SPIRITUALITA – Il Direttore Spirituale e l’autorità della Chiesa

By 1 Settembre 2018Notizie Chiesa

E’ necessario affidare la nostra anima a un sacerdote in tutte e tre le tappe della nostra vita spirituale.

Guardiamo prima la necessità di un direttore (maestro spirituale / confessore regolare) rispetto ai pericoli della vita spirituale, e poi rispetto all’autorità della Chiesa; e dopo le qualità che convengono ad un tale.
Proveniamo da un bel regno, ed a quel bel regno dobbiamo tornare, ma tornare attraverso un paese selvaggio e pericoloso. Il terreno è ingannatore e pieno di pericoli; dappertutto ci sono nascosti nemici senza misericordia che ci vogliono uccidere ed impadronirsi delle nostre anime. Il Re che ci ha incaricati di tornare al Suo regno ci ha giustamente fatti accompagnare da un Suo servo che ci possa guidare attraverso il terreno e custodirci dai nemici feroci. Questo è l’Angelo Custode. Ma vuol farci accompagnare anche da un altro, non invisibile e puramente spirituale, bensì visibile ed al contempo spirituale e materiale, un nostro pari, ben versato nei pericoli del terreno e dei nemici che lo infestano, con cui ci possiamo intrattenere in ogni reciprocità, libertà, e franchezza; consigliare, ed obbedire prontamente per arrivare alla meta in sicurezza.
Scrive Padre Morando nella sua edizione delle Opere di santa Teresa d’Avila (Vita, volume IV): “Il confessore è padre, maestro, medico, giudice, e guida dell’anima che a lui si affida… Di esso si serve il Signore come di un secondo Angelo Custode per illuminarci, dirigerci, toglierci dai peccati, e dai vizi, riprenderci e guidarci sulla strada sicura della salute”.

LA NECESSITÀ DI UN PADRE SPIRITUALE

Bisogna fare dunque una buona scelta, perché alle volte da questa dipende l’esito della confessione e il progresso spirituale. Scrive san Basilio: “Nella confessione dei peccati è da osservarsi la stessa regola che nello scoprire i mali del corpo: non si mostrano questi a uno qualsiasi, ma a coloro che sono esperti nel curarli”
Senza un tale guida cosa diverremmo? diverremmo guide a noi stessi. Non è possibile che vediamo interamente chiaro quando si tratta di noi stessi, dice san Francesco di Sales; non possiamo essere giudici imparziali in causa propria per una certa compiacenza “così segreta ed impercettibile che, se non si ha buona vista, non si può scoprire, e quelli stessi che ne son presi, non la conoscono se non la si fa loro vedere”.
Si manifesta la necessità di un direttore, infatti, in tutte e tre tappe della vita spirituale, che guarderemo adesso in dettaglio.
Per gli incipienti c’è bisogno all’inizio di un periodo lungo e laborioso di penitenza. I pericoli che questo periodo comporta sono:
1) la vana compiacenza nelle mortificazioni esterne, onde si guasta la salute, si cura con troppa indulgenza, e si cade poi nel rilassamento;
2) la presunzione prematura di entrare in una tappa spirituale troppo alta, come quella dell’amore, ciò che può condurre allo scoraggiamento, ed a nuove cadute;
3) l’aridità spirituale onde le consolazioni sensibili iniziali spariscono, si abbandonano gli esercizi di pietà, e si cade nella tiepidezza. Il direttore ha il compito di ammonire ai figli spirituali che le consolazioni non dureranno per sempre; di assicurarli che l’aridità rassoda le virtù e purifica l’amore.
Per i progredenti, c’è bisogno di nuovo di luce per discernere le virtù da coltivare, per esaminare la coscienza, incoraggiamento per perseverare nel lungo e faticoso cammino verso la perfezione.
Per i perfetti, o piuttosto per coloro che si stanno avvicinando alla perfezione, un direttore è altrettanto indispensabile: per coltivare i doni dello Spirito Santo; per discernere le ispirazioni divine da quelle della natura o del demonio; per essere guidati nei tempi delle prove passive: dei profondi turbamenti, delle tentazioni, delle paure della divina giustizia; per essere discreti, umili, docili, e prudenti nei tempi di grazie contemplative: per conciliare la passività con l’attività.

FORO ESTERNO E FORO INTERNO

“Dio, avendo costituita la Chiesa come società gerarchica” (scrive Padre Tanquerey, su cui ci appoggiamo principalmente in questo articolo), “volle che le anime fossero santificate per mezzo della sottomissione al Papa e ai vescovi nel foro esterno e ai confessori nel foro interno”.
Papa Leone XIII scrive: “Troviamo alle origini stesse della Chiesa una celebre manifestazione di questa legge: benché Saulo, spirante minacce e carneficine, avesse inteso la voce di Cristo Stesso e gli avesse chiesto: ‘Signore, che volete ch’io faccia?’. Pure fu inviato ad Anania in Damasco: ‘Entra in città e là ti sarà detto quel che devi fare’… Cosi fu praticato nella Chiesa; questa è la dottrina unanimemente professata da tutti coloro che, nel corso dei secoli, rifulsero per scienza e santità”.
La necessità di un direttore spirituale per i monaci viene insegnata da san Giovanni Cassiano nell’occidente, e da san Giovanni Climaco nell’oriente.
San Vincenzo Ferreri asserisce: “Chi ha un direttore al quale obbedisce senza riserva e in tutte le cose, arriverà molto più facilmente e più presto che non farebbe da solo, anche se fornito di vivissima intelligenza e di dotti libri in materia spirituale”.
Ciò che vale per i monaci vale anche per i laici. Sant’Alfonso insegna che uno dei doveri principali del confessore è quello di dirigere le anime. Le lettere di molti Padri della Chiesa, come San Girolamo e Sant’ Agostino testimoniano lo stesso bisogno da parte dei fedeli, come ci mostra d’altronde la natura stessa della vita spirituale, che tutti fedeli dovrebbero condurre in modo serio.
Dice il Padre Godinez: “Su mille persone che Dio chiama alla perfezione, dieci appena corrispondono, e su cento che Dio chiama alla contemplazione, novantanove mancano all’appello… Bisogna riconoscere che una delle cause principali è la mancanza di maestri spirituali… Costoro sono, dopo la Grazia di Dio, i nocchieri che guidano le anime attraverso lo sconosciuto mare della vita spirituale. E se nessuna scienza, nessuna arte, per semplice che sia, può essere imparata senza un maestro che l’insegni, tanto meno si potrà imparare quell’alta sapienza della perfezione evangelica ove s’incontrano così profondi misteri… Stimo quindi cosa moralmente impossibile che, senza miracolo o senza maestro, un’anima possa per lunghi anni passare per ciò che vi è di più alto e di più arduo nella vita spirituale senza correr rischio di perdersi”.

Fonte: Radio Roma Libera, 28-31/07/2018