Perplessità riguardo alla cremazione

La scorsa settimana abbiamo evidenziato il valore e il significato del nostro corpo. Oggi fermiamo l’attenzione su un atto che suscita, almeno a me, varie perplessita: la cremazione del corpo del defunto. Illustreremo la posizione della Chiesa cattolica e alcune motivazioni che stanno alla base delle perplessità.

Il giudizio della Chiesa cattolica sulla prassi della cremazione, si è modificato nel XX secolo, modificandosi dalla proibizione a questa pratica ritenuta una espressione “antireligiosa”, come affermato nel Codex Iuris Canonici del 1917, alle aperture del 1963 con l’Istruzione del Santo Ufficio (8 maggio) che aboliva il divieto. Nel 1968, il decreto Ordo Exsequiarum, della Congregazione per il Culto Divino, autorizzò le esequie cristiane a chi optava per la cremazione, pur riconfermando il pregio della sepoltura dei corpi.
L’ argomento fu esaminato anche dal Codice di Diritto Canonico del 1983 raccomandando «vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti», tuttavia «non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» (can. 1176). Il Catechismo della Chiesa Cattolica approfondisce maggiormente l’atto. «I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità nella fede e nella speranza della risurrezione. La sepoltura dei morti è un’opera di misericordia corporale; rende onore ai figli di Dio, templi dello Spirito Santo. (…) La Chiesa permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi» (nn. 2300-2301).
Sulla tematica si espresse anche la Conferenza Episcopale Italiana, approvando nella 60° Assemblea Generale (9-12 novembre 2009) il Nuovo Rito delle Esequie (presentato nel marzo 2012 ed obbligatorio dal 2 novembre 2012) che prevede una liturgia specifica per chi opta per la cremazione. Ribadì, invece, contrarietà allo spargimento delle ceneri o alla conservazione delle urne in luoghi diversi dal cimitero, come autorizzato dalla legge 130/2001, non essendo questa prassi esente dall’indulgere a una privatizzazione intimistica dell’evento.

Dunque, la Chies,a non proibisce la cremazione, ma invita a seppellire i propri defunti! 

Quali motivazioni giustificano questa posizione? Le giustificazioni furono espresse nel Comunicato del 17 novembre 2009, emesso al termine dell’Assemblea Generale. «È noto che la sensibilità culturale prevalente, tende oggi a censurare la morte. Il vivace dibattito assembleare, invece, ha ribadito l’esigenza di annunciare la “buona notizia” della morte e risurrezione di Gesù Cristo, come primo servizio da rendere a una sensibilità assopita e dissimulatrice, che coinvolge in particolare le giovani generazioni in un processo di rimozione collettiva. D’altra parte, è stato notato che “nascondere la morte e dimenticare l’anima non rende più allegra la vita, in genere la rende solo più superficiale. Contribuire, da parte nostra, a mimetizzare la morte, affinché il suo pensiero non turbi, significherebbe favorire anche pastoralmente un approccio scandito per lo più dalla fretta e dal formalismo” (Prolusione, 5). Come è noto, la Chiesa, pur preferendo la sepoltura tradizionale, non riprova la pratica della cremazione, se non quando è voluta in disprezzo della fede, cioè, quando si intende con questo gesto postulare il nulla cui sarebbe ricondotto l’essere umano. La memoria dei defunti attraverso la preghiera liturgica e personale e la familiarità con il camposanto costituiranno la strada per contrastare, con un’appropriata catechesi, la prassi di disperdere le ceneri o di conservarle al di fuori del cimitero o di un luogo sacro. Ciò che sta a cuore ai Vescovi è che non si attenui nei fedeli l’attesa della risurrezione dei corpi, temendo invece che la dispersione delle ceneri affievolisca la memoria dei defunti, a cui siamo indelebilmente legati nella partecipazioneal destino comune dell’umanità».

Oggi, molti sono convinti che la cremazione non contraddica la dottrina cristiana della resurrezione dei corpi, dato che questa accelera il processo naturale di ossidazione; inoltre, non offusca il ricordo del defunto presente nel profondo del cuore, indipendentemente dal luogo della sepoltura o della collocazione delle ceneri. Personalmente ritengo che la quasi totalità delle disposizioni testamentarie crematorie non siano dettate da «ragioni contrarie alla dottrina cristiana», ma il rapido diffondersi di questa pratica fa sorgere il dubbio che la richiesta della cremazione sia la conseguenza della profonda scissione tra la fede e la vita, evidente in molti che pur definendosi cristiani, faticano ad accettare la risurrezione di Cristo, e di conseguenza, dubitano sul loro destino di uomini risorti. Anche la decisione responsabile della sepoltura o della cremazione, dovrebbe suscitare nel cristiano l’esigenza di valutare la propria fede nella prospettiva della risurrezione, memori delle parole di San Paolo che indica in questo evento il fondamento del cristianesimo: «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione, ed è vana anche la nostra fede» (Cor. 15.14).

Il Signore Gesù con la Sua risurrezione, l’avvenimento che celebriamo ogni anno a Pasqua, testimonia che la nostra esistenza, come la Sua, non si concluderà con la morte. Cristo, annuncia che ogni uomo è destinatario della “vita eterna”, che la morte è unicamente il transito dall’ “esistenza terrena”, breve, per alcuni brevissima, e frequentemente scalfita dalla sofferenza e dal dolore a quella “eterna”, contrassegnata dalla gioia e dalla beatitudine, poichè dopo il Venerdì Santo è predisposta per ognuno, come per Gesù, la Pasqua. Dunque, noi trascorriamo la prima parte dell’esistenza sulla terra per poi proseguirla partecipi della stessa vita di Dio, a secondo del “giudizio particolare” che riceveremo (cfr Gv. 5,29).

Fin qui, l’argomento di fede anche se è complesso, è sufficientemente accettabile; assume criticità ed osticità nel prosieguo, quando ci chiediamo: Come risusciteranno i morti?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica fornisce una “risposta” ed una “precisazione”.

La risposta: «Con la morte, separazione dell’anima dal corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la sua anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorioso. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della Risurrezione di Cristo» (n. 997).

La precisazione: «Il “come” supera la possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede» (n. 1000). Ovviamente, l’accoglienza di questa visione, è sempre e unicamente un dono di Dio che va invocato, come pure le convinzioni su queste realtà sono direttamente proporzionali alla qualità della fede individuale.

Per evidenziare e rispettare il simbolismo della risurrezione, «la Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti» (Codice di Diritto Canonico,  can. 1176) nel cimitero (il dormitorio) o campo santo (il luogo dei consacrati a Dio), depositando le salme nella terra nell’ attesa del giorno della risurrezione, imitando la sepoltura di Cristo il cui corpo fu inumato in un sepolcro. In base a ciò, ritengo che “la sepoltura” identifichi più chiaramente il cristiano rispetto alla cremazione, immedesimandolo al Signore Gesù e manifestando, anche visibilmente, la convinzione della risurrezione dei corpi.

E’ questa la riflessione che il cristiano dovrebbe intraprendere prima di affidare le volontà testamentarie; una valutazione che dovrebbe precedere le motivazioni economiche, igieniche ed urbanistiche.

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