ANZIANI: come accostarli e quale futuro per loro?

By 5 Ottobre 2025Attualità

Nei giorni scorsi abbiamo celebrato due Giornate Mondiali importanti: il 1 ottobre quella delle persone anziane e il 2 ottobre quella dei nonni. Per questo l’editoriale di questa settimana sarà dedicato agli anziani rispondendo a due domande: come accostarli? quale futuro per loro? anche perché la popolazione del nostro Paese è tra la più longeva d’Europa con una speranza di vita di  78 anni per gli uomini (era di 74 nel 2000) e 84 per le donne (80 nel 2000).

Il più delle volte, affrontando le tematiche riguardanti l’anziano, accentuiamo gli oneri sociali ed economici, elementi da non sottovalutare, scordando che questa categoria ha sostenuto lotte e sacrifici per lo sviluppo della società e la gestione della famiglia. Di conseguenza, è doveroso offrire loro l’accoglienza e la solidarietà che nel corso del tempo hanno donato, sconfiggendo il paradossale e velato rischio di colpevolizzarli per le esigenze che la loro età comporta.

Dio stesso, mediante l’anziano, realizzò alcune tappe fondamentali della Storia della Salvezza. Abramo anziano e Sara sterile, in età avanzata ottengono il dono del figlio Isacco dando concretezza al popolo eletto (cfr Gn. 18,1-11); Simeone e Anna, nel tempio di Gerusalemme, per primi riconobbero il Messia, sottolineando la sua missione salvifica (cfr Lc. 2,22-38).

Per prima cosa dobbiamo evidenziare che non esiste «la vecchiaia» ma «le vecchiaie», essendo l’invecchiamento un fenomeno strettamente personale. Anche le condizioni psico-fisiche sono variegate, passando da un’indipendenza totale ad una completa non autosufficienza. Troviamo il molto anziano (dopo gli 85 anni) autosufficiente sia in casa che fuori, che non tollera l’emarginazione, reclamando la permanenza sulla scena sociale, mentre altri, anche se giovani anziani (dai 65 ai 74 anni), seppure indipendenti per le piccole attività quotidiane sono bisognosi di supporto per quelle più impegnative, mentre alcuni, con scarsa capacità di movimento, necessitano un aiuto continuo.

Inoltre, non esiste una psicologia ma varie psicologie dell’anziano. Nelle senilità le differenze non riguardano unicamente le peculiarità genetiche, ma la situazione attuale e, soprattutto, la storia vissuta costruita da incontri e da perdite, da gioie e da dolori, da successi e da fallimenti; per questo, tanti affermano, che s’invecchia come si è vissuto.

La maggioranza degli anziani soffrono un problema comune; il dramma della solitudine e dell’isolamento, non come scelta di vita, ma conseguente alla rottura dei precedenti equilibri personali e sociali; abbandono del ruolo professionale, morte del coniuge, perdita degli amici… Per questo, alcuni sociologi, hanno definito la solitudine la «peste del 2000». Ammoniva la santa madre Teresa di Calcutta: «Noi crediamo che la povertà consista solo nell’aver fame di pane, nell’essere nudi per mancanza di vestiti, nell’essere privi di un’abitazione di mattoni e di cemento. Esiste una povertà più grande: quella di non sentirsi amati, non sentirsi desiderati; sentirsi emarginati».

Suggerisco quattro modalità per offrire all’anziano una degna qualità di vita, partendo dalla convinzione che è indispensabile accostarlo considerandolo nella sua globalità, reputandolo un valore da onorare e da servire, stimandolo un dispensatore di sapienza e, quindi, un maestro nella famiglia e nella società.

1.Accogliere la diversità rispettandola

Rispettiamo la dignità dell’anziano accogliendo le sue menomazioni, le trasformazioni, non sempre condivisibili e comprensibili, dell’umore e degli atteggiamenti, rammentando che a volte i gesti non comunicano quello che recepiamo da una lettura superficiale, nascondendo il desiderio di affetto e una diffusa paura. Una particolare accortezza richiedono le modalità di accostamento e, soprattutto, l’abusata abitudine di rivolgersi immediatamente con un tu non sempre accettato. Chi assume questo linguaggio, nella maggioranza dei casi, non è mosso da mode giacobine ma dal desiderio di familiarizzare. Però, questo comportamento, può generare nell’anziano un senso di subalternità e l’impressione di scarsa considerazione.

2.L’aiuto che sollecita

Chi si pone a fianco dell’anziano deve stimolarlo a valorizzare il presente e le sue potenzialità,  incitandolo a superare sia la tendenza centripeta che lo ingabbia nelle sue vedute rendendolo amorfo nei riguardi della realtà, sia la tentazione di considerarsi «una nave in disarmo». È dannoso sostituirsi a lui imponendo delle soluzioni o rimpiazzandolo nelle attività che può svolgere, seppure con lentezza.

3.La speranza che sostiene

Incontrando l’anziano dobbiamo proporgli momenti e spazi di speranza in un clima di apertura verso gli altri e verso le cose, sostenendolo nel ragionare positivamente, opponendosi al pessimismo che scaturisce dalle difficoltà nel recepire le nuove ed eversive istanze dei tempi contemporanei.

4.Apprezzare la loro esperienza

Per gli anziani dobbiamo essere i custodi delle loro esperienze e della loro memoria storica, a volte molto ricca di significato, che rischiamo di smarrire. Nella loro esistenza hanno accumulato un ricco patrimonio di esperienze di vita che permangono come un tesoro sempre attuale e valido. Una società, indifferente alla storia e ai valori degli anziani, non potrà programmare un futuro sereno essendo come un albero senza radici.

 

Se pensassimo maggiormente che nella terza età non gradiremmo essere trattati anonimamente e quasi con disprezzo, immediatamente modificheremmo alcuni atteggiamenti che assumiamo nei confronti degli anziani, iniziando dai nostri genitori e dai nostri nonni.

 Don Gian Maria Comolli