QUESITO – Embrione: un nostro simile

By 17 Maggio 2019Pillole di saggezza

La FIVET uccide alcuni embrioni e lo stesso avviene nella ricerca sulle cellule staminali embrionali. Ritengo importante che si chiarisca «chi è l’embrione». Per la Chiesa è «qualcuno» anche se è impossibile dimostrarlo; per la scienza unicamente «qualcosa». Dunque, l’embrione umano, è qualcosa o qualcuno?Riccardo.

L’embrione umano è qualcuno, cioè un soggetto ben determinato già nelle primissime fasi del suo sviluppo avviato con la fusione dell’oocita femminile e dello spermatozoo maschile, formando lo zigote. L’ embrione, se posto in condizioni idonee, si svilupperà in un organismo adulto perché rappresenta la prima fase dell’esistenza di ogni uomo, infatti «dal concepimento in poi non ci sono salti nello sviluppo: la differenza tra embrione-feto-bambino è come quella tra bambino-adolescente-adulto: è un fatto quantitativo e non qualitativo» (C.V. Bellieni, Il mio «paziente» soffre, sogna, ricorda, Avvenire 5 marzo 2005, 7). E  J. F. Gilbert, celebre embriologo statunitense, avverte che «con la fertilizzazione inizia un nuovo organismo vivente. C’è un unico continuo processo dalla fertilizzazione allo sviluppo embrionale e fetale, alla crescita post natale, alla senescenza, fino alla morte» (The international journal di Developmental Biology, vol. 47, 72).

Dunque, l’embrione non è un agglomerato di cellule, un’appendice del corpo della madre, o una creatura dissimile dal futuro neonato; è il prossimo adulto in fase di sviluppo, con un  patrimonio genetico differente da coloro lo hanno concepito. Per questo, l’embrione non è proprietà della madre o del padre, della società o della scienza, dato che nessun essere umano è possesso di un altro. L’embrione appartiene a sé stesso e a Dio, fonte della Vita. Da questo deduciamo che l’embrione dall’atto della fecondazione, è un essere umano da rispettare «come una persona»; di conseguenza è immorale, sacrificarlo nei processi di fecondazione assistita o come cavia di laboratorio.

Il  mio convincimento, oltre che nella Parola di Dio e nel Magistero della Chiesa, rintraccia un fondamento nel Diritto Romano Classico: «Qui in utero sunt intelliguntur in rerum natura esse» (i concepiti sono da considerare come già esistenti). Il principio, che divenne la base dei diritti inviolabili dell’uomo, fu riaffermato anche dal Comitato Nazionale per la Bioetica: «c’è il dovere morale di trattare l’embrione umano, sin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si devono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persona» (Identità e statuto dell’embrione umano, 1996, 10). Pure il Consiglio d’Europa fece propria questa convinzione: «fin dalla fecondazione dell’ovulo la vita umana si sviluppa in un modo continuo, sicché non si possono fare distinzioni durante le prime fasi dello sviluppo. (…) L’embrione e il feto umano devono in ogni circostanza beneficare del rispetto dovuto alla dignità umana» (Risoluzione 1046/1986, 18). «L’embrione umano, pur sviluppandosi in fasi successive indicate con definizioni differenti (…) mantiene continuamente la propria identità biologica e genetica» (Risoluzione 1100/1989, 12). Il 18 ottobre 2011, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, chiamata ad esprimersi sulla brevettabilità dei procedimenti che si avvalgono delle cellule staminali estratte da embrioni umani, nella sentenza, oltre che proibirne l’uso, sottolineò che la «nozione di embrione umano deve essere intesa in senso ampio».

Questi eminenti pareri sostengono la convinzione che l’embrione, a seguito della fecondazione, è un essere vivente appartenente alla specie dell’homo sapiens; per questo dobbiamo garantirgli, come sollecitato dal principio di uguaglianza, il diritto alla vita e all’integrità fisica. Il concetto è approfondito dal Catechismo della Chiesa Cattolica: «la vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile alla vita» (2270). Chi uccide un’embrione, annienta una vita in divenire!

Una precisazione: la «Donum Vitae» affermò che «L´essere umano è da rispettare – come una persona – fin dal primo istante della sua esistenza. (…) Il Magistero non si è espressamente impegnato su un’affermazione d´indole filosofica…» (Congregazione per la Dottrina della Fede, 22 febbraio 1987, 1, parte prima). Dunque, la Chiesa, non afferma espressamente che l’embrione è persona; non si addossa osservazioni di carattere filosofico e scientifico; interpella a rispettarlo come persona, sottolineando che il «valore di uomo» accompagna l’individuo dal concepimento alla morte naturale, quindi anche nel grembo della madre. Concetto ripreso e specificato nella Istruzione «Dignitas Personae»: «Se l’Istruzione Donum Vitae non ha definito che l’embrione è persona, per non impegnarsi espressamente su un’affermazione d’indole filosofica, ha rilevato tuttavia che esiste un nesso intrinseco tra la dimensione ontologica e il valore specifico di ogni essere umano. Anche se la presenza di un’anima spirituale non può essere rilevata dall’osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull’embrione umano a fornire “un’indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana” (Donum vitae I,1). La realtà dell’essere umano, infatti, per tutto il corso della sua vita, prima e dopo la nascita, non consente di affermare né un cambiamento di natura né una gradualità di valore morale, poiché possiede una piena qualificazione antropologica ed etica. L’embrione umano, quindi, ha fin dall’inizio la dignità propria della persona» (Congregazione per la Dottrina della Fede,  8 settembre 2008, 5).

Per quanto riguarda l’aspetto scientifico, A. Vescovi, scienziato di fama internazionale, sottolineava: «Qualunque fisico esperto di termodinamica può dire che all’atto della fecondazione c’è una transizione repentina e mostruosa in termini di quantità e qualità d’informazioni. Una transizione d’informazioni senza paragoni che rappresenta l’inizio della vita: si passa da uno stato di totale disordine alla costituzione della prima entità biologica. Un’entità biologica che contiene tutta l’informazione che rappresenta il primo stadio della vita umana, concatenato al successivo, e al successivo, e al successivo, in un continuum assolutamente non scindibile, se non in modo arbitrario» (Avvenire, 22 febbraio 2005). 

Negli ultimi decenni, l’embrione sta smarrendo celermente la sua dignità, essendo ritenuto da alcuni un essere umano, ma unicamente in potenza, che acquisirà i diritti della persona in un determinato momento del suo sviluppo, da stabilirsi per convenzione. Contribuiscono a questo declassamento alcune tecniche medico-scientifiche, dalla fecondazione artificiale alla clonazione, dalla modifica del Dna alle ricerche sulle cellule staminali embrionali. Altri pericoli giungono dagli studi sul ciclo cellulare e sul loro metabolismo e dalla diagnosi pre-impianto. Da ultimo, non possiamo dimenticare, la moltitudine di embrioni creati per la fecondazione in vitro e posti in recipienti di nitrogeno liquido, definito da J. Leieune, «latte di concentramento», che ignorano la loro sorte.

Concludo con la testimonianza della nota scrittrice laica, O. Fallaci, morta il 15 settembre del 2006, all’età di settantasette anni, a seguito di una grave forma di tumore: «Come dissi in un’intervista, non me ne importerebbe niente se le staminali embrionali (che determinano la morte dell’embrione) servissero a guarire il mio cancro, anzi i miei cancri. Dio sa se amo vivere, si, vorrei vivere il più a lungo possibile. Sono innamorata, io, della vita. Ma a guarire i miei cancri iniettandomi le cellule d’un bambino mai nato (cioè di un embrione) mi parrebbe d’essere una cannibale. Una Medea che uccide i propri figli.(“Donna maledetta, aborrita dagli Dei, da me, dall’intero genere umano. Crepa, essere osceno, assassina dei tuoi figli” le dice Euripide attraverso Giasone)» (Corriere della Sera, 3 giugno 2005, 3).

Non è meraviglioso rammentare che ognuno di noi fu un embrione a cui fu concessa la possibilità di svilupparsi divenendo uomo ?

don Gian Maria Comolli