ATTENTATI ALLA FAMIGLIA FONDATA SUL VINCOLO DEL MATRIMONIO TRA UN UOMO E UNA DONNA (3)

Oggi il matrimonio tra un uomo e una donna è sostituito in vari casi dalla “convivenza”, sia come periodo di prova precedente il “sì” definitivo, sia come scelta prolungata nel tempo; inoltre alcuni chiedono che l’istituzione matrimoniale sia concesso anche alle persone omosessuali permettendo loro anche l’adozione di figli.

Le coppie di fatto

Negli ultimi anni sono fortemente aumentate le persone conviventi privi di qualunque legame giuridico, convinti che I’ istituzione matrimoniale non aggiunga valore alla loro unione e, nel caso la relazione si concludesse, sarebbero minori i vincoli burocratici da sciogliere.

Il rapporto Censis del gennaio 2014 evidenza che negli ultimi dieci anni le coppie coniugate con figli sono diminuite di 739mila unità (- 7,8%), mentre quelle conviventi con figli sono 274mila in più. Dunque, un bambino su quattro, nasce da coppie con legami non ufficiali. A seguito di questo nuovo fenomeno societario, cresce nell’opinione pubblica “la richiesta di riconoscimento” di questi nuclei con modalità giuridiche simili a quelle matrimoniali mediante quelli possiamo definire “matrimoni di seconda classe” o “matrimoni deboli”.

Queste unioni, intendono sradicare dalla società i legami affettivi e sociali presenti nel matrimonio tradizionale, e tutto ciò anche a seguito della scellerata risoluzione del Parlamento Europeo del 16 marzo 2000 che equipara il matrimonio alle “unioni di fatto” anche omosessuali.

Ciò lascia dubbi anche sul futuro dei figli!

Pur convinti che queste entità sappiano, in parte, offrire al figlio sia I’amore che un idoneo clima per la crescita, riteniamo negativo privare il bambino delle indispensabili “garanzie di stabilità” presenti unicamente nella famiglia fondata sul matrimonio, riconosciuta anche dalla nostra Costituzione come nucleo fondamentale della società. Inoltre, questa anomala situazione, potrebbe danneggiare la formazione dell’identità individuale come ricorda la storia del leggendario cavaliere errante “Guerino il meschino” (o Guerin meschino) di Andrea da Barberino (1473) che affrontò innumerevoli pericoli per scoprire chi fossero i suoi genitori.

A questo punto sorge una domanda e si aprono tre tipologie di riflessioni.

La domanda: “Quale può essere l’interesse della società a regolamentare queste situazioni che sono in aperta contraddizione con la contrattualizzazione del rapporto di coppia e l’assunzione di responsabilità nei riguardi dei terzi?”

Le riflessioni.

1° Le motivazioni.

E’ quanto meno preoccupante che di fronte ad un figlio, si rifiuti ostinatamente la formalizzazione legale della vita coniugale. Nella maggioranza dei casi, ciò avviene per paura; non si vuole assumere “questa responsabilità” e la definitiva stabilità. Di conseguenza, ci chiediamo: “L’incapacità decisionale non può essere letta come ‘un’ipoteca’ sul futuro dei figli?”.

2° La salvaguardia della libertà di scelta della persona.

Le unioni di fatto, sono un esempio lampante, di richiesta di libertà e contemporaneamente di disimpegno nei riguardi dei doveri. Nel nostro Paese ognuno è libero di vivere con chi vuole ma i diritti possono essere garantiti unicamente a coloro che accettano anche i doveri di una determinata situazione. Ad esempio, la legge sui “Dico”, che alcuni anni fa il governo presieduto da R. Prodi ha tentato di approvare, elargiva diritti ma richiedeva pochi doveri, per la precisione due: la mutua assistenza durante la convivenza e, nel caso di separazione di una convivenza protrattasi oltre cinque anni, l’obbligo degli alimenti, per un periodo limitato, al partner in stato di bisogno.

3° “I diritti” dei due conviventi.

Serve osservare che quelli che sono definiti “diritti negati” (assistenza del partner in ospedale, visita in carcere, subentro nel contratto d’affitto, diritti di successione…), sono tutelati dagli anni 90’ del XX secolo e presenti nel nostro ordinamento mediante i “patti notarili” che potrebbero anche essere potenziati ma sempre nell’ambito di un rapporto privato. Quindi, di fronte ad una legislazione che già tutela questi individui, e soprattutto nei confronti di una “libera scelta” che si esprime nel rifiuto del matrimonio, sono incomprensibili ulteriori richieste, come pure il massimo impegno di alcuni nei confronti di una problematica che potrebbe domani legittimare ogni situazione anomala. Si ha l’impressione, che questa constante lotta alla famiglia tradizionale, abbia la finalità di indebolire, banalizzare e forse anche abolire il matrimonio, progetto pericoloso per il futuro dei singoli e della società.

Dunque, lo Stato, deve garantire ad ogni persona i diritti che gli spettano come singolo, ma deve riconoscere per il “bene comune” le leggi naturali scritte nella natura e nel creato.

 Le coppie di persone omosessuali e le adozioni

Una doverosa premessa.

Trattano tematiche riguardanti l’omosessualità è sempre doveroso richiamare il massimo rispetto che dobbiamo a queste persone come  ricordato da un documento del Magistero della Chiesa Cattolica. “Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali sono state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni” (Congregazione per la Dottrina della Fede,  Cura pastorale delle persone omosessuali, 1986, 10).

Accanto al rispetto, vogliamo chiaramente affermare il nostro fermo rifiuto nei confronti della legalizzazione delle unioni omosessuali come pure la possibilità di adottare dei figli.

L’eventuale riconoscimento giuridico delle coppie di persone omosessuali con la conseguente facoltà di adozione di bambini, è un’anomalia legislativa che ci preoccupa non solo a livello cristiano ma anche umano poichè, ancora una volta, è stravolta sia una costante dei nostri costumi, ma soprattutto la stessa natura umana. La diversità sessuale, uomo e donna, dimostra che nessuna persona possiede in sé “tutto l’umano”, presente, nella sua completezza, unicamente nell’unione maschile e femminile. Di conseguenza: “E doveroso opporsi in forma chiara e incisiva. Ci si deve astenere da qualsiasi tipo di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste e, per quanto è possibile, dalla cooperazione materiale sul piano applicativo. In questa materia ognuno può rivendicare il diritto all’obiezione di coscienza” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 2003, n. 7).

Alcuni si chiedono: “se un uomo e una donna possono unirsi di fatto e avere certi diritti (se per caso fosse approvata una legge a favore delle “coppie di fatto”), perché gli stessi diritti non dovrebbero spettare all’unione di due uomini o di due donne? Proibire ciò è discriminare gli individui in base alle loro tendenze sessuali”!

“No”, essendo diverso il discriminare dal proibire! E’ la stessa proibizione posta in essere, ad esempio, nei confronti della poligamia. Nessuno intende negare “diritti individuali” alle persone omosessuali, anzi se non ne godono di alcuni fondamentali è doveroso riconoscerli. Ma, unicamente, “diritti individuali” e non quelli derivanti dalla condizione matrimoniale poichè non ci troviamo di fronte alle situazioni che caratterizzarono le cosiddette “battaglie per i diritti civili” dal divorzio all’aborto, atti allora proibiti dalla legge.

I gruppi che oggi vorrebbero promuovere il riconoscimento delle unioni omosessuali sono quelli che negli anni 60’ del XX secolo decretarono la “fine del matrimonio” denigrando la famiglia come “struttura borghese” e osannando il “libero amore”. Oggi, questi, domandano con insistenza che “tutto” diventi “famiglia” e “matrimonio”.

Il riconoscimento delle unioni omosessuali avrebbe esiti devastanti per la società e per le future generazioni come l’ebbero il divorzio e l’aborto, poichè la ragione inespressa di questa richiesta è diffondere nel contesto societario ed educativo il concetto della “normalità” dei disordini nella sfera sessuale distruggendo definitivamente i pochi valori che ancora possediamo. Le campagne mediatiche e ideologiche delle varie lobby chiedono la “parificazione culturale di ogni tipo di unione affettiva”, elevando l’omosessualità a modello societario e di costume.

Da ultimo è opportuno riservare una riflessione sui danni antropologici e psicologici che rischiano nella crescita i figli di coppie omosessuali.

 

 Un recente studio “Più a rischio suicidio e malattie” di Mark Regnerusun, sociologo dell’Università del Texas, pubblicato sulla rivista “Social Science Reserach” che riporta i risultati di una ricerca sui figli delle coppie omosessuali, è allarmante.

Alcuni dati.

– Il 12% dei figli delle coppie omosessuali pensa al suicidio contro il 5% dei figli delle coppie eterosessuali;

– il 40% dei figli delle coppie omosessuali è più propenso al tradimento contro il 13% dei figli delle coppie eterosessuali;

– il 28% dei figli delle coppie omosessuali sono disoccupati contro l’ 8% dei figli delle coppie eterosessuali;

– il 19% dei figli delle coppie omosessuali ricorre alla psicoterapia contro l’ 8% dei figli delle coppie eterosessuali;

– il 40% dei figli delle coppie omosessuali contrae patologie trasmissibili sessualmente contro l’8% dei figli delle coppie eterosessuali;

Lo studio di Regnerus fu giudicato  “la ricerca scientifica più ampia e più dettagliata a livello internazionale”. Anche il “New York Times” presentò positivamente la ricerca in base alle valutazioni di 18 esperti e docenti universitari che l’hanno definita “attendibile” e “rigorosa”.

Precedenti:

-Famiglia (3 ottobre 2014)

-Famiglia e malattia (10 ottobre)

 

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