TEMPI.IT – Perché gli Lgbt hanno paura del referendum di Orban?

By 3 Agosto 2021Gender

Il primo ministro indice una consultazione popolare: sulla legge condannata dall’Europa deciderà l’Ungheria. Panico tra i gruppi per i diritti e l’opposizione. Ma la società non era “più avanti della politica”?

Perché i gruppi Lgbtq hanno paura del referendum indetto da Viktor Orban sulla contestata legge sulla protezione dei minori approvata dal parlamento di Budapest? Mercoledì il premier ha annunciato la chiamata al voto sulla norma condannata «con massima fermezza» dalla Ue, qualificata come «una chiara violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta, dai Trattati e dalla legislazione dell’Ue», «ulteriore esempio intenzionale e premeditato del graduale smantellamento dei diritti fondamentali in Ungheria». Legge sulla quale la Commissione europea ha di recente avviato due procedure di infrazione mentre “l’altra Ungheria” (il Manifesto) che “non è solo bianchi etero” (Repubblica) scendeva in piazza e si mobilitava sui social.

I quesiti di Orban

Così, due giorni fa, il presidente magiaro, da mesi al centro delle contestazioni europee e negli ultimi giorni dello “scandalo Pegasus” (lo spyware prodotto dalla israeliana Nso, che secondo una mega inchiesta sarebbe stato usato anche dal premiere per spiare dissidenti e giornalisti ungheresi), ha avviato un video su Facebook: «Nelle scorse settimane Bruxelles ha chiaramente attaccato l’Ungheria sulla sua legge a protezione dell’infanzia. Il nostro ordinamento non permette propaganda sessuale negli asili, nelle scuole, in tv e nella pubblicità, in gioco c’è il futuro dei nostri figli». «Cinque anni fa – ha aggiunto – è stata una consultazione popolare a impedire a Bruxelles di forzarci ad accettare i migranti. Li abbiamo fermati allora e possiamo farlo anche adesso». Lo scontro tra Ue e Orban diventa così lo scontro tra «i burocrati di Bruxelles» e il popolo ungherese che dovrà rispondere a cinque quesiti:

1) Siete d’accordo che nelle scuole pubbliche si parli ai minori di argomenti come l’orientamento sessuale senza il consenso dei genitori? 2) Appoggiate la promozione delle procedure di riassegnazione di genere per i minori? 3) Siete d’accordo sul fatto che i trattamenti per la riassegnazione di genere siano disponibili per i minori? 4) Siete d’accordo nel mostrare ai minori, senza alcuna restrizione, contenuti di natura sessuale che possono influenzarne lo sviluppo? 5) Siete d’accordo nel far vedere ai minori contenuti che mostrano la riassegnazione di genere?

Scontro tra burocrati e popolo

La data ancora non c’è; c’è indubbiamente una strategia politica in vista delle elezioni della prossima primavera, c’è il tentativo di distrarre dal caso Pegasus, ma anche quello di superare l’eterna polemica sull’origine della legge, l’emendamento al testo sulla pedofilia (nato dallo scandalo del diplomatico Gabor Kaleta arrestato per traffico e sfruttamento sessuale di minori), con il quale Fidesz ha introdotto il divieto di “promozione o rappresentazione dell’omosessualità o transessualità ai minori” e norme stringenti per la scelta del personale addetto all’educazione sessuale nelle scuole.

E c’è il tentativo di polarizzare lo scontro tra l’Europa che si picca di tradurre in risoluzioni, comunicazioni, direttive il pensiero della società e la società stessa: in altre parole fare di un referendum la via d’uscita alla condizione di eterodiretti da una macchina che reputa necessarie, benefiche, desiderabili ed espressioni di maggioranza stessa le proprie imposizioni. Vedi il rapporto Matic, approvato dagli stessi paladini dei “diritti dei bambini” che mentre accusano Orban di violarli riconoscono l’aborto come «prestazione sanitaria essenziale», lo definiscono un «diritto umano», descrivono l’obiezione di coscienza come «negazione all’assistenza medica» (e come si fa a non cogliere l’incredibile illogicità che corre tra l’esaltazione di provvedimenti che salvano Caino mentre si nega ad Abele il diritto di nascere?).

Risoluzioni e referendum

Di come la risoluzione contro Orban faccia dubitare della nozione di “stato di diritto” e renda concreta la lesione delle prerogative degli Stati, nonché dei passaggi più significativi della contestata legge sui minori, Tempi vi aveva già parlato qui. In materia il referendum non appare uno strumento meno pericoloso delle risoluzioni Ue che hanno approfittato della pandemia per imporre aborto e agenda Lgbt: spianare la strada a modifiche radicali dell’idea di società e nazione in base a un 50+1 per cento non è spianare la strada alla democrazia ma alla fin troppo richiamata tirannia della maggioranza. Tuttavia, di cosa hanno paura i gruppi Lgbtq?

Le accuse degli Lgbt

Il Guardian riporta gli accorati appelli degli alfieri dei diritti per i quali la mossa di Orban è prodromica all’aumento della discriminazione e della stigmatizzazione della comunità Lgbt ungherese e renderà la vita dei bambini arcobaleno «ancora più difficile e pericolosa». «L’organizzazione di un referendum per eliminare i diritti fondamentali di una minoranza ci ricorda l’Europa degli anni Trenta» ha tuonato il noto attivista belga Rémy Bonny, in volo per Budapest per partecipare alla grande marcia del Budapest Pride 2021 prevista sabato, «questo referendum non solo richiude la comunità Lgbtiq nell’armadio, ma mette anche in pericolo i diritti fondamentali dei bambini».

Quali diritti fondamentali di una minoranza? Il referendum – nell’ottica di stabilire che solo i genitori possono decidere come impostare l’educazione sessuale dei loro figli – non chiede agli ungheresi di esprimersi sugli Lgbt, ma di decidere in merito ai minorenni. E quali diritti fondamentali dei bambini? «Il diritto ad avere accesso a un insegnamento che viola ciò che la loro religione, i loro genitori e la loro società ritengono inappropriato per i bambini? – ha commentato Rod Dreher -. Se questo è ciò che l’Ue crede sia un “diritto”, allora è moralmente tirannico e gli ungheresi hanno ragione a rifiutarlo».

Ma la società non era “pronta”?

Ma c’è di più. L’opposizione di molti a questo referendum nasconde forse la paura che possa avere un esito che “non piace”, come ai tempi del voto britannico sulla Brexit e dell’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Il mito della “società più avanti della politica” e delle battaglie di civiltà che si vincono fuori dai palazzi spesso si scontra con la realtà, e in quel caso il popolo è invece indietro, non capisce, è intortato dalle fake news e va guidato da governatori illuminati. Il rischio è che un referendum di questo tipo faccia emergere un popolo ungherese in sintonia con Orban, smontando la narrazione del dittatore che terrorizza chi non la pensa come lui.

L’opposizione invita a disertare le urne, nel 2016 il referendum sul rifiuto dell’accoglienza obbligatoria ai migranti non raggiunse il quorum: il 98 per cento del 43,2 per cento del popolo che andò alle urne votò no e tanto bastò ad Orban per rivendersi il ruolo di difensore del paese dai migranti. Ma oggi “lgbt” è diventato l’asso pigliatutto, tutto ciò che è lgbt è superiore a qualunque cosa che non lo è e va scremando democrazie e dittature fin nell’ambito della sfera privata e della vita familiare: chi potrebbe vedere in una consultazione popolare che non raggiunge il quorum una vittoria del dittatore omofobo?

Caterina Giojelli

23 Luglio 2021

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