La nostra apocalisse si chiama giustizia

By 28 Maggio 2019Attualità

Dice una storia ebraica: Dio creò il mondo, e questo non stava in piedi; poi Dio creò il perdono, e il mondo stette in piedi. Quando, o Dio, ci perdonerai la sbronza di Mani pulite?

Pensate quanto sono originali le notizie sui politici indagati alla vigilia di una tornata elettorale. Se poi, qualunque governo e parlamento esca dalle urne, ci siamo ormai rassegnati a subire senza rivolta il fatto che una legge sulla sicurezza piuttosto che qualsiasi altra non gradita alla cupola togata sia immediatamente ribaltata o interpretata al rovescio (vedete che le scuole paritarie devono pagare l’Imu per sentenza e per l’utero in affitto hanno già sentenziato per imporlo contro la legge), vabbè, altro che Bella ciao.

È un paese malato di una tale parodia della giustizia il nostro, che neanche l’Isis potrebbe smuoverci dall’allegro tran tran con cui una casta di funzionari dagli stipendi d’oro, sottratti a qualsiasi responsabilità e senza alcun controllo (né di qualità né di onestà), trae tesoro di indagini e intercettazioni di cui nulla è dato sapere dei modi in cui scaturiscono e vengono svolte, soltanto si capisce che, come puntualmente accade da un quarto di secolo a questa parte, il tesoro è utile a sospingere il quadro politico verso il ritorno alla casella zero del gioco dell’oca.

È una situazione poco allegra quella italiana: non ce n’è uno dei famosi opinion leader che non abbia contribuito a ingrossare il fiume del qualunquismo. Però adesso tutti gli impancati facenti filosofi e politologi son qui a snocciolare il rosario dell’apocalisse. Ci fosse almeno l’apocalisse. Ci sarebbe almeno qualche anima viva che salirebbe su, imbolsita e impolverata, ma sopra le macerie. Si aprissero le cataratte del cielo e venisse giù almeno il diluvio: ci sarebbe almeno un Noè e un’arca a cui attaccarsi come a un tram pieno di extracomunitari. E dopo la fine di tutto, ecco che spunterebbe il sole davvero solare, l’aria pulita, il ramoscello d’ulivo, la pace vera. Una rinascita.

Intellettuali, giornalisti e magistrati

E invece niente. Tutto va verso il niente e non si trova uno straccio di persona impegnata con la res publica che non abbia la treccina di una Greta nel paese delle meraviglie. O la barba bianca di un Assange di chi la fa l’aspetti. O la spada laser di Ciccio Kim, quello che ti fa a polpette e le fa mangiare al suo gorillone.

Intanto il 26 maggio si vota e ci si attende la rocambolesca uscita dal niente grazie al fiuto dei grandi democratici giornali. E, pensiamo noi, grazie ai foruncoli di parodia di giustizia degli editoriali di Marco Travaglio. Ci fosse un Pinochet in giro, staremmo più tranquilli. Invece solo pubblici ministeri, e giustizieri del put. Che sono parte del problema. E, anzi, sono il problema. Dopo tutto, da che Khomeini venne ospitato in Francia e Pol Pot alla Sorbona, tutto il clamore e le invenzioni di morte per far soffrire più accanitamente la gente vengono da questa Europa che si è fissata di fare Giustizia.

Dai khmer rossi ai kamikaze islamisti, non è vero che c’entrano Marx e le religioni. C’entrano invece gli intellettuali, i giornalisti dalle mani pulite, i magistrati che hanno trovato il mondo steso ai loro piedi e si accaniscono con coloro che stanno sotto i loro piedi (e chi li controlla i magistrati? Chi può dimostrare che non è nei tribunali che si annidano le caste più corrotte? Chi può permettersi di arginare il loro potere che può rovesciare qualsiasi altro potere?).

Povera umanità, povera Italia

A dirla tutta, non credo che una fine del mondo sia dietro l’angolo. L’Europa cederà il passo per vecchiaia. E l’Italia sarà come quel reparto di lungodegenza pieno zeppo di ottantenni e novantenni. Sedati di giorno. E sclerati di notte.

Povera umanità, povera Italia. Prenderei i vincitori in concorso di magistratura e li obbligherei a servire per un anno almeno un giorno a settimana nelle corsie di ospedali. Dice una storia ebraica che Dio creò il mondo, e non stava in piedi; ma poi Dio creò il perdono, e il mondo stette in piedi.

E l’Italia? Quando, o Dio, ci perdonerai la sbronza di Mani pulite e creerai una riforma della giustizia italiana alla francese, con separazione netta delle carriere dei magistrati, discrezionalità dell’azione penale, governo che controlla i giudici e fissa ogni anno le priorità dei reati di maggiore allarme sociale da perseguire?

Luigi Amicone

16 maggio 2019

La nostra apocalisse si chiama giustizia