milano, raggiunti nel capoluogo solo intorno al 20 aprile. A questo punto se mettiamo a confronto la velocità di propagazione del Covid-19 tra Codogno, Casalpusterlengo e Castiglione d’Adda, i tre principali comuni della zona rossa lodigiana, con la Bergamasca, scopriamo che in quelle tre città l’indice di diffusione del virus è ben sotto il 2, mentre intorno alla Val Seriana è ormai a 2,3.

Il nuovo verbale

Speranza torna a Roma e il 7 marzo c’è una nuova riunione, presente anche il premier Conte, nella sede della Protezione Civile. Si valuta la chiusura dell’intera Lombardia, e non solo. Il Comitato tecnico raccomanda di «definire due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui è maggiore la diffusione del virus, l’altro, sull’intero territorio nazionale»; «Le zone cui applicare le misure di contenimento della diffusione del virus più rigorose rispetto a quelle da applicarsi all’intero territorio nazionale, sono le seguenti: Regione Lombardia, e province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia e Modena; Pesaro e Urbino; Venezia, Padova e Treviso, Alessandria e Asti», si legge ancora nel verbale del 7 marzo. Ma l’8 marzo i contagi continuano a salire ovunque, così come il timore di una catastrofe sanitaria. Il 9 marzo, il premier decide per il lockdown generale.

Marco Imarisio, Simona Ravizza e Fiorenza Sarzanini

Corriere della Sera

8 Agosto 2020