GUERRA IN UCRAINA. ATTENZIONE A NON “ABITUARSI”E ALLE “STEREOTIPE FRASI COMUNI”

By 30 Aprile 2022Attualità

Premesso, onde evitare equivoci, che questa guerra è stata voluta da Putin che condanno senza “se” e senza “ma”, siamo al sessantesimo giorno di combattimenti e prospettive di uscita non se ne vedono anche a causa, scusatemi la franchezza, della scarsità di statisti da Joe Biden a Mario Draghi, da Emmanuel Macron a Boris Johnson. O meglio, le uniche idee che hanno saputo partorire in 60 giorni sono state la folle decisione di rifornire di armi l’Ucraina nonostante ciò provochi decine di morti ogni giorno e l’embargo, che a detta di molti economisti, è una sanzione poco efficace.

Non sono così ingenuo da non comprendere che lo studio di un accordo, di una soluzione, di un compromesso è arduo, difficoltoso e problematico, ma più i giorni passano i pericoli che il conflitto si espanda si accrescono, i morti aumentano, le distruzioni si estendono.

Il sentimento che affligge i più è quello dell’angoscia, della demoralizzazione e dello scoraggiamento, ma abbiamo anche una speranza che non possiamo sprecare: la figura di Papa Francesco, l’unico leader mondiale, che senza interessi, tornaconti e vantaggi, è realmente e obiettivamente, come si dice oggi: “sul pezzo”. E, da settimane, invoca inascoltato come Giovanni Battista nel deserto, anzi spesso oscurato: “fermatevi” e ricordatevi che “l’unica strada percorribile è quella del dialogo e del negoziato”.

La parte centrale dell’editoriale di questo sito lo lascio a lui, ad alcuni passaggi dell’introduzione del suo ultimo libro: “Contro la guerra. Il coraggio di costruire la pace” che riporta i suoi interventi e le sue riflessioni su questa guerra. E’ questo un testo che cristiani e non cristiani dovrebbero leggere dalla prima pagina all’ultima, con la matita in mano, fermandosi a riflettere su alcune frasi che rabbrividiscono.

Un anno fa nel mio pellegrinaggio nel martoriato Iraq ho potuto toccare con mano il disastro causato dalla guerra, dalla violenza fratricida e dal terrorismo, ho visto le macerie delle case e le ferite dei cuori, ma anche semi di speranza di rinascita. Mai avrei immaginato allora di veder scoppiare un anno dopo un conflitto in Europa. Fin dall’inizio del mio servizio come vescovo di Roma ho parlato della Terza guerra mondiale, dicendo che la stiamo già vivendo, anche se ancora a pezzi. Quei pezzi sono diventati sempre più grandi, saldandosi tra di loro… Tante guerre sono in atto in questo momento nel mondo, che causano immane dolore, vittime innocenti, specialmente bambini. Guerre che provocano la fuga di milioni di persone, costrette a lasciare la loro terra, le loro case, le loro città distrutte per aver salva la vita.

L’Ucraina aggredita e invasa

Sono le tante guerre dimenticate, che di tanto in tanto ricompaiono davanti ai nostri occhi disattenti. Queste guerre ci apparivano «lontane». Fino a che, ora, quasi all’improvviso, la guerra è scoppiata vicino a noi. L’Ucraina è stata aggredita e invasa. E nel conflitto ad essere colpiti sono purtroppo tanti civili innocenti, tante donne, tanti bambini, tanti anziani, costretti a vivere nei rifugi scavati nel ventre della terra per sfuggire alle bombe, con famiglie che si dividono perché i mariti, i padri, i nonni rimangono a combattere, mentre le mogli, le madri e le nonne cercano rifugio dopo lunghi viaggi della speranza e varcano il confine e cercando accoglienza presso altri Paesi che li ricevono con grandezza di cuore.

La guerra è un cancro

Di fronte alle immagini strazianti che vediamo ogni giorno, di fronte al grido dei bambini e delle donne, non possiamo che urlare: «Fermatevi!». La guerra non è la soluzione, la guerra è una pazzia, la guerra è un mostro, la guerra è un cancro che si autoalimenta fagocitando tutto! Di più, la guerra è un sacrilegio, che fa scempio di ciò che è più prezioso sulla nostra terra, la vita umana, l’innocenza dei più piccoli, la bellezza del creato. Sì, la guerra è un sacrilegio! Non posso non ricordare la supplica con cui nel 1962 san Giovanni XXIII chiese ai potenti del suo tempo di fermare un’escalation bellica che avrebbe potuto trascinare il mondo nel baratro del conflitto nucleare. Non posso dimenticare la forza con cui san Paolo VI, intervenendo nel 1965 all’assemblea generale delle Nazioni Unite, disse «Mai più la guerra! Mai più la guerra!». O, ancora, i tanti appelli per la pace di san Giovanni Paolo II, che nel 1991 ha definito la guerra «un’avventura senza ritorno».

I mercato delle armi

Quella a cui stiamo assistendo è l’ennesima barbarie e noi, purtroppo, abbiamo memoria corta. Sì, perché se avessimo memoria, ricorderemmo che cosa i nostri nonni e i nostri genitori ci hanno raccontato, e avvertiremmo il bisogno di pace così come i nostri polmoni hanno bisogno d’ossigeno. La guerra stravolge tutto, è follia pura, il suo unico obiettivo è la distruzione ed essa si sviluppa e cresce proprio attraverso la distruzione e se avessimo memoria, non spenderemmo decine, centinaia di miliardi per il riarmo, per dotarci di armamenti sempre più sofisticati, per accrescere il mercato e il traffico delle armi che finiscono per uccidere bambini, donne, vecchi: 1.981 miliardi di dollari all’anno, secondo i conteggi di un importante centro studi di Stoccolma. Segnando un drammatico +2,6% proprio nel secondo anno di pandemia, quando invece tutti i nostri sforzi si sarebbero dovuti concentrare sulla salute globale e nel salvare vite umane dal virus.

Non arrendersi al male e cercare il dialogo

Se avessimo memoria, sapremmo che la guerra, prima che arrivi al fronte, va fermata nei cuori. L’odio, prima che sia troppo tardi, va estirpato dai cuori. E per farlo c’è bisogno di dialogo, di negoziato, di ascolto, di capacità e di creatività diplomatica, di politica lungimirante capace di costruire un nuovo sistema di convivenza che non sia più basato sulle armi, sulla potenza delle armi, sulla deterrenza. Ogni guerra rappresenta non soltanto una sconfitta della politica ma anche una resa vergognosa di fronte alle forze del male. Francesco”

Accanto a queste profonde riflessioni del Papa vorrei aggiungere un interrogativo, che ritengo primario, che un laico, Piero Sansonetti, si è posto sul giornale che dirige. “Siamo sicuri che in certe condizioni la parola ‘resa’, naturalmente ‘resa’ parziale e ‘resa’ negoziata, sia una bestemmia? E non sia invece una bestemmia accettare di pagare un prezzo immenso in vite umane? Cioè siamo sicuri che il valore della vita sia negoziabile, e quello dell’indipendenza di parti del territorio invece non lo sia? A me non pare un’eresia” (La vita viene prima della libertà e dell’indipendenza, mi sembra una banalità, Il Riformista 20 aprile 2022).

Io, tu, noi che cosa possiamo fare non potendo influire a livello di vertici politici? Ricorda il Papa nel suo testo, che se anche non possiamo agire direttamente sul conflitto, possiamo tutti, con gli strumenti che abbiamo a disposizione influire a livello di “opinioni pubblica”.

E, per favore, anche se non sono/siamo schierati con il pensiero dominante, non chiamatemi/chiamateci “negazionisti” o “pacifisti della domenica”, è un’ offesa a “veri statisti” che forse ancora qualcuno, anche oggi, apprezza, ammira e giudica positivamente: da Gandhi a Martin Luther King a Mandela che con “la forza della non violenza” hanno rovesciato e tramutato il futuro di alcune società.

Grazie papa Francesco della lezione che sta offrendo al mondo, e che la sua voce di “coscienza critica”, non venga mai meno.

Don Gian Maria Comolli