Il “buon politico” per Papa Francesco

By 6 Giugno 2022Attualità

Il 12 giugno si terranno in vari comuni italiani le elezioni amministrative che vedranno impegnati centinaia di aspiranti candidati che si augurano di ottenere una “carica” nei vari consigli comunali. In questi giorni sono impegnati nel convincere gli elettori con i loro programmi e con molte promesse che ci auguriamo siano poi attualizzate.

L’editoriale di questa settimana è dedicato a loro, poiché i programmi sono importanti ma devono essere preceduti da due aspetti che li riguarda personalmente: le motivazioni di una scelta a servizio del bene comune e la finalità della politica che si apprestano a esercitare.

Le riflessioni che propongo, le traggo da papa Francesco, che varie volte ha affrontato l’argomento. Qui mi soffermo sul messaggio che ha voluto trasmettere nell’Enciclica “Fratelli tutti” al capitolo quinto (numeri 176-197).

 Una carità sociale e politica

Il Papa introduce il tema della politica prendendo atto di come molti italiani percepiscono questo aspetto della vita societaria e ponendo alcune domande. “Per molti – afferma il pontefice -la politica oggi è una brutta parola, e non si può ignorare che dietro questo fatto ci sono spesso gli errori, la corruzione, l’inefficienza di alcuni politici. A ciò si aggiungono le strategie che mirano a indebolirla, a sostituirla con l’economia o a dominarla con qualche ideologia. E tuttavia, può funzionare il mondo senza politica? Può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica?” (176).

 La politica di cui c’è bisogno

La politica di cui c’è bisogno, sottolinea il Papa, è quella che dice “no” alla corruzione, all’inefficienza, al cattivo uso del potere, alla mancanza di osservanza delle leggi (cfr. 177). La politica di cui c’è bisogno, prosegue il Pontefice, “non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia”. Al contrario, è la politica che deve possedere una visione ampia affinchè l’economia sia integrata in un progetto politico, sociale, culturale e popolare che tenda al bene comune. L’economia non può e non deve sostituirsi al potere reale dello Stato! (cfr. 177). La politica di cui c’è bisogno, conclude Francesco, è quella che supera l’ interesse immediato progettando un bene comune a lungo termine (cfr. 178). Abbiamo bisogno, ammonisce il Papa, di “una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi” (177). Abbiamo bisogno, conclude Francesco, di “una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose” (177).

L’amore politico 

Il Papa, dopo aver descritto i compiti della politica, ne elogia la grandezza: “è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune” (180). Ma per procurarsi questa nobiltà, la politica deve, oltre che superare l’individualismo, possedere come fondamento “la carità”, che qui il Papa chiama: “carità sociale” essendo l’esercizio di questa arte, una delle forme più alte dell’amore, dell’altruismo e della fratellanza. Ebbene, la carità sociale, cioè quella che dovrebbe guidare i rapporti sociali, economici e politici fa amare il bene comune, ovvero, il bene di tutte le persone, apprezzate sia come individui e come popolo.

 Amore efficace

La carità che con il suo dinamismo universale può costruire un “mondo nuovo”, deve procedere con la “verità” che va oltre il sentimentalismo soggettivo, preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei singoli. E, la verità, rammenta il  Papa, deve essere accompagnata dalla “ragione” e dalla “fede”. Unicamente la verità così interpretata consente di affrontare i problemi odierni e di innovare sia organizzazioni sociali che ordinamenti giuridici (cfr. 183/185).

 L’attività dell’amore politico

Il Papa ricorda che l’amore può essere suddiviso in due tipologie. L’amore “elicito”, cioè la carità personale e concreta diretta alla singola persona; ad esempio la vicinanza con il fragile, ma esiste pure un’altra tipologia di amore: quello “imperato”, cioè quegli atti di carità “che spingono a creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali” (186). E’ questo l’amore che dimostriamo alle persone che non conosciamo, organizzando e pianificando progetti e programmazioni per migliorare le varie condizioni di vita.

 I sacrifici dell’amore

Inoltre, nel politico, non può essere assente un amore preferenziale per gli ultimi che vanno “riconosciuti e apprezzati nella loro immensa dignità, rispettati nel loro stile proprio e nella loro cultura, e pertanto veramente integrati nella società” (187) superando il modello “funzionalista” che osservando unicamente il risultato produce la “cultura dello scarto”. Ebbene, compito della politica, è ricercare soluzioni all’esclusione sociale ed economica affinché ogni essere umano possa diventare artefice del proprio destino. Quali le sfide da affrontare? Essendo l’Enciclica rivolta al mondo, il Papa rievoca alcune minacce universali: dall’esclusione sociale al commercio di organi e di tessuti umani, dalla prostituzione allo sfruttamento sessuale dei piccoli, dal lavoro schiavizzato al traffico di droghe e di armi (cfr. 188), senza scordare la “tratta”, una vergogna per l’umanità” e la “fame”, che è un crimine, essendo l’alimentazione è un diritto inalienabile (cfr. 189).

 Amore che integra e raduna

Da ultimo, ribadisce il Papa, la buona politica si esprime nella totale apertura al confronto e al dialogo con tutti, anche con gli avversari politici, per identificare convergenze perlomeno riguardo alcuni temi, compiendo rinunce a favore del bene comune (190). Ma, ciò richiede, “il valore del rispetto, l’amore capace di accogliere ogni differenza, la priorità della dignità di ogni essere umano rispetto a qualunque sua idea, sentimento, prassi e persino ai suoi peccati” (191).

Più fecondità che risultati

Il politico, svolgerà il ruolo affidatogli con lo stile descritto, se non scorderà che egli stesso è un “essere umano” chiamato a vivere l’amore nelle sue quotidiane relazioni interpersonali (cfr. 193) senza omettere “la tenerezza”, cioè “l’amore che si fa vicino e concreto (…). Il movimento che parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani (…). La strada che hanno percorso gli uomini e le donne più coraggiosi e forti” (194). Così conclude il Papa. “In mezzo all’attività politica, i più piccoli, i più deboli, i più poveri debbono intenerirci: hanno diritto di prenderci l’anima e il cuore. Sì, essi sono nostri fratelli e come tali dobbiamo amarli e trattarli” (194).

Due conclusioni

Per il politico.

Di fronte a un ruolo così complesso ma contemporaneamente elevato, il politico non può rimanere indifferente ma interrogarsi: “A che scopo? Verso dove sto puntando realmente?”. Dopo alcuni anni, riflettendo sul proprio passato, la domanda non sarà: “Quanti mi hanno approvato, quanti mi hanno votato, quanti hanno avuto un’immagine positiva di me?”. Le domande, forse dolorose, saranno: “Quanto amore ho messo nel mio lavoro? In che cosa ho fatto progredire il popolo? Che impronta ho lasciato nella vita della società? Quali legami reali ho costruito? Quali forze positive ho liberato? Quanta pace sociale ho seminato? Che cosa ho prodotto nel posto che mi è stato affidato?” (197).

Per il cittadino cristiano.

Dobbiamo pregare per i nostri governanti! È questo un consistente supporto che i cittadini donano a chi gestisce il bene comune come più volte richiamato da Papa Francesco nelle sue omelie mattutine pronunciate dalla Cappella di Casa Santa Marta fino a definire “un peccato da portare in confessione non pregare per i governanti” (18 settembre 2017). Pregare, anzitutto, affinché i politici si pongano certe domande… Pregare affinché Dio, il Governatore della Storia, doni agli eletti dal popolo: “la saggezza per governare”. E, il nostro pensiero, si rivolge al re Salomone che ben comprendendo la sua piccolezza e mediocrità di fronte ad un incarico oneroso, così invocava Dio: “Dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono, perché io sono uomo debole e dalla vita breve, incapace di comprendere la giustizia e le leggi. Inviala dai cieli santi, mandala dal tuo trono glorioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica e io sappia ciò che ti è gradito” (cfr. Sap. 9,1-18).

Don Gian Maria Comolli