Re Mida

I giudici replicano: altra adozione per una coppia gay

Ennesima adozione gay e sempre per intervento del Tribunale dei minori di Roma, ormai diventato l’agenzia italiana per l’adozione delle coppie omosessuali. Questa volta tocca a due lui che tramite maternità surrogata avvenuta in Canada si sono portati a casa un pupo. Dato che dalla domanda di adozione alla decisione dei giudici è passato un po’ di tempo, tempo in cui il bebè intanto è cresciuto in casa della coppia omosex, il Tribunale ha pensato bene che ormai il minore si era ambientato e quindi, sempre per il «superiore interesse» del bambino, non era opportuno strapparlo dalle “cure” dei due signori. Da qui semaforo verde alla stepchild adoption: un lui della coppia ha potuto adottare il figlio dell’altro compagno.

Quindi la legittimazione dell’adozione a favore di un partner della coppia omosessuale trova due fondamenti. Da una parte una motivazione di fatto: il periodo di tempo trascorso dal minore in questo ambiente. Quasi che la continuità temporale di un fatto contra legem potesse per paradosso sanare l’illegittimità della situazione stessa. Dall’altro, il richiamo, ancora una volta, all’art. 44 lettera d) della legge 184 del 1983 che disciplina l’istituto della adozione. Lettera che come abbiamo già avuto di spiegare non legittima di certo l’adozione gay), ma che ormai è diventato il Re Mida della filiazione omosessuale: qualsiasi richiesta proveniente da coppie gay si trasforma in oro appena è sfiorata dall’applicazione di questa lettera. LEGGI

23 marzo 2016

GIUDICI – Altra adozione per una coppia gay