I 93 anni di Benedetto XVI. Padre Lombardi: “Troppo debole fisicamente per fare il Papa”

By 16 Aprile 2020Notizie Chiesa

Nel giorno del 93° compleanno di Joseph Ratzinger, l’ex Portavoce pontificio e attuale Presidente della Fondazione vaticana a lui intitolata racconta chi è realmente il Papa sceso dal trono.

«Non si è mai pentito della rinuncia al papato. Era consapevole di non aver più le forze fisiche per prendere decisioni e per proseguire nel suo incarico», afferma padre Federico Lombardi nel giorno del 93° compleanno del Pontefice sceso dal trono. «Le sue riflessioni sull’Europa sono di stringente attualità», osserva il Presidente della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, che per molti anni ha diretto Radio Vaticana e la Sala stampa della Santa Sede.

Come sta il Papa emerito?

«In lui la fragilità fisica procede con l’età senza far venir meno la brillantezza intellettuale. Si vedeva già bene alla fine del suo pontificato. Nelle grandi cerimonie nella basilica di San Pietro aveva iniziato a utilizzare la pedana mobile usata nelle ultime fasi da Giovanni Paolo II. Le sue forze non erano più all’altezza di fargli affrontare i processi decisionali, le riunioni e le incombenze richieste dal governo della Chiesa universale, soprattutto per quanto riguardava i progetti di viaggi internazionali. Non era un indebolimento delle capacità intellettuali, ma la lucidità di vedere le cose nella reale prospettiva. Chi è debole fisicamente ha meno forze per prendere decisioni. Una situazione connessa a un indebolimento graduale, non di carattere intellettuale ma di forze indispensabili a intraprendere iniziative. La sua è stata una considerazione oggettiva del venir meno delle energie fisiche necessarie a svolgere un ruolo esigente e impegnativo come quello di Papa».

Oggi la pandemia sembra spingere l’Unione europea verso la disgregazione, qual è la lezione di Benedetto XVI al «vecchio continente»?

«Ricordo in particolare i suoi discorsi durante il viaggio apostolico del 2009 nella Repubblica Ceca. Si celebrava il ventennale della rivoluzione di velluto e della caduta del Muro di Berlino. Joseph Ratzinger parlò dell’Europa come di una casa, più che come un’organizzazione di Stati o un insieme di interessi. Il termine “casa” esprime bene il senso della costruzione comunitaria. Dalle parole del Papa emergeva una connotazione europea molto intensa, soprattutto nei riferimenti alla ricchezza della cultura che prendevano spunto dall’osservazione della bellezza dei monumenti di Praga come indicazione della dimensione trascendente dell’animo umano. Una prospettiva oggi più che mai utile per guardarci intorno ed edificare il nostro mondo proprio come una casa fondata su profonde radici spirituali e non solo su fondamenta materiali».

Nelle lunga vita di  Joseph Ratzinger dove va ricercato il momento fondamentale?

«È al Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965, che il suo orizzonte è diventato universale. Prima di allora era il giovane e brillantissimo prodigio della Teologia, ma i suoi studi e la sua esperienza erano circoscritti alla Chiesa e all’università tedesche. È al Concilio che avviene l’incontro con i grandi teologi dell’epoca come Yves Congar e Henri de Lubac. È in quegli anni di lavoro a Roma che maturano e si universalizzano il suo pensiero e la sua esperienza di Chiesa. È al Concilio che avvenne quel decisivo passo in avanti nella sua vita che si è conservato sia nella riflessione teologica sia nella graduale espansione delle sue responsabilità prima di Arcivescovo e Cardinale in Germania poi di Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede in Vaticano e infine di Pontefice. Un approfondimento e una crescita progressiva che hanno avuto proprio nel Concilio la loro origine».

Da cosa è nata la clamorosa rinuncia al papato?

«Da una libertà responsabile che sa guardare ai propri doveri e alla propria responsabilità di fronte a Dio e alla Chiesa. Quello della rinuncia è stato un atto caratteristico della sua coscienza. Si é sempre dimostrato pienamente consapevole di una vocazione ricevuta da Dio ed esercitata nella chiamata a servire gli altri. È stato un gesto totalmente alieno da costrizioni».

Si è parlato di condizionamenti esterni…

«Ho sempre ritenuto infondati e ingiustificati i tentativi di interpretare la rinuncia di Benedetto XVI come la conseguenza di pressioni, sconforto o delusione. Significativamente la rinuncia del Papa per essere valida deve avere una caratteristica: deve essere libera. E la decisione di Joseph Ratzinger va attribuita esclusivamente alla sua capacità di vedere con grande lucidità e profondo senso di responsabilità la crescente sproporzione tra le proprie forze e i doveri comportati dal compito di Pontefice. Una scelta di libertà e responsabilità di cui non si è mai pentito».

Lei da molti anni è suo stretto collaboratore e amico. Chi è davvero Joseph Ratzinger?
«È assolutamente privo di motivazioni e interessi personali di calcolo, di immagine, di potere, di carriera. È realmente una persona integerrima. In fondo tutti abbiamo pensato che uno dei motivi che hanno portato alla sua elezione al Soglio di Pietro sia stato proprio il suo essere al di sopra delle parti. Nessuno pensava di lui che fosse un calcolatore o che volesse diventare Papa. Erano universalmente conosciute le sue capacità morali e intellettuali. L’immagine che trovo più adeguata è quella di una sintesi straordinaria di pensiero e spiritualità. Nelle sue omelie mi ha toccato particolarmente la presentazione del mistero cristiano e della nostra fede come qualcosa di affascinante e come una risposta alle domande più profonde dell’uomo. E si vede che è una risposta in cui Joseph Ratzinger è totalmente coinvolto. Il suo insegnamento nasce da una vita vissuta con una profondissima cultura e con una luce interiore limpidamente spirituale».

Perché è fallita ogni sua classificazione tra i conservatori o i progressisti?
«Le persone davvero profonde e libere cercano la verità e non possono essere incasellate in posizioni precostituite. È il tema della libertà che è strettamente connesso alla ricerca della verità. “La verità rende liberi”, dice il Vangelo».

Giacomo Galeazzi

16 Aprile 2020

https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2020/04/16/news/padre-lombardi-benedetto-xvi-non-si-e-mai-pentito-della-rinuncia-al-papato-1.38724381