39° GIORNATA NAZIONALE PER LA VITA (1)

La Chiesa Italiana celebra domenica 5 febbraio la “39° Giornata Nazionale per la Vita”. A. Socci nel testo  Il genocidio censurato. Aborto: un miliardo di vittime innocenti,  (Piemme, Casale Monferrato Al- 2006.) scrive nella quarta di copertina:  “il più grande genocidio del Novecento non è avvenuto in guerra, nei gulag o nei campi di sterminio” ma “è una strage di cui nessuno parla:  un miliardo di vittime innocenti dovute all’aborto”.

Noi in questa “Pillola di saggezza” e nella prossima rifletteremo su questo crimine che appare offuscarsi nella sua gravità.

DOVE SOCCI HA ACQUISITO QUESTI DATI?

Dall’Organizzazione  Mondiale  della  Sanità  (OMS).  Approfondiamo le cifre.

 -Italia.

Ogni giorno sono eseguiti circa 350 aborti; annualmente raggiungono i 130mila legali oltre quelli clandestini. Il totale di aborti in 37 anni (1978-2015) è di 4milioni e 800mila. Dalla somma è esclusa l’abortività clandestina e quella provocata dalle pillole abortive. Ciò significa, che migliaia di futuri bambini pur non essendo nati, non saranno registrati ufficialmente come aborti.

-Europa.

E’ praticato un aborto ogni 25 secondi, per un totale annuale di 1milione e 220mila. Nel 2015: Regno Unito 215.000, Francia 209.913, Romania 191.038, Germania 129.650, Spagna 84.985. Nell’Est Europeo sono effettuati 103 aborti ogni 100 nati. 1 aborto su 7 (14,2%) riguarda ragazze con meno di 20 anni[1].

-Mondo.

Alcuni casi emblematici.

La Cina, negli anni ’80 del XX° secolo, avviò il programma di “controllo delle nascite” che impose “il limite del figlio unico”. “Chi violava queste regole” scriveva B. Cervellera, missionario del PIME e responsabile dell’agenzia giornalistica Asia News, “rischiava multe salatissime, aborto forzato anche al nono mese, infanticidio, distruzione della casa o requisizione dei beni”[2]. Gli effetti furono drammatici: “Lo Stato si vanta dei successi raggiunti: 300milioni di nascite in meno in 21 anni”[3]. La miopia di questa strategia, ha prodotto un pesante divario tra la popolazione in età produttiva e quella in età avanzata. Di fronte al rischio di un probabile collasso del sistema economico, nel 2012 il governo cinese abolì, in parte, la norma. Anche in India, mancano all’appello 60 milioni di bambine. E, nel Continente Africano, contiamo circa 5 milioni di aborti ogni dieci anni.

Ma il fenomeno, osservava amaramente Socci, “nonostante le sue colossali dimensioni, il più vasto olocausto della storia umana, è totalmente e sistematicamente rimosso da tutta la società contemporanea”[4] o condiviso con motivazioni inaccettabili e intollerabili.

“L’aborto”, è dunque, l’uccisione “deliberata” e “diretta” di un essere umano nella prima fase della vita; è una violenza sulla vita umana, quindi un “omicidio”, o meglio un “figlicidio”, anche se autorizzato e tutelato dalla legge. Ammonì san Giovanni Paolo II nel Messaggio per la “XIII Giornata Mondiale per la Pace”: “Restaurare la verità significa innanzitutto chiamare con il loro nome gli atti di violenza, quali che siano le forme che assumono. Bisogna chiamare I’omicidio con il suo nome: I’omicidio è omicidio”.

La discutibile legalizzazione dell’aborto mostra che nei confronti di “chi non ha voce” poichè fragile ed indifeso, è la “forza” che prevale sul “diritto”; è il “potere” di vita e di morte su un essere umano attuato da colei lo ha chiamato alla vita.

 IL SIGNIFICATO SOCIETARIO DEL FENOMENO

Le circostanze di pratica dell’aborto sono varie con responsabilità etiche ineguali.

-“L’aborto spontaneo” è la morte del feto nelle prime venti settimane di gravidanza; si verifica per cause indipendenti dalla donna. Essa è colpevole unicamente quando il fatto è determinato dalla sua negligenza: fatiche eccessive, attività rischiose, abusi d ‘alcool o di fumo…

-“Aborto indiretto”: potrebbe compiersi quando una donna gravida si scopre malata tumorale e deve sottoporsi a cicli di chemioterapia antiblastica non dilazionabili nel tempo, oppure ad interventi chirurgici per gravidanze ectopiche o per l’asportazione di un cancro uterino. Riferendosi al principio etico del “duplice effetto”, la gestante può procedere nella cura anche se rischiosa per il feto, ma non può contemplarne l’uccisione diretta. Inoltre, la cura, deve presentarsi urgente ed insostituibile.

-“L’aborto terapeutico” presenta una situazione eticamente inaccettabile. Infatti, “non si agisce sulla malattia in atto, ma s’ipotizza la soppressione del feto sano per evitare l’aggravamento o il pericolo di vita della madre; è un’azione su ciò che è sano (il feto) per prevenire una malattia o il rischio di morte”[5]. In questo caso, il fine buono, cioè l’incolumità della madre, è raggiunto valendosi di un mezzo iniquo: I’uccisione del feto.

-Sono eticamente immorali e condannabili l’aborto “diretto” e “volontario” e quello “selettivo” o “eugenetico”.

“L’aborto legale” in Italia fu approvato nel maggio 1978 dalla legge 194 dal titolo beffardo: “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Fu confermato, inoltre, dal referendum del 17 maggio 1981, quando il 70% degli italiani scelsero “l’aborto di Stato”.

La legge autorizza l’interruzione della gravidanza entro 90 giorni dal concepimento (cfr.: art. 4) e anche dopo, in caso di rischio per la vita della madre o di malformazioni del nascituro che potrebbero determinare un pericolo per la salute fisica e psichica della donna. L’articolo 4 mostra l’ampia “permissività” della normativa: “La donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto e la maternità comporterebbero un serio pericolo per la salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute o alle sue condizioni economiche o sociali o familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni d’anomalie o di malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico o ad una struttura socio-sanitaria a ciò stabilita dalla Regione o ad un medico di fiducia”.

L’intervento abortivo avviene mediante “tecniche strazianti” per il feto:

-“l’aspirazione”: con un aspiratore introdotto nell’utero si maciulla il feto e lo si aspira;

-il “raschiamento” della parete dell’utero con un cucchiaio ricurvo che taglia a pezzi il feto;

-l’ “avvelenamento”, immettendo nel sacco amniotico delle sostanze saline tossiche;

-inducendo “contrazioni” per espellere il feto;

-con “taglio cesareo”.

A fronte dei dati riportati è inevitabile interrogarsi come sono possibili molteplici situazioni di “grave pericolo” per cause attinenti ad una gravidanza in corso. Alcuni ritengono che sia la conseguenza della riduzione degli “aborti clandestini”. Una spiegazione ingannevole non potendo fornire numeri reali, essendo l’atto clandestino “un’ azione nascosta e segreta”. Inoltre, si ha l’impressione, che la piaga della clandestinità prosegua, poichè varie donne per quella che è definita “onorabilità sociale”, oppure per evitare procedure burocratiche, continuano a rivolgersi a strutture prive dei requisiti per praticare l’aborto. Di conseguenza, quale credibilità posseggono le cifre fornite dal Ministero della Salute di 300mila aborti clandestini annuali alla fine degli anni ’70 del XX° secolo e di 15mila nel 2015?. La causa primaria di un ingente numero di aborti, potrebbe invece essere l’identificazione della “legalità” con la “legittimità morale”. “Come potrebbe la legge permettere un atto immorale?”, si chiedono molti. Alla stessa conclusione pervenne un’ editoriale di “Civiltà Cattolica”. “Legalizzare l’ interruzione della gravidanza significa per moltissime persone, che non distinguono facilmente ciò che è morale e ciò che è legale, che I’aborto ormai si può fare, che è lecito anche moralmente se la legge lo permette. Ciò equivale a generare una spinta incontenibile verso il ricorso all’aborto anche di fronte a piccole difficoltà che ogni gravidanza normale comporta. In concreto, quindi, la legalizzazione dell’aborto conduce inesorabilmente ad un abbassamento della coscienza morale e ad un ineluttabile aumento della pratica abortiva. E tutto ciò, senza raggiungere mai – come documenta I ‘esperienza – il fine di estirpare Ia piaga dell’aborto clandestino” (21 febbraio 1981, pg. 21). Inoltre, la donna, si percepisce autorizzata a decidere in totale autonomia Ia sorte del concepito. Ogni scusante, anche quelle sociali ed economiche sono sufficienti per abortire, escludendo totalmente dalla decisione il padre, cioè il ruolo maschile nel processo della generazione ed ovviamente il feto.

 GRAVITA’ DELL’ATTO

Sulla gravità morale dell’aborto e sulla sua drammaticità, il Magistero della Chiesa, si è espresso ripetutamente. L’enciclica “Evangelium vitae” riassume le varie condanne: “…dichiaro che l’aborto diretto, cioè voluto come fine o come mezzo, costituisce sempre un disordine morale grave in quanto uccisione deliberata di un essere innocente. Tale affermazione è fondata sulla legge naturale e sulla Parola di Dio scritta e trasmessa dalla dottrina della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario ed universale. Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa e proclamata dalla Chiesa” (n. 62). Questa dichiarazione, per il suo contenuto e per le sue caratteristiche formali, è “infallibile e irreformabile”, cioè vincolante per il cristiano, come sottolineato per questi pronunciamenti dalla “Nota Dottrinale illustrativa della formula conclusiva della Professio Fidei” della “Congregazione per la Dottrina della Fede” (29 giugno 1998).

La condanna dell’aborto e della sua legalizzazione non è un’opinione unicamente cattolica; vari laici si affiancarono alla Chiesa in questa comune battaglia. Affermò U. Bobbio: “Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il ‘non uccidere’. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere” (Corriere della Sera, 8 maggio 1981).

Fine prima parte

[1]Dati del Rapporto: L’aborto in Europa e Spagna, Istituto Spagnolo di Politica Familiare – IPF.

[2]B. Cervellera,  Missione Cina, Ancora, Milano 2003, pg. 140.

[3] Missione Cina, op. cit., pg. 143.

[4]  A. Socci, Il genocidio censurato.

[5] E. Sgreccia,  Bioetica. Manuale per medici e biologi, Vita e Pensiero, Milano 1986, pg. 205.

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