Archivio Famiglia

Aggiornamento ore 16.00: La Camera conferma la fiducia al governo sul ddl sulle unioni civili con 369 voti a favore, 193 contrari e 2 astenuti. «Oggi è un giorno di festa per tanti», ha scritto in un post su Facebook il premier Matteo Renzi sottolineando come la fiducia sia stata messa proprio per evitare altri ritardi. Stessa linea dal ministro della Giustizia Andrea Orlando che spiega che “sono diritti attesi da tempo”. E replica così alla presa di posizione di ieri del segretario della Cei che ha criticato la scelta del governo di chiedere la fiducia sulle Unioni civili che dovrebbe essere votata oggi pomeriggio. “Ho rispetto per la Cei – è stata la replica di Orlando – ma ritengo quella scelta necessaria e anche un po’ tardiva rispetto a ciò che si è sviluppato nel tempo nella società e a diritti che da troppo tempo chiedono un riconoscimento, e da ministro della Giustizia aggiungo che da anni la Corte di Strasburgo ci segnala che categorie di cittadini non hanno un riconoscimento per legge dei propri diritti”. 

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 Potrebbe sembrare il gioco delle parti: il governo annuncia la richiesta del voto di fiducia sulla legge che introduce le unioni civili (iniziativa peraltro già prevista da un pezzo); le opposizioni insorgono, e fanno un po’ di cinema; qualche componente della maggioranza prende le distanze ma per senso di responsabilità resta dov’è; oggi infine – 11 maggio – si vota e la Cirinnà (salvo miracoli in extremis) diventa legge. A corredo ovviamente non manca la dichiarazione critica di monsignor Nunzio Galantino, segretario della CEI, secondo cui il governo «avrà pure le sue ragioni ma il voto di fiducia, non solo per questo governo ma anche per quelli passati, spesso rappresenta una sconfitta per tutti». Poi aggiunge che «c’è la necessità di politiche che siano più attente, e che davvero mettano al centro l’importanza della famiglia, fatta di madre, padre, figli».

Con oggi dunque, e calcolando qualche inevitabile strascico polemico, si potrebbe pensare che si chiuda finalmente la questione “unioni civili” – mesi di battaglie parlamentari e di mobilitazione delle piazze – destinate a essere digerite dalla società come è stato prima per divorzio, aborto e fecondazione artificiale.

Ma ci sono segnali che ci dicono che la cosa non sarà proprio così pacifica. Intanto anche nella maggioranza ci sono sussulti di coscienza: qualche parlamentare cattolico annuncia il proprio “no” alla fiducia (è il caso di Gianluigi Gigli e Mario Sberna) e almeno un paio di nomi eccellenti potrebbero abbandonare il Nuovo Centro Destra; il Comitato Difendiamo i nostri figli non smobilita e rilancia, intenzionato a presentare il conto a Renzi il prossimo ottobre nel referendum costituzionale; ci sono poi voci attendibili che parlano di un possibile referendum abrogativo se non di tutta la Cirinnà almeno di una parte (il che assicura che il dibattito resterà aperto per molti mesi ancora); infine, la questione unioni civili è destinata a infiammare il dibattito politico in vista delle elezioni amministrative. Non senza un motivo, visto che saranno i sindaci – o chi per loro – a dover “celebrare” le unioni gay.

E infatti già ieri sono state subito scintille per Roma. Durante un forum all’agenzia Ansa, il candidato di centro-destra Alfio Marchini, a proposito di unioni gay ha affermato di non avere nulla «contro il riconoscimento dei diritti civili, ma non è compito del sindaco fare queste cose per cui non celebrerò unioni gay se dovessi vincere le elezioni». Scontate le reazioni da sinistra e il tandem femminile Maria Elena Boschi – Monica Cirinnà ha subito ricordato che «i sindaci devono rispettare le leggi dello Stato», minacciando «conseguenze civili e penali». Strano, deve essere una usanza nuova visto che a nessuna di loro è venuto in mente di fare le stesse affermazioni quando a violare ripetutamente e ostinatamente la legge che impediva le unioni civili era il sindaco del Pd Ignazio Marino. Ma si sa, la moralità della sinistra è flessibile (…).

Riccardo Cascioli

La Nuova Bussola Quotidiana, 11-05-2016