Dopo Alessandria. Con il cuore a lutto, oggi diciamo solo “grazie” ai Vigili del fuoco

By 6 Novembre 2019Attualità

Fiori e candele accese davanti ai resti della cascina dove lunedì notte sono morti in servizio i tre vigili del fuoco Antonio Candido, Marco Triches e Matteo Gastaldo, mentre le condizioni del collega rimasto ferito, Roberto Borlengo, 31 anni, sono in miglioramento. Papa Francesco oggi ha pregato per i tre uomini, nel benedire, al termine dell’udienza, un nuovo automezzo che l’azienda tedesca Man Truck & Bus ha donato ai vigili del fuoco della Città del Vaticano.

Sul fronte delle indagini, il procuratore capo di Alessandria, Enrico Cieri, ha confermato che si procede per omicidio plurimo doloso “perché riteniamo che chi ha provocato la morte dei nostri eroi l’aveva messo in conto”. Al momento il fascicolo d’indagine è aperto contro ignoti. È stato ascoltato il proprietario della cascina, che ha negato ci siano dissidi in famiglia. Resta da capire chi abbia lasciato le bombole di gas, gli inneschi e il timer che hanno causato l’esplosione.

Qui di seguito una riflessione di don Maurizio Patriciello.

Non conosciamo i vostri nomi, eppure siete sempre sulle nostre labbra. Vi chiamiamo, vi supplichiamo di fare presto, anche quando non ci sentite, non potreste sentirci, anche quando il telefono già è stato spento, o quando non riusciamo a raggiungerlo. Vi imploriamo. Davvero. Forse non lo sapete, o forse sì, lo potete facilmente immaginare. Nei momenti più difficili, in quelli più pericolosi, quando il tempo che galoppa fa a gara con la morte; quando i minuti si fanno lenti e lunghi come ore, vi imploriamo: « Fate presto. Vi prego, fate presto». Come il nome della mamma; come quello, unico, stupendo, consolante della Vergine Maria, anche il nome con cui siete da tutti conosciuti è sempre pronto per essere pronunciato. I Vigili del Fuoco. La terra trema senza preavviso, tutto intorno crolla, il mondo sembra impazzire: «Presto, chiamate i Vigili del Fuoco». Il fiume straripa, un ciclone folle spazza via tutto ciò che intralcia il suo passaggio, ti agganci a qualcosa per non essere trascinato dalla tempesta: «Per carità, chiamate i Vigili del Fuoco». Frana la montagna, il fango fagocita case e cose, animali e persone, donne e bambini. Scoppia una bomba, brucia una foresta. Ti ritrovi in mezzo all’inferno. È orribile l’inferno: «Presto, avvertite i Vigili del Fuoco».

E voi correte. Sempre. Senza giudicare, senza condannare, senza fare calcoli. Senza sapere come si svolgerà il vostro lavoro. Senza aver messo in conto niente… o forse tutto. Correte, felici di correre in aiuto. Felici di strappare almeno qualcuno alla follia di un destino che tante volte si fa sciocco e capriccioso. Correte, senza sapere se farete poi ritorno a casa. Un solo verbo vi martella nella mente: correre. Non è facoltativo, correre. Correre per voi è un dovere. Per il vostro difficile e stupendo lavoro siete stati addestrati, è vero, ma fino a un certo punto.

Nessun uomo al mondo può essere addestrato a dovere per compiti del tutto inaspettati. La maggior parte del vostro lavoro è tutto da inventare. Al momento. Le situazioni più pericolose, le più assurde, le più tragiche, le più angoscianti, a volte finanche le più comiche, vi hanno visto e continuano a vedervi protagonisti. Un gattino che si è arrampicato sull’albero, la nonna che rimane prigioniera in casa, le fogne che straripano, un incidente stradale.

Dappertutto, vi troviamo dappertutto. Vite distrutte, vite in bilico, vite agganciate a un filo di speranza vi supplicano. E voi arrivate. Nessuno mai riuscirebbe a credere che i Vigili del Fuoco se la prendano con calma. Nel cuore della notte, alle prime luci dell’alba, all’Ave Maria. In piena estate, in primavera, nel bel mezzo dell’inverno gelido. Voi non conoscete giorni di festa, Pasqua, Natale, ferragosto, onomastico del bambino, compleanno della mamma. Il dovere, innanzitutto il dovere.

Un solo imperativo: salvare vite, risolvere problemi, attenuare sofferenze. La gente vi vuole bene, vi sente amici. Siete la nostra sicurezza, la nostra speranza. La vostra divisa, la vostra forza, la vostra esperienza, il vostro altruismo, la vostra umanità, ci confortano, ci rassicurano. Siete per noi amici indispensabili. Senza di voi la vita nel nostro Paese sarebbe difficile da immaginare. Oggi vogliamo solo dirvi grazie. Permetteteci di farlo. È un’esigenza che sentiamo nel profondo. Non vi schermite. Non stiamo scherzando, non stiamo esagerando. Lo facciamo, purtroppo, con il cuore a lutto, le lacrime agli occhi, la rabbia che monta. La morte dei cari Matteo, Antonio e Marco ci brucia dentro. Ci fa male. Ci ha fatto e continua a farci sanguinare.

Per loro tre, presso il Padre del cielo, sale la nostra preghiera. Perché il Signore li abbia in gloria, perché li ammetta a godere la pace del paradiso, perché ricompensi, come solo lui sa fare, le loro fatiche. A voi che li avete conosciuti e amati, a voi loro amici e colleghi, ai loro familiari, a tutti coloro che soffrono e piangono per la loro assurda, incredibile, cattivissima, disumana perdita, la nostra vicinanza, il nostro abbraccio, la nostra più totale solidarietà. Siamo con voi. Soffriamo con voi. Vi vogliamo bene, amici “Vigili del fuoco”.

Maurizio Patriciello

6 novembre 2019

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