DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO (DAT); ma sono utili?

Testamento biologico o “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento”

In questi giorni, nonostante i mastodontici problemi che affliggono la quotidianità dei cittadini italiani, i nostri deputati e senatori, sono impegnati attorniati dal massimo silenzio degli mezzi di comunicazione a stendere un testo sulle “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” da portare in Aula e magari essere approvato con la stessa metodologia utilizzata per le Unioni Civili, cioè a colpi di voti di fiducia.

Cosa sono le “Dichiazioni Anticipate di Trattamento”

Il “Testamento biologico” o “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento”, dicitura usata dal “Comitato Nazionale per la Bioetica” come titolo al Parere del 18 dicembre 2003, è “un documento con il quale una persona, dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui, nel corso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato” (premessa)

Collaborare con gli operatori sanitari anche nelle fasi terminali di una malattia, esprimendo forme di consenso libero e informato, sono requisiti che personalizzano il processo terapeutico e offrono superiore legittimità agli interventi terapeutici. Di conseguenza, le “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” (noi useremo questa dicitura), come documento che indica “generalmente” la volontà del paziente è positivo, ma, per varie motivazioni non può essere “vincolante”.

 Osservazioni

1.La medicina progredisce velocemente; di conseguenza, alcune patologie oggi inguaribili o croniche, domani potrebbero essere adeguatamente accudite o curate. Ma le “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” non sono in condizione di tenere presente queste probabilità.

2.L’esperienza di alcuni malati mostra la “diversità di prospettiva” nel sottoscrivere le “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” in un determinato periodo della vita, solitamente in situazione di buona salute e l’atteggiamento di fronte ad una patologia grave o invalidante, quando la scelta potrebbe non più corrispondere al pensiero precedente. Ciò mostra “l’impossibilità” di “pronosticare da sani” la volontà psico-emotiva della persona quando dovrà lottare contro una malattia mortale. Il caso che riportiamo presenta “la contraddizione” tra quanto firmato e quanto richiesto dal morente. “Il signor Smith era un cardiopatico; giunto in ospedale per dolori al petto gli fu diagnosticato un infarto. Su richiesta del medico di turno, il paziente mostrò una copia del proprio testamento biologico, era un codice DNR (Do Not Resuscitate), un soggetto da non rianimare. Alle quattro del mattino il signor Smith si lamentò del dolore sempre più forte, sudava e suonò il campanello. Un cardiologo accorgendosi dal monitor che il paziente era in arresto cardiaco, si precipitò nella stanza per tentare di defibrillarlo, ma fu fermato dall’infermiera poiché si trattava di un codice DNR. Alla fine il paziente fu dichiarato morto”[1].

3.Le “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” non possono “vincolare” il medico, impedendogli di agire “secondo scienza e coscienza” o di compiere ciò che reputa opportuno nell’interesse del suo malato, o imporgli di adottare trattamenti differenziati fra pazienti. Alcuni vorrebbero che il modello di rapporto medico-paziente alla base di questo Documento fosse quello “contrattualistico”, ma la competenza tra i due sarà sempre “asimmetrica”.

4.L’introduzione di “formule ambigue” di “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” attenuerebbe in parte la propensione alla solidarietà, proponendo percorsi meno gravosi per i bilanci economici e di minore impegno personale.

5.Alcuni rivendicano la sottoscrizione delle “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” temendo “l’accanimento terapeutico”, cioè il tentativo di bloccare artificialmente un esito finale naturale, prolungando il processo biologico e l’agonia, negando una morte dignitosa. La “Dottrina Cattolica”, il “Codice di Deontologia Medica” (cfr.: articolo n. 14), la “Convenzione di Oviedo” (Convenzione per la protezione dei diritti umani e della dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina: convenzione sui diritti umani e biomedicina – Consiglio d’Europa, 4 aprile 1997), rifiutano l’accanimento terapeutico.

Diversità tra “terapia”, “trattamenti straordinari” e “cura”.

Non sono sinonimi!

– La “terapia” è il complesso di interventi medici e farmacologici che producono la guarigione, il miglioramento o la stabilizzazione del malato.

– Il “trattamento straordinario” è l’applicazione di terapie sproporzionate di fronte a situazioni terminali incurabili.

– La “cura” è l’insieme di provvedimenti atti a custodire le condizioni psicofisiche del paziente nella situazione migliore fino alla morte. Potremmo definire la “cura” il “farsi carico globalmente del paziente”, riportato all’articolo 37 del “Codice di Deontologia Medica”. “In caso di malattie pervenute alla fase terminale o di prognosi sicuramente infauste,  il medico deve limitare la sua opera all’assistenza morale o alla terapia atta a risparmiare inutili sofferenze, fornendo al malato trattamenti appropriati a tutelare, per quanto possibile, la qualità di vita”. Nella “cura” rientrano “la nutrizione e l’idratazione medicalmente assistite”.

Mentre le “terapie” e i “trattamenti straordinari” vanno sospesi, la “cura” no, poiché il paziente morirebbe, non a causa della malattia che lo affligge, ma per la sottrazione dei mezzi di “ordinaria sussistenza”. Da notare, inoltre, che l’interruzione, particolarmente dell’idratazione, provocherebbe al paziente sofferenze atroci che potrebbero continuare per giorni, non essendo la morte immediata. Sono “cura” anche l’igiene e la detersione delle piaghe.

Dunque, “no” all’“accanimento terapeutico” e “no” all’“abbandono terapeutico”!

Conclusione

Le “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” sono “eticamente accettabili” quando rassicurano la persona che non sarà oggetto di accanimento terapeutico o di cure sproporzionate. Mostrano “ambiguità” quando il soggetto può totalmente e privo di vincoli programmare il suo futuro. Sono “inaccettabili”, quando apertamente o occultamente, fossero sfruttate come strumenti pre-eutanasistici.

Nel nostro Paese si discute infuocatamente da anni, ma l’unico risultato fu l’approvazione da parte del Senato di un “Disegno di legge” dal titolo “Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento” (26 marzo 2009) che fu votato anche dalla Camera dei Deputati l’11 luglio 2011 (278 favorevoli, 205 contrari e 7 astenuti). Il “Disegno di legge” per delle modifiche apportate dalla Camera doveva essere rivotato dal Senato, ma la caotica situazione politica e il termine della legislatura lo fece decadere. Il testo era composto da otto articoli; il terzo che riportiamo era il principale, condiviso anche da noi.

Articolo 3: Le DAT

Nelle “Dichiarazioni Anticipate di Trattamento” (DAT) il dichiarante: “esprime orientamenti e informazioni utili per il medico, circa l’attivazione di trattamenti terapeutici purché in conformità a quanto prescritto dalla presente legge”. Comunque, alimentazione e idratazione “devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento”.

 

[1] R. Puccetti, Se il testamento biologico apre alla cattiva pratica medica, in Newsletter di Scienza & Vita, 2009, n. 18.

Comments are closed.