AVVENIRE – L’epidemiologa. «Pass Covid, la falla dei tamponi. Ai vaccini non servono modifiche»

By 16 Maggio 2021Coronavirus

Per Stefania Salmaso, dell’Associazione italiana di Epidemiologia, in vista dei certificati per la libera circolazione vanno definite meglio le condizioni per chi non è vaccinato né guarito

Vaccinati-guariti-tamponati. È la “formula magica” per ripartire, l’”apriti sesamo” che detta le tre condizioni per andare in vacanza, spostarci tra regioni, prendere aerei e traghetti, tornare a ristoranti, sagre e fiere. Si cerca di non pensare che abbiamo ancora migliaia di contagi e centinaia di decessi al giorno, l’estate è alle porte e la necessità di ripartire è tanta, ma in sicurezza: dunque semaforo verde solo ai vaccinati e ai guariti da non più di sei mesi e a chi nelle 48 ore precedenti abbia effettuato un tampone molecolare o antigenico risultato negativo. Questo prevede al momento la “certificazione verde” varata dal governo italiano in attesa che l’Europa a metà giugno attivi un passaporto internazionale. «Ma non è così semplice», frena Stefania Salmaso, fino al 2015 alla direzione del Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità e oggi membro attivo dell’Associazione italiana di Epidemiologia, una dei massimi esperti su tutto ciò che concerne i vaccini. «Il punto da definire meglio riguarda la terza condizione, quella dei tamponati al massimo da 48 ore: poniamo che arrivino in un’altra regione o all’estero, dopo qualche ora il loro pass non vale già più, lo rifanno ogni 48 ore? E dove? Con che affidabilità?». Un nodo che non è solo burocratico: «Se sei negativo al momento del tampone, puoi non esserlo già più poche ore dopo. Insomma, ogni certificato verde dovrà avere un suo periodo di validità preciso».

C’è anche il problema sollevato dal garante della privacy…

Le informazioni sullo stato di salute sono considerate informazioni sensibili e quindi sembra ci siano problemi a far emergere il motivo per cui si è ottenuto il pass, cioè se la persona è un guarito, un vaccinato o solo un tamponato. Ma se il lasciapassare scade in poche ore è evidente che si riferisce a chi ha fatto un tampone… Si dovrà trovare una soluzione.

Anche su chi sono i guariti non c’è qualche dubbio? E poi chi lo sa dopo la guarigione quanti anticorpi ci sono rimasti?

Per “guariti” intendiamo i circa 3 milioni di ex ammalati di Covid registrati nel sistema di sorveglianza come infezioni accertate. E si suppone che per alcuni mesi siano protetti perché dovrebbero avere sviluppato una risposta immune all’infezione, dunque possono ricevere il lasciapassare. C’è una notevole variabilità sui dati disponibili, e ai guariti viene consigliato di fare una dose di vaccino tra i tre e i sei mesi dalla guarigione, per rinforzare la loro immunità naturale.

Medici e infermieri hanno ricevuto il vaccino da più di sei mesi. Parte di loro quindi teme di essere già fuori tempo massimo per la certificazione verde e di non poter andare in vacanza.

Per il momento non è affatto detto che la protezione scada dopo sei mesi, anzi. Noi in Europa abbiamo evidenze che per almeno sei mesi il vaccino protegge, ma questo perché non abbiamo dati solidi su periodi più lunghi. Guarderemo ai Paesi come la Gran Bretagna dove si è iniziato prima a vaccinare e vedremo se la protezione dura di più. Gli studi sono in continuo svolgimento, certamente per l’estate i limiti per medici e infermieri vaccinati a gennaio verranno rivisti. C’è anche un altro fatto importante: chi, come loro, lavora in un contesto in cui è esposto spesso all’infezione virale e ha già fatto un’immunizzazione, probabilmente riceve una sorta di richiamo dalle esposizioni circolanti. In base a ciò che sappiamo per altre infezioni, infatti, l’immunità dura più a lungo nelle persone che ricevono continuamente sollecitazioni perché esposte all’infezione naturale. Dal punto di vista della politica che deve poi varare norme pratiche, il compito è complesso perché una decisione va presa, anche in condizioni di relativa incertezza, ed è importante che ogni volta sia spiegato alla gente qual è il ragionamento che guida la scelta. Ci sono acquisizioni progressive di conoscenze che permettono aggiustamenti continui. Spesso le modifiche nelle raccomandazioni sono vissute come cambi di “opinioni” ma non è così e non sono le “opinioni” che guidano le scelte. Al momento non credo che a breve sarà prevista una terza somministrazione di vaccino per chi ne avrà già ricevute due.

Molti si chiedono se non sia possibile misurare il titolo anticorpale, per sapere se siamo ancora protetti.

Guardi che non è detto che avere anticorpi circolanti sia l’unica garanzia di protezione. Certo, l’anticorpo circolante – se c’è – è un indicatore di una immunità presente, ma è più importante che il nostro sistema abbia mantenuto una “memoria immunitaria”: significa che possediamo dei cloni cellulari che al primo stimolo sanno riprodurre gli anticorpi di cui abbiamo bisogno.

Praticamente anche se non avessimo tanti anticorpi in circolazione, fondamentale è avere la “fabbrica” interna che li saprà creare appena incontreremo il virus?

Esattamente. Non è che nel nostro sangue ci sono gli anticorpi sempre pronti per tutti i virus e i batteri che abbiamo incontrato nella vita, l’importante è che abbiamo una memoria immunitaria per cui nel momento del bisogno viene richiamata quella linea di cellule (i linfociti T) in grado di produrre subito gli anticorpi contro quell’antigene di un intruso. Avere anche gli anticorpi circolanti è importante a seconda del tipo di patologia e del tempo di incubazione: nel caso del tetano, ad esempio, in cui la malattia è innescata da una tossina altamente letale, non c’è il tempo per richiamare le cellule che riproducano le difese, dunque gli anticorpi devono essere già lì. Per quanto riguarda il Covid, invece, magari una persona ha anticorpi circolanti bassi ma al momento dell’infezione li produce e può bloccare gli effetti patologici gravi. Questa memoria può durare anni o mesi, non abbiamo ancora studi sperimentali. E poi c’è sempre il problema delle varianti, che possono cambiare le cose.

A proposito di varianti, i nuovi vaccini a Rna messaggero sono rivoluzionari in quanto facili da modificare in caso arrivi una variante del virus. Perché ancora non si è fatto? Continuiamo a ricevere vaccini calibrati sul primo virus di Wuhan, che non esiste più…

Modificare un vaccino mRna è relativamente facile. Ma prima di farlo bisogna innanzitutto essere sicuri che non funzioni più contro il virus attualmente dominante (quello inglese), e soprattutto sapere a quale nuova variante adeguarlo, cioè capire quale delle tante rimpiazzerà la inglese e permarrà. Vediamo l’esempio dell’influenza normale: tutti gli anni nascono numerosissime nuove varianti, l’Oms chiede ai vari laboratori nel mondo di isolare un gran numero di virus e fa una stima di quelli più promettenti a imporsi nella futura stagione. Quindi si disegna un vaccino con dentro i quattro ceppi virali su cui si punta: è una scommessa. Con il Covid non siamo ancora a questo punto, primo perché il vaccino disegnato per il virus di Wuhan funziona ancora contro la variante inglese, e poi perché le altre varianti segnalate (brasiliana, sudafricana, indiana, ecc.) non hanno preso piede… Sarebbe inutile aggiornare l’intera produzione se non sappiamo su cosa scommettere, ecco perché è fondamentale continuare sempre a sequenziare i virus e sorvegliare le mutazioni. Ora l’idea allo studio per il futuro è un vaccino anti Covid polivalente, valido cioè contro più ceppi.

In Italia si sequenzia molto poco… Meno male lo fanno altri Paesi.

Tanto siamo tutti nella stessa tempesta, l’unico merito del Covid è di avercelo fatto ben capire. Vorrà dire che per ora non avremo l’onore di una variante italiana.

Infine i vaccini: perché J&J è considerato monodose, se protegge quanto la prima dose di altri vaccini?

In realtà è superiore, protegge all’84% dalle forme severe e al 72% da un Covid moderato, ed è un utile ausilio per accelerare la campagna vaccinale proprio in quanto pensato per una sola somministrazione. Il che è un bene, perché nei vaccini a vettore virale (ovvero che si fanno trasportare da un adenovirus) il nostro corpo può sviluppare anticorpi contro l’adenovirus stesso e rendere meno efficace la seconda dose. J&J con una sola dose non corre il rischio. I più promettenti sono comunque i vaccini a Rna messaggero: non utilizzano alcun vettore virale e sono una vera speranza anche per molte altre patologie.

Lucia Bellaspiga

11 maggio 2021

Avvenire