Per approfondire Benedetto XVI (2). L’enciclica DEUS CARITAS EST

By 13 Gennaio 2023Pillole di saggezza

Nel nostro percorso per conoscere Benedetto XVI (durerà fino all’inizio della Quaresima) vogliamo approfondire la sua prima enciclica: DEUS CARITAS EST  (Dio è amore).

PRESENTAZIONE DI MONS. BRUNO FORTE (Arcivescovo di Chieto-Vasto)

La prima enciclica è di solito lo strumento con cui un nuovo Papa presenta alla Chiesa e al mondo ciò che gli sta soprattutto a cuore: per Benedetto XVI questo centro e cuore è l’amore. Un tema perfino troppo semplice, scontato: così obietteranno quanti dal Papa teologo si sarebbero aspettata chi sa quale complicata analisi della situazione e chi sa quale elaborata terapia. In realtà, dietro l’Enciclica Dio è amore si colgono ragioni tutt’altro che banali, riconducibili ad almeno tre scenari, evocati con la semplicità cui solo un lungo cammino conduce: lo scenario del cuore, lo scenario del tempo e lo scenario della Chiesa attuale. Lo scenario del cuore è presto detto: siamo fatti per amare e non ci realizzeremo che amando. Eppure, questo incancellabile bisogno d’amore è continuamente frustrato dalle falsificazioni e dagli inganni che riempiono la vita e la storia. Palese o repressa c’è in tutti la domanda: chi renderà possibile questo impossibile amore? È l’amore donato dall’alto – risponde il Papa – che ci rende capaci di amare al di là di ogni misura di stanchezza, di ogni trappola della vita. Questo amore è quello che la lingua del Nuovo Testamento chiama “agàpe”, l’amore oggetto della buona novella: nel riproporlo al cuore di tutti Benedetto XVI non teme di confrontarsi con le grandi obiezioni ad esso rivolte. Con quella di Nietzsche, anzitutto, secondo il quale il cristianesimo “avrebbe dato da bere del veleno all’eros, che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio”. Con ciò – osserva il Papa – “il filosofo tedesco esprimeva una percezione molto diffusa: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti non ci rende forse amara la cosa più bella della vita?” (n. 3). Al “profeta dell’avvento del nichilismo” – come lo stesso Nietzsche si definì – il Papa teologo risponde che l’amore cristiano “non è rifiuto dell’eros, non è il suo avvelenamento, ma la sua guarigione in vista della sua vera grandezza” (n. 5). Ciò che è male, e fa male, non è dunque l’ “eros”, ma la sua assolutizzazione egoistica, il suo uso ripiegato sui capricci dell’io: perfino il rapporto con Dio ha una componente di “eros” salutare, quella passione che attraversa le esperienze dei mistici e che ogni credente sperimenta nel coinvolgimento integrale del suo essere nell’incontro con l’Altro. Umanità piena e felice, conforme al disegno divino sulla creatura, è allora quella che arricchisce “agàpe” con la forza di “eros” e purifica e innalza “eros” con la irradiante generosità dell’amore che viene dall’alto e tende all’alto di Dio. Non dunque l’opposizione fra “eros” e “agape”, divenuta di moda a partire dal dibattito novecentesco avviato dalle ricerche di Anders Nygren (autore di un’opera classica dal titolo Eros e agape), è fatta propria dal Papa, ma la relazione feconda fra amore passionale e amore oblativo, nell’unità della persona umana che è ognuno di noi. Un sì all’uomo, dunque, al suo cuore bisognoso d’amare, al rapporto con Dio che sana e fortifica l’amore, senza nulla cancellare del vero e del bene che è in noi.

Il secondo scenario sotteso all’Enciclica è quello del tempo che viviamo: è convinzione di Papa Benedetto che solo l’amore può evitare il temuto “scontro delle civiltà”. Quest’espressione – coniata da Samuel Huntington come titolo del suo fortunato saggio, divenuto per molti chiave ispiratrice della lettura dei rapporti internazionali dopo l’11 Settembre 2001 – riconduce la complessità della storia a un faccia a faccia drammatico, quello delle nazioni nel secolo XIX, quello delle ideologie nel XX e quello della civiltà e dei mondi religiosi ad esse sottesi oggi. Il XXI secolo sarebbe nient’altro che il tempo in cui Cristianesimo e Islàm si contenderanno i destini del mondo: la voce di Giovanni Paolo II, contraria alla risposta militare al deprecato odio terrorista, sarebbe stata così fuori del tempo. Papa Benedetto ripropone l’ispirazione profonda del pensiero del Suo Predecessore: il futuro non sarà edificato da mura di separazione, ma da ponti di dialogo, da scelte di giustizia per tutti, specie per i deboli e i perdenti della storia. Questa scelta è amore: e di essa l’umanità ha bisogno più dell’aria che respira, se vorremo che la casa del mondo possa essere accogliente per tutti e generosa verso tutti. L’amore, insomma, la sola forza che svuota la violenza e tesse legami di pace, tutt’altro che evasivo e consolatorio, capace anzi di guardare in faccia la vita e la storia e di intervenire decisamente in esse, è l’unica speranza degli uomini.

L’ultimo scenario cui il Papa intende parlare è quello della Chiesa: Joseph Ratzinger non ha mai nascosto la sua sofferenza davanti alla contro-testimonianza di tanti cristiani, quella che egli stesso non ha esitato a definire la “sporcizia” nella Chiesa. Da questa ferita non ci si libera con un banale colpo di spugna o peggio ancora chiudendo gli occhi: il rinnovamento della vita ecclesiale – scriveva il giovane Professore, oggi Papa – “non consiste in una quantità di esercizi ed istituzioni esteriori, ma nell’appartenere unicamente ed interamente a Gesù Cristo… Rinnovamento è semplificazione, non nel senso di un decurtare o di uno sminuire, ma nel senso del divenire semplici, del rivolgersi a quella semplicità vera … eco della semplicità del Dio uno” (J. Ratzinger, Il nuovo popolo di Dio, Brescia 1971, 301. 303). L’autentica riforma passa attraverso la via dell’amore: ispirato dal primato della carità e dei bisogni pastorali reali, chi intende operare per il rinnovamento della vita ecclesiale, dovrà tornare all’amore, con la pazienza di rispettare anche i cammini più lenti, nella docilità e nell’obbedienza allo Spirito, pronto a vivere l’esodo da sé senza ritorno, in cui consiste l’impegno di amare. “Abbiamo creduto all’amore di Dio – così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (n. 1 dell’Enciclica). A questo amore l’Encilica chiama tutti: “L’amore è possibile, e noi siamo in grado di praticarlo perché creati ad immagine di Dio. Vivere l’amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo, ecco ciò a cui vorrei invitare con la presente Enciclica” (40). Chi di noi potrà pensare che questa sfida non lo riguardi? (https://www.diocesichieti.it/wd-interventi-vesc/deus-caritas-est-un-commento-allenciclica-di-benedetto-xvi/)

IL TESTO DELL’ENCICLICA