I NOVISSIMI (3) – Il Giudizio Particolare

By 19 Aprile 2018Pillole di saggezza

Il secondo Novissimo proposto dalla Dottrina della Chiesa Cattolica riguarda il “giudizio particolare” che ogni uomo dovrà affrontare subito dopo la morte.

Premessa

Afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica: “Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell’incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l’immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone, così come altri testi del Nuovo Testamento parlano di una sorte ultima dell’anima che può essere diversa per le une e per le altre (n.1021). Poi prosegue: “Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre” (n. 1022).

Dunque, immediatamente dopo la morte, cioè la separazione dell’anima dal corpo, vedremo ripercorrere la nostra vita come in film e Dio ci giudicherà! Non sappiamo ovviamente “il luogo” dove avverrà questo atto. Possiamo ipotizzare nell’ambiente dove moriremo. Perciò riveste estrema importanza anche il rispetto della salma di colui che da poco ha abbandonato questo mondo.

Due osservazioni.

-Il rilievo della nostra preghiera per il moribondo che forse negli ultimi istanti della sua esistenza sta lottando per la sua salvezza.

-La certezza che dopo la morte l’uomo non potrà decidere più nulla; quindi né pentirsi, né convertirsi. In altre parole, non essendoci “tempi supplementari”, la vita nella sua positività o negatività terminerà definitivamente con la morte

L’oggetto del Giudizio

“Alla sera della vita – ammoniva san Giovanni della Croce – saremo giudicati sull’amore”, più particolarmente sul testo dell’evangelista Matteo che riporta la risposta di Gesù a un dottore della legge che lo aveva interrogato: “Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?”. Egli rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt. 22, 37-40).

Il “primo quesito” del giudizio riguarderà l’amore riservato a Dio che nel corso dell’esistenza ci ha amato infinitamente, gratuitamente, fedelmente, senza interesse alcuno e prima di ogni nostra risposta. E’ interessante e commovente riscontrare nella Bibbia tutto questo. Il libro del Deuteronomio afferma: “Il Signore vi ama”; il salmo 18 ribadisce: “Dio mi vuole bene”; Isaia scrive: “Dice Dio: Io non ti dimenticherò mai. Ecco ti ho disegnato sulle palme delle mie mani”; Geremia dichiara: “Così dice il Signore: le mie viscere si commuovono per lui, provo per lui profonda tenerezza”. Questo è il Dio che si è manifestato ad Israele; questi sono i sentimenti del Cuore di Dio! Ma la prova più grande dell’amore di Dio è il dono inaudito del Figlio. L’evangelista Giovanni, dando voce allo stupore esclama: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio unigenito, perché chiunque creda in lui, cioè nel suo amore, non muoia, ma abbia la vita eterna”. Poteva Dio fare di più? Poteva Dio amare di più? Quale altro gesto d’amore poteva ancora escogitare?

Il “secondo quesito” del giudizio riguarderà l’amore per il prossimo. Non sono due amori, ma due braccia al servizio di un solo amore. Quando il cuore della persona è “ferito” dalla scoperta dell’amore di Dio, immediatamente si accende di amore e avverte il desiderio inarrestabile di trasmetterlo, di diffonderlo e regalarlo a tutti. L’amore per il prossimo è concretizzato nelle “Opere di Misericordia” corporali e spirituali, commentate anche in questo blog (cfr. link: religione). La santa Madre Teresa di Calcutta volle che in tutte le Cappelle dove pregavano le sue Suore, accanto al Tabernacolo, ci fosse ben evidente questa scritta: “Io ho sete!”.  Quale è la sete di Dio? È la sete d’amore! Per que­sto, nella prima Cappella nella Casa di Calcutta, la santa aggiunse: “Io ti disseto!”. È la logica dell’Amore, è lo sviluppo dell’Amore del Padre che, quando è autentico, corre verso il prossimo e lo inonda e lo abbraccia con la stessa tenerezza ricevuta dal Cuore di Dio.

Il “terzo elemento” del giudizio che spesso trascuriamo è “l’aver creduto o disconosciuto la misericordia di Dio” come più volte ricordato da papa Francesco: “Dio mai si stanca di perdonarci, mai!”. Il problema, affermò il Pontefice al primo Angelus recitato in piazza San Pietro è “che noi ci stanchiamo di chiedere perdono”. Da qui l’invito: “Non stanchiamo mai di chiedere perdono. Lui è il Padre amoroso che sempre perdona, che ha quel cuore di misericordia per tutti noi” (17 marzo 2013).

La sorte che ci attende

L’ anima, concluso il giudizio particolare, è indirizzata alla beatitudine eterna o al luogo della purificazione o della perdizione eterna. Lo ricordano vari Documenti del Magistero della Chiesa ben riassunti da Papa Benedetto XVI nell’ Enciclica “Spe salvi” affermando che al termine del giudizio particolare udremo da Dio: “Vieni benedetto nel regno preparato per te fin dalla creazione del mondo”, oppure: “Allontanati da me, raggiungi il fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi simili”. E lì si deciderà per ciascuno di noi: il paradiso, il purgatorio, o l’inferno; un inferno, che secondo Benedetto XVI esiste e non è vuoto. Spiega il papa: “L’inferno è la condizione che si preparano quelle persone che hanno distrutto totalmente in se stesse il desiderio della verità e la disponibilità all’amore. Persone in cui tutto è diventato menzogna; persone che hanno vissuto per l’odio e hanno calpestato in se stesse l’amore. È questa una prospettiva terribile, ma alcune figure della stessa nostra storia lasciano discernere in modo spaventoso profili di tal genere” (45). Troviamo poi, prosegue il pontefice, “persone purissime” per cui non abbiamo difficoltà a immaginare che siano destinate al Paradiso, cioè al vivere immediatamente e per sempre in comunione con Dio realizzando così il desiderio più grande del cuore dell’uomo. Ma, prosegue il Papa, “secondo le nostre esperienze né l’uno né l’altro è il caso normale dell’esistenza umana” (cioè ne l’inferno, ne il paradiso); nella maggioranza delle persone “molta sporcizia copre la purezza, di cui, tuttavia, è rimasta la sete e che, ciononostante, riemerge sempre di nuovo da tutta la bassezza e rimane presente nell’anima” (46). Da qui la necessità della purificazione nel Purgatorio. Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati…vengono sottoposti, dopo la morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo(CCC n. 1030). Per questo, la nostra preghiera di suffragio per i defunti, costituisce sempre un gesto di sublime carità e un potente mezzo per la loro purificazione. Affermava san Giovanni Crisostomo che pregare per i defunti significa recare loro conforto”.

Conclusione

Il Giudizio Particolare può incuterci timore. Dobbiamo prepararci sorretti da una fiducia indiscriminata in Dio e vivendo un’esistenza in tutto gradita al Signore (cfr. 2 Cor 5,9). Come? Suggeriva un mistico: “Guardare la vita dal punto di osservazione della morte, dà un aiuto straordinario a vivere bene. Sei angustiato da problemi e difficoltà? Portati avanti, collocati al punto giusto: guarda queste cose dal letto di morte. Come vorresti allora aver agito? Quale importanza daresti a queste cose? Fai così e sarai salvo. Hai un contrasto con qualcuno? Guarda la cosa dal letto di morte. Cosa vorresti aver fatto allora: aver vinto o esserti umiliato? Aver prevalso o aver perdonato?”.

Don Gian Maria Comolli

(terza continua)