Il diritto all’assistenza religiosa in ospedale

 Mia madre ottantenne, ricoverata in ospedale, lo scorso Natale non ha potuto partecipare alla Messa. Gli infermieri non l’hanno mobilizzata in tempo utile sulla carrozzina, poi io l’avrei condotta in chiesa. Voglio sottolineare che tutti i giorni è posta sulla carrozzina e portata in palestra. L’assistenza religiosa non è un diritto del malato? Inoltre ho appreso che alcune amministrazioni stanno rimuovendo i cappellani ospedalieri dalla pianta organica per motivi economici; come giudica questi comportamenti? Gian Luca.L’assistenza religiosa, da sempre, è garantita negli Enti ospedalieri.

La Legge 132/1968 (Legge Mariotti) ne evidenziò l’obbligatorietà (cfr art. 19, comma 1); un requisito vincolante per la classificazione e l’accreditamento delle strutture ospedaliere. La Legge 833/1978 (Istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale), affermò che l’assistenza religiosa ai degenti nelle strutture di ricovero pubblico era «compito istituzionale» del Servizio Sanitario Nazionale (cfr art. 17, comma 1). Si demandò all’Unità Sanitaria Locale l’organizzazione del Servizio in accordo con gli Ordinari Diocesani (cfr art. 38). Un altro riferimento legislativo è la Legge 121/1985 (Ratifica Accordo di revisione del Concordato tra la Santa Sede e la Repubblica italiana sottoscritto il 18 febbraio 1984). La Repubblica Italiana garantì l’assistenza spirituale ai cattolici degenti negli ospedali (cfr art. 11, n.1). Si stabilì, inoltre, che lo stato giuridico, la composizione dell’organico e le modalità di svolgimento del Servizio fossero stabiliti con un accordo tra le autorità italiane e quelle ecclesiastiche (cfr art. 11, n. 2). Per velocizzare l’applicazione dell’ Intesa, anche a seguito delle competenze attribuite alle regioni dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione (cfr Legge Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), alcune Regioni stipularono con le Conferenze Episcopali Regionali Intese regionali per la disciplina del servizio di assistenza religiosa cattolica negli Enti sanitari ed assistenziali pubblici e privati accreditati. Essendo, le Conferenze Episcopali Regionali, Enti ecclesiastici legalmente riconosciuti, le Intese sono ritenute atti subconcordatari con valore di legge appartenenti al diritto particolare.

L’assistenza religiosa in ospedale è animata dall’assistente spirituale (cappellano) o dalla cappellania ospedaliera.

Il ruolo dell’ assistente spirituale.

«Il suo compito principale è di annunciare la buona novella e di comunicare l’amore redentivo di Cristo a quanti soffrono nel corpo e nello spirito (…), accompagnando¬li con amore solidale...» (Consulta Nazionale CEI per la Pastorale della Sanità, La Pastorale della Salute nella Chiesa italiana, 1989, 38). Dal brano si deduce che l’assistente spirituale è il segno dell’amore divino e il testimone della vicinanza di Dio all’uomo sofferente e all’immenso settore della sanità. Di conseguenza, l’assistente spirituale, non può limitarsi, come nel passato, ad un servizio prevalentemente sacramentale; una volta si diceva: «Chiamate il prete per l’estrema unzione», ma è sollecitudine dell’assistente spirituale tutto ciò che concerne la promozione umana, sanitaria e sociale dei malati, oltre incoraggiare al rispetto dei valori della vita e della salute.

L’attività dell’assistente spirituale.

Accompagnamento spirituale ed umano e sostegno al processo terapeutico del malato mostrando attenzione anche alle angosce dei famigliari. La finalità è quella di «sollevare moralmente il malato, aiutandolo ad accettare e valorizzare la situazione di sofferenza in cui versa, accompagnandolo con la forza della preghiera e la grazia dei sacramenti» (20), ed «aiutare la famiglia ed i famigliari a vivere senza traumi e con spirito di fede la prova della malattia dei propri cari» (20). Alcuni testi scientifici hanno esposto la rilevanza della dimensione spirituale nella cura; altri autori valutano questo aspetto considerevole per conseguire un’accettabile qualità di vita in medicina (cfr S. Rosso – M. Tamburini, Dizionario dei termini più usati nella valutazione della qualità della vita in medicina, Napoli 1992, 21).

Accompagnamento degli operatori sanitari incitandoli a riscoprire l’aspetto sacrale della professione da svolgersi nello spirito della missione. Di conseguenza, diventano indispensabili, significativi rapporti personali, ascoltandoli e sostenendoli nell’affrontare i loro problemi.

Evangelizzazione e catechesi. La frattura presente nella società tra il Vangelo e la cultura è visibile anche nel mondo della salute. Evangelizzare significa mostrare con la testimonianza che il cristianesimo è la religione dell’uomo. Anche riguardo alle tematiche bioetiche non dovrebbero sussistere separazione o divisione tra i valori religiosi e i valori laici, tra le motivazioni spirituali e le motivazioni umane, perché il Dio cristiano amando profondamente ogni uomo sollecita continuamente il rispetto della sua dignità.

La celebrazione dei sacramenti. Oltre l’Eucarestia, altri due sacramenti sono di rilievo nel tempo della malattia: la Riconciliazione e l’Unzione degli Infermi. La Riconciliazione riscatta il malato dai peccati, redendolo disponibile ad unire le sue sofferenze alla passione redentrice di Cristo. Con l’ Unzione degli Infermi la Chiesa affida i sofferenti al Signore Gesù, domandando per loro la diminuzione delle sofferenze e il sostegno spirituale e fisico.

All’assistente spirituale, inoltre, possono essere richiesti contributi in materia di etica, di bioetica e di umanizzazione, la formazione degli operatori e dei volontari, oltre l’attenzione al dialogo interconfessionale ed interreligioso.

La presenza dell’assistente spirituale, a volte, incontra difficoltà ad essere accolta e valorizzata per pregiudizi culturali ed ideologici, come pure a causa di modelli proposti nel passato e non più rispondenti alle attese dell’uomo d’oggi. Di fronte ad ammalati ed operatori che vivono con superficialità o freddezza l’evento cristiano o professano altri culti, l’assistente spirituale dovrà mostrare loro il massimo rispetto, rammentando che alcuni comunicano nobili insegnamenti riguardanti la pazienza, la fortezza d’animo e la fedeltà alle loro tradizioni.

Da ultimo, richiamando nuovamente il diritto del malato all’assistenza religiosa, sottolineo che le amministrazioni ospedaliere hanno l’obbligo di garantirla indipendentemente dai «pareggi di bilancio» o dalle ristrettezze economiche, e gli operatori sanitari devono facilitarla oltrepassando la loro religiosità o il loro ateismo.

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