GENDER: una sfida alla natura e all’umano

Molti sono stati i temi trattati da papa Francesco nella sua recente visita apostolica in Ungheria, ma nei discorsi del Pontefice hanno trovato ampio spazio soprattutto la critica ad un «sovranazionalismo astratto», l’accoglienza degli immigrati invitando l’Unione Europea ad adottare «meccanismi condivisi», il dramma dell’aborto e la «colonizzazione ideologica della cultura gender».

Il Papa, come pure questo blog, ha trattato l’argomento molteplici volte anche se si ha l’impressione che la maggioranza delle persone fatichi a comprendere la complessità e la pericolosità dell’argomento e del fenomeno che velocemente e ampiamente sta facendosi strada nella società ed è una sfida al limite, alla natura e alla complementarietà del maschile e del femminile.

La sfida al limite

La prima colonna portante della colonizzazione ideologica della cultura gender è la sfida al limite.

Lo costatiamo osservando il rapporto stabilito dall’uomo contemporaneo con l’ambiente, non più ritenuto una realtà da contemplare con meraviglia e riverenza ma un giacimento da sfruttare e saccheggiare con il conseguente rischio della devastazione e della distruzione del pianeta. E, come ricordato da papa Francesco nell’Enciclica “Laudato siì”, la terra, cioè la nostra casa comune, protesta «per il male che le provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei» (n. 2).

Uguale atteggiamento è assunto nei confronti della “vita umana”: le tecniche di procreazione medicalmente assistita, l’ambizione di giungere alla clonazione anche umana, lo sviluppo delle bio-tecnologie, l’intelligenza artificiale, la robotica… sono alcuni atti che mirano a superare l’ostacolo del limite. Ma pure il “fine vita” è interessato nel determinare con il suicidio assistito o l’eutanasia il tempo del morire, stabilendo quando un’esistenza può essere ancora “degna di essere vissuta”.

Nessun limite è più riconosciuto ma tutto deve essere gestito dalla “libertà” della persona che si vorrebbe, come impone l’ideologia di genere, svincolata dalla natura e da vincoli per realizzare pienamente e autonomamente il proprio benessere, spesso identificato nelle emozioni. Una libertà, dunque, “senza anticipazione di senso” che consenta di espletare ciò che maggiormente gratifica. Questa visione di libertà fu ampiamente influenzata dal pensiero di J. P. Sartre (1905-1980) che sosteneva: «Per la realtà umana essere vuol dire scegliersi: niente viene dal di fuori, né tanto meno dal di dentro, che essa possa ricevere o accettare. La realtà umana non può ricevere i suoi fini né dal di fuori né da pretesa natura interna. Essa li sceglie e basta» (L’essere e il nulla, Il Saggiatore, pg. 535). Pertanto, per il filosofo francese, la libertà si concretizza nell’atto che l’uomo compie, privo di qualunque retroterra metafisico, svincolato dalla legge naturale e dalle normative etico-morale ritenute oppressive e repressive.

La sfida della natura

Ogni individuo è inserito in uno splendido progetto da realizzare. E, il cristianesimo, aggiunge: essendo l’uomo e la donna creati a immagine e somiglianza di Dio(cfr. Gen e Gen. 5,1-2) qualunque vita è “un dono di Dio” che si origina dall’amore del Creatore mediante la collaborazione indispensabile e responsabile dell’uomo e della donna. Da ciò si deduce che la proposta gender è una rivoluzione antropologica contro Dio e contro la natura, poiché “l’essere uomo o donna” corrisponde al disegno divino che si concretizza, appunto, mediante la natura.

Ciò è confermato anche dal dato biologico conoscibile mediante la scienza, in particolare la genetica, indicando che i cromosomi sessuali XX originano il femminile e i cromosomi XY il maschile, costituendo un corpo con caratteristiche fenotipiche “coercitive”, inseparabili dal patrimonio genetico iscritto in ogni singola cellula. E, in questa strutturazione, notiamo “particolari caratteristiche” proprie di un determinato sesso.

Questo significa che prescindere dal naturale e dal biologico, focalizzando l’attenzione unicamente sull’opinione che la persona ha di sé è un errore grossolano, poiché la realtà esiste oggettivamente al di là dei nostri convincimenti, essendo questa verità né mutevole, né variabile, poiché nessuno “si determina” maschio o femmina, essendo un evento che si compie indipendentemente dalla volontà del singolo. Pertanto è una situazione unicamente da accettare e da rispettare!

Concetto approfondito da Papa Benedetto XVI che il 21 dicembre 2012, rivolgendosi alla Curia Romana in occasione degli auguri natalizi condannò la teoria gender, definendola “profondamente erronea” poiché nega, tra l’altro, la complementarietà maschio-femmina. «L’uomo contesta – affermò il pontefice – di avere una natura precostituita dalla sua corporeità che caratterizza l’essere umano. Nega la propria natura e decide che essa non gli è data come fatto precostituito, ma che è lui stesso a crearsela. Secondo il racconto biblico della creazione, appartiene all’essenza della creatura umana di essere stata creata da Dio come maschio e come femmina. Questa dualità è essenziale per l’essere umano, così come Dio l’ha data. Proprio questa dualità come dato di partenza viene contestata. Non è più valido ciò che si legge nel racconto della creazione: “Maschio e femmina Egli li creò” (Gen. 1,27). No, adesso vale che non è stato Lui a crearli maschio e femmina ma è stata la società a determinarlo e adesso siamo noi stessi a decidere su questo. Maschio e femmina come realtà della creazione, come natura della persona umana non esistono più. L’uomo contesta la propria natura. Egli è ormai solo spirito e volontà. La manipolazione della natura, che oggi deploriamo per quanto riguarda l’ambiente, diventa qui la scelta di fondo dell’uomo nei confronti di se stesso».

La sfida del modello omosessuale

Da quanto affermato risulta innegabile che l’obiettivo finale dei fautori dell’ideologia gender, supportati da potenti lobby e dai gruppi LGBT, è di proporre alla società, e quindi alle nuove generazioni, il “modello omosessuale” come un comportamento comune e naturale. Lo aveva già predetto il defunto professor U. Veronesi in un’intervista a “27esimaora” del Corriere della Sera. «Il futuro tende ad una parità anche ormonale dei generi (…). Quello che è in causa è l’eterosessualità in quanto norma. Dobbiamo cominciare a pensare a un mondo in cui sarà l’eterosessualità a non essere normale» (http://27esimaora.corriere.it/articolo/umberto-veronesi-il-futuro-tende-alla-parita-anche-ormonale-dei-generi/).  Perciò chi sostiene la complementarietà del maschile e del femminile, è tacciato e trattato come più volte affermato, da “nemico”, quindi un omofobo.

Perché tanta insistenza sull’omofobia? Così risponde il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione della Dottrina della Fede. «Al movimento omosessualista mancano gli argomenti scientifici, per questo hanno costruito un’ideologia che vuole dominare, cercando di costruire una sua realtà. E’ lo schema marxista, secondo cui non è la realtà a costruire il pensiero, ma il pensiero che costruisce la realtà. Quindi, chi non accetta questa realtà deve essere considerato malato. Come se, tra l’altro, si potesse agire sulla malattia con la polizia o con i tribunali. D’altra parte in Unione Sovietica i cristiani venivano chiusi nei manicomi: sono i mezzi dei regimi totalitari come il nazionalsocialismo e il comunismo. Oggi in Nord Corea la stessa sorte tocca a chi non accetta il pensiero dominante” (Intervista rilasciata a Costanza Miriano (Dal blog di Costanza Miriano, 17 maggio 2018).

Cosa fare? Come comportarsi?

Terminiamo con dei suggerimenti pratici tratti dalla Nota Pastorale dei Vescovi del Triveneto: “Il compito educativo è una missione chiave!” (3 febbraio 2014).

1.«Non avere paura e non nutrire ingiustificati pudori o ritrosie nel continuare ad utilizzare, anche nel contesto pubblico, le parole tra le più dolci e vere che ci sia mai dato di poter pronunciare: “padre”, “madre”, “marito”, “moglie”, “famiglia” fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna».

2.«Difendere e promuovere il carattere decisivo ‐ oggi più che mai ‐ della libertà di educazione dei figli che spetta, di diritto, al padre e alla madre aiutati, di volta in volta, da soggetti o istituzioni chiamati a coadiuvarli».

3.«Rigettare ogni tentativo ideologico che porterebbe ad omologare tutto e tutti in una sorta di deviante e mortificante “pensiero unico”’, sempre più spesso veicolato da iniziative delle pubbliche istituzioni”.

4.«Sostenere e incoraggiare l’impegno e lo sforzo di quanti, a vari livelli e su più ambiti, affrontano ogni giorno, anche nel contesto pubblico e nella prospettiva di una vera e positiva “laicità”, tutte le più importanti questioni antropologiche ed educative del nostro tempo e che segnatamente riguardano: la difesa della vita, dal concepimento al suo naturale spegnersi, la famiglia, il matrimonio e la differenza sessuale, la libertà religiosa e di educazione».

«Oggi – conclusero i vescovi del Triveneto – si dilania la gente con lo psicoterrorismo, approfittando dell’ignoranza. Noi siamo quelli che cercano, con la grazia di Dio, di amare tutte le persone, comprese quelle che provano attrazione verso lo stesso sesso, ma deve essere chiaro che amare non è obbedire alla propaganda genderista».

Don Gian Maria Comolli

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