Avvenire.it, 1 giugno 2017

L’IMPERO DELLA CRITICA

Abbiamo già ragionato qui sulle buone e sulle cattive notizie. I media fanno gran parte del lavoro, tenendo in prima info ad alto grado di angoscia. Ma senza la nostra attiva collaborazione il giochino non funzionerebbe.
Ci sono giornalisti pistaroli del male che se per caso si imbattono in qualcosa che funziona, minimizzano e scartano con fastidio. Fastidio che spesso risuona in chi legge: sperimentato anche di recente.
Una certa città è riuscita a recuperare buona parte dell’evasione locale. Processo virtuoso che potrebbe condurre a una riduzione delle tasse. Piccola ma ottima notizia, un filo da seguire. Sui social parte la battaglia dei “se” e dei “ma”. I numeri vengono passati al vaglio, sminuzzati, scaravoltati. Cosa c’è sotto il tappeto? Dov’è l’imbroglio? Niente. Semplicemente si è cambiato metodo di riscossione e it works, funziona. Forse la cosa potrebbe essere riprodotta su scala più larga, con beneficio per tutti.
Che cosa temiamo di perdere rinunciando anche per un attimo al nostro sguardo torvo e sospettoso? Dov’è l’ostacolo alla fiducia? Che cosa ci fa resistere alle buone notizie, rendendoci ipersensibili al flauto del «tutto va male» e sordi a ogni altro suono, per quanto flebile?
Questione di identità, probabilmente. Credere di esistere e consistere solo nell’Impero della Critica, esercitando il piccolo potere della sfiducia e della rabbia.

Marina Terragni

 

1 giugno 2017

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