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Propensione al consumo e propensione al risparmio. Sono due termini economici che gli studenti degli Itc (Istituto tecnico commerciale, la scuola superiore da cui si esce ragionieri) conoscono bene. Sono descritti nei loro manuali di economia e indicano rispettivamente la percentuale del proprio reddito che si è disposti a consumare e a risparmiare. La propensione media si ricava prendendo in considerazione un periodo dato. E’ un’entità che dipende da una serie di fattori, primo dei quali, ovviamente, il reddito disponibile. Ma anche il fattore psicologico ha la sua parte: se uno è avaro cerca di consumare poco, se è prodigo fa il contrario.

Per gli economisti, però, la «propensione» più importante è quella detta «marginale» e riguarda l’incremento del reddito. Cioè: se mi aumentano le entrate di, poniamo, cento euro, quanti di questi cento sarò disposto a spendere o risparmiare? Misurare il più precisamente possibile la propensione marginale di un popolo è importantissimo, perché permette di impostare le politiche economiche e fiscali. Per esempio, conosciuta la propensione marginale degli italiani, aumentando i salari di 80 euro lo Stato sa quanta parte ne spenderanno, così che tutta l’economia nazionale ne benefici. Infatti, se di quegli 80 spendo 20 per rifornirmi di calzini (che senza quegli 80 in più non avrei comprato), i 20 finiscono al negoziante, il quale paga i fornitori e i commessi. I quali a loro volta spenderanno in altri negozi. Anzi, se siamo in tanti a rinnovare i calzini, il calzettaio acquisterà ulteriori stock, in un crescendo virtuoso che aumenta la ricchezza in circolazione. Certo, se lo Stato si riprende subito quegli 80 euro in tasse per ripianare il suo deficit le cose cambiano.

Ma non è una lezione  di economia che qui intendiamo dare, perciò torniamo alla nostra propensione. Le due propensioni, al consumo e al risparmio, crescono, ovviamente, al crescere del reddito disponibile. Un ricchissimo nababbo, contrariamente a quel che di primo acchito si può pensare, ha una propensione al risparmio molto alta per il semplice motivo che, anche se dissoluto o pazzo, non può spendere tutto il suo reddito: quando ha uno yacht, una villa con piscina, uno stuolo di amanti in genere si ferma perché non sa più cos’altro comprarsi. Diversamente stanno le cose per il povero, costretto a spendere tutto quel poco che ha in tasca, appena bastante a sopravvivere. Così, più povero sei, più alta è la tua propensione al consumo e più bassa quella al risparmio. Un clochard ha una pmc (propensione marginale al consumo) pari al 100% e una pmr dello 0%.

Ma non c’è bisogno di essere barboni  per avere un’alta pmc. Basta non avere prole. Mia suocera, buonanima, quando vedeva la figlia che si rammaricava per un bicchiere rotto del servizio buono diceva: «Consumala, la roba, ché non hai a chi lasciarla». Infatti, io e mia moglie non abbiamo figli. Ebbene, l’Unione Nazionale Consumatori ha pubblicato  un desolante studio di fine anno, dal quale si evince quanto segue: dal 2008 (inizio della crisi economica) a oggi i  consumi delle famiglie italiane sono crollati. E chi è crollato di più? Le famiglie con 3 o più figli: 11,63% in meno. Seguono quelle con 2 figli: 7,93%. Seguite a loro volta da quelle con 1 figlio: 6,45%. Insomma, aver prole è un lusso che l’italiano medio non può più permettersi. Si badi che le famiglie prese in considerazione dall’indagine sono quelle correnti, cioè provviste di due salari. Meglio, allora, per non cadere nella povertà o per non sentirsi stringere il cuore quando il bimbo ti chiede la playstation come quella del compagno di banco, seguire il consiglio di Lorenzo il Magnifico e vivere alla giornata. Anticoncezionali e condom costano molto meno, e anche l’aborto lo passa la mutua. Una volta eravamo proletari, ora non siamo più nemmeno questo.

Certo, uno stile di vita improntato alla massimizzazione della pmc è l’ideale per l’impero di Mammona, perché in economia è meglio un uovo oggi che la gallina domani. Ma se l’usuraio guarda solo all’oggi, lo Stato, cioè la politica, dovrebbe pensare al domani: per questo esiste. Invece, ecco una politica che fa il contrario: scoraggia la formazione di famiglie per ingrassare anonime entità internazionali che promuovono stili di vita ad alta pmc per avidità algoritmica. Mah, forse dovremmo prendere esempio dagli zingari: fare figli per loro non è un problema, né di numero né di qualità. Vi sembra che i loro bambini siano repressi o complessati perché non hanno la playstation e il diario griffato? Avere figli è un lusso solo per gli odierni  pagani. Noi cattolici dovremmo scrollarci di dosso il clima culturale edonistico nel quale siamo costretti a vivere e riprendere l’insegnamento dei nostri padri: i figli sono una benedizione di Dio. Con questo corollario: più siamo e meglio è.

Rino Camilleri

La Nuova Bussola Quotidiana, 5 gennaio 2015

 

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