DALLE “UNIONI CIVILI” AL “MATRIMONIO OMOSESSUALE” IL PASSO E’ BREVE (1)

DALLE “UNIONI CIVILI” AL “MATRIMONIO OMOSESSUALE” IL PASSO E’ BREVE (1)

Abbiamo seguito con attenzione offrendo molti spunti di riflessione l’approvazione del matrimonio omosessuale in Irlanda poiché siamo convilti che la stessa situazione, a breve, potrebbe verificarsi anche in Italia come conseguenza del “Disegno di Legge Cirinnà” se questo fosse approvato dal Parlamento. Per questo siamo invitati tutti, a secondo delle proprie competenze e abilità, ad utilizzare intelligenza e volontà per bloccarlo, essendo l’anticamera del matrimonio omosessuale con tutte le immaginabili conseguenze negative che porta con sé, tra cui anche l’adozione di figli.

In questa “Pillola di saggezza” vogliamo evidenziare non solo la negatività ma l’inutilità del Disegno di Legge proposto dalla senatrice del PD.

LA SITUAZIONE SOCIETARIA

Oggi, il matrimonio, è sostituito in vari casi dalla “convivenza”, sia come periodo di prova precedente il “sì” definitivo, sia come scelta prolungata nel tempo. Ma purtroppo I’ esperienza dimostra che alcune coppie, dopo un “periodo insieme”, si sfasciano appena regolarizzata la loro situazione con il matrimonio religioso o civile. Un rapporto Censis del gennaio 2014 evidenza che negli ultimi dieci anni le coppie coniugate con figli sono diminuite di 739mila unità (- 7,8%), mentre quelle conviventi con figli sono 274mila in più. Dunque, un bambino su quattro, nasce da coppie con legami non ufficiali anche se su undici coppie, dieci sono sposate e una è “di fatto”.

Anche se in Italia ci si può sposare in “brevissimo tempo” e con “poche spese” recandosi di fronte a un giudice o a un ufficiale civile, negli ultimi anni, come abbiamo notato dai dati citati, sono fortemente aumentate le persone conviventi privi di qualunque legame giuridico, convinti che I’ istituzione matrimoniale non aggiunga valore alla loro unione e, nel caso la relazione si concludesse, sarebbero minori i vincoli burocratici da sciogliere nonostante l’approvazione del “divorzio breve”.

A seguito di questo nuovo fenomeno societario, è sorta l’esigenza da parte di alcuni, di riconoscere questi nuclei con modalità giuridiche simili a quelle matrimoniali mediante quelli che possiamo definire “matrimoni di seconda classe” o “matrimoni deboli”. E’ questa la finalità del “Disegno di Legge Cirinnà” sulle unioni civili. Queste unioni, intendono sradicare dalla società italiana la famiglia composta da un uomo e da una donna e disgregare i legami affettivi e sociali presenti nel matrimonio tradizionale. Tutto ciò lascia dubbi anche sul futuro dei figli. Pur convinti che le “unioni di fatto” sappiano, in parte, offrire al figlio sia I’amore che un idoneo clima per la crescita, riteniamo negativo privare il bambino delle indispensabili “garanzie di stabilità” presenti unicamente nella famiglia fondata sul matrimonio.

A questo punto sorge una domanda e si aprono tre tipologie di riflessioni.

Quale può essere l’interesse della società a regolamentare queste situazioni che sono in aperta contraddizione con la contrattualizzazione del rapporto di coppia e l’assunzione di responsabilità nei riguardi dei terzi?”.

1. LE MOTIVAZIONI

E’ quanto meno preoccupante che di fronte ad un figlio, si rifiuti ostinatamente la formalizzazione legale della vita coniugale. Nella maggioranza dei casi, ciò avviene probabilmente “per paura”; non si vuole assumere “questa responsabilità” e la definitiva stabilità. Di conseguenza, ci chiediamo: l’incapacità decisionale non può essere letta come “un’ipoteca” sul futuro dei figli?

2. LA SALVAGUARDIA DELLA LIBERTA’ DI SCELTA DELLA PERSONA.

Le unioni di fatto, sono un esempio lampante, del fraintendimento della libertà e contemporaneamente di disimpegno nei riguardi della responsabilità.  E la persona, svincolata dalla sue responsabilità, resta fragile e disorientata, auto-centrata e priva di riferimenti.

Nel nostro Stato, ognuno è libero di “vivere con chi vuole”, e non potrebbe essere altrimenti, ma i diritti, compresa la riversibilità della pensione e la possibilità di adottare, devono essere garantiti unicamente a chi accetta anche “i doveri” di una determinata situazione. Ad esempio, il Disegno di Legge sui “Dico” (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi), che nel febbraio 2007 il governo presieduto da R. Prodi tentò di approvare elargiva diritti ma richiedeva pochi doveri, per la precisione due. La mutua assistenza durante la convivenza e, nel caso di separazione di una convivenza protrattasi oltre cinque anni, l’obbligo degli alimenti, per un periodo limitato, al partner in stato di bisogno.

3. I DIRITTI NEGATI

La terza riflessione riguarda quelli che sono definiti i “diritti negati” ai due conviventi, che a detta dei fautori del riconoscimento giuridico di queste unioni, oggi non esistono. Affermazione totalmente falsa, poiché i cosidetti “diritti negati”, sono tutelati dagli 80’ del ventesimo secolo e presenti nel nostro ordinamento mediante “scritture private” e “patti notarili” che potrebbero essere anche potenziati ma unicamente nell’ambito di un rapporto privato.

Esaminiamone alcuni:

Anagrafe: il regolamento anagrafico  del 30 maggio 1989 affermava che: “l’anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza”.

Assistenza sanitaria:
La legge n.91 del 1 aprile 1999 prescrive che i medici devono fornire: “informazioni sulle opportunità terapeutiche… al coniuge non separato o al convivente more uxorio”.
Inoltre, negli ultimi anni, a seguito delle normative sulla Privacy, nella cartella clinica è riportato colui che il paziente autorizza a colloquiare con i medici.

Visita ai detenuti: l’ordinamento penitenziario  prevede  colloqui e utilizzo telefonico al “convivente detenuto” seguendo le stesse condizioni stabilite per il coniuge (cfr.: legge 354 del 1975).

Permesso retribuito: la legge n.8 del 2000 “Disposizioni per il sostegno della maternità e paternità”, riconosce il permesso retribuito al lavoratore o alla lavoratrice, come pure di fronte alla documentata grave malattia del convivente.

Locazione: la Consulta, con la sentenza 404 del 1988, ha riconosciuto al convivente more uxorio il diritto di succedere nel contratto di locazione in caso di morte del partner, anche quando sono presenti eredi legittimi.

I figli: non esiste nessuna differenza sul “piano legislativo” tra genitori regolarmente sposati e conviventi. Ad esempio, la legge 6 del 2004, nell’elencare chi può esercitare il ruolo di “amministratore di sostegno” di una persona priva di autonomia, inserisce “la persona stabilmente convivente”, subito dopo il coniuge e prima del padre, della madre, dei figli, dei fratelli.

Accesso ai Consultori Familiari: è garantito per problemi psicologica e sociale anche ai componenti di una convivenza (Cfr.: legge 405 del 1975).

Nel lungo elenco di diritti già riconosciuti troviamo l’assegnazione degli alloggi popolari,  il risarcimento del danno patrimoniale, la protezione dei collaboratori  di giustizia e delle vittime di estorsione o usura.

Quindi, di fronte ad una legislazione che già tutela queste persone, e soprattutto nei confronti di una “libera scelta” che si esprime nel rifiuto del matrimonio, è incomprensibile il grande impegno profuso dalla senatrice Monica Cirinnà (nella foto) e dalla maggioranza che sostiene il Governo per il riconoscimento delle “unioni civili”, in un periodo in cui il Paese deve affrontare drammatici problemi anche vitali, come pure non possiamo scordare che l’approvazione di questo Decreto Legge, potrebbe domani legittimare ogni situazione anomala.

E’ inutile negarlo, è in corso una constante, agguerrita e ben programmata lotta alla “famiglia tradizionale” (l’approvazione del divorzio breve è un esempio) con la finalità di  banalizzare e indebolire il matrimonio, progetto pericoloso per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. Ammoniva il cardinale A. Bagnasco: “anche solo l’apertura apparentemente piccola di una fessura, può trasformarsi nell’inizio di una voragine”. Un significativo esempio è offerto dalla Svezia, il primo Paese europeo che riconobbe alcuni diritti nel 1987 alle “coppie di fatto”. Ebbene, oggi, in questa nazione, dove nascono oltre il 60% di bambini all’esterno del matrimonio, l’istituzione matrimoniale non ha più alcuna specificità giuridica ed è del tutto irrilevante da un punto di vista sociale.

Lo Stato deve garantire ad ogni persona i diritti che gli spettano come singolo, ma deve riconoscere per il “bene comune” le leggi scritte nella natura e nel creato. Ma, la senatrice Cirinnà, non sembra d’accordo!

(Nella prossima “Pillola di saggezza” sarà trattato il matrimonio omosessuale con adozione di figli)

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