“Una culla per Amanda, così Paolo VI salvò nostra figlia”

By 27 Marzo 2018Notizie Chiesa

La mamma di Amanda racconta il miracolo della figlia per intercessione del futuro San Paolo VI. Tutto ha inizio con una culla e un esame invasivo che causa la rottura della membrana. Poi le cure inutili e la tentazione dell’aborto: per la piccola non c’era speranza. Finché Vanna e Alberto non si presentano in ginocchio sotto la statua di Montini, di cui non avevano mai sentito parlare… “Questa è la nostra storia di salvezza e conversione, in cui tutte le pedine sono state mosse da fili invisibili”.

Si chiama Amanda, che in latino significa “da amare”. Così, con quel gerundivo che nella grammatica latina indica un dovere di necessità. Amanda infatti non doveva essere amata secondo una mentalità comune che ormai ha espulso i più piccoli tra i piccoli come ostacoli alla realizzazione dei nuovi diritti. Invece per qualcuno in Cielo e per i suoi genitori, Vanna e Alberto, amare Amanda è diventato un dovere morale, contro tutto e contro tutti: la scienza, le convenienze, le paure.
Oggi Amanda è una bambina di tre anni sanissima e non sa ancora che la sua vita è il riflesso di un miracolo che la Chiesa ha accertato con l’autorevolezza di un riconoscimento del Papa. Perché a farla vivere qui sulla terra, dal Cielo ci ha pensato l’intercessione di un futuro Santo: il beato Paolo VI Papa.
E’ a lui, ancora semplice candidato agli altari che Vanna e Alberto da Villa Bartolomea in provincia di Verona, si rivolgono nel 2014 quando la piccola nel grembo della mamma non aveva ormai più nessuna speranza di vita. Alla 13esima settimana a Vanna si erano rotte le membrane che avvolgevano il liquido amniotico e la sua sopravvivenza era ormai nient’altro che una pia illusione. Invece…
Invece oggi Amanda vive, è sana come un pesce e nelle fotografie soffia le candeline della torta di mamma. E’ il suo caso che la Congregazione per le Cause dei Santi ha studiato per affermare di fronte all’orbe cattolica che Papa Paolo VI, il papa che chiuse il Concilio Vaticano II, il Papa della contestata enciclica Humanae Vitae, è santo. Scherzi del destino? A condurre Giovanni Battista Montini sugli altari sarà un miracolo legato ad una vita che non doveva nascere, una vita che riscatta le tante esistenze che oggi vengono buttate via con l’aborto volontario e impedite con la contraccezione. Proprio lui che con Humanae Vitae affermò la sacralità della vita fin dal concepimento.
Il telefono di casa Tagliaferro è rovente. Papa Francesco ha firmato il giorno prima il decreto sul miracolo nel quale si afferma solennemente e con il linguaggio aulico delle grandi occasioni che la nascita di Amanda constat de supernaturalitate (“risulta un fatto soprannaturale”): “E’ la quarta richiesta di intervista di un giornalista – dice Vanna mentre rimescola il ragù di giornata, a rischio continuo di bruciatura -. Non posso fare altro che raccontare la mia storia”. Ecco la sua storia, che la mamma racconta alla Nuova BQ non senza nascondere il dolore, i dubbi e le speranze di quei giorni in cui il Cielo si avvicinò così tanto alla terra fino al punto da far proseguire alla 26esima settimana una gravidanza destinata ad interruzione certa.
Vanna, avete mantenuto fede alla promessa di non raccontare quello che è successo fino a che la Chiesa non si assumeva il compito di accertare il miracolo. Quel momento è finalmente arrivato.
Sì, siamo emozionati e grati. E’ indescrivibile e troppo grande per noi.

Come si è venuti a conoscenza della storia di Amanda?
Grazie al quotidiano l’Arena di Verona. Dopo la sua nascita presi carta e penna su suggerimento di un’amica che mi consigliava di raccontare la nostra storia. Scrissi una lettera al compimento del suo primo anno di età per ringraziare Paolo VI per l’intercessione…

Così?
Sì. Proprio così. Il giornale la pubblicò e pochi giorni dopo ricevemmo una telefonata dalla curia di Verona. Volevano avere informazioni, capire che cosa fosse successo. Da quel giorno è stato tutto veloce: si è aperta l’indagine diocesana e poi la causa vera e propria istituita dal vescovo. Alla fine, le risultanze sono state mandate alla Congregazione.
La storia ora ha fatto il giro del mondo: la rottura delle membrane, la diagnosi infausta di morte certa, nonostante sul vostro cammino abbiate incontrato medici disposti a utilizzare tutte le tecniche oggi a disposizione. E poi il prosieguo della gravidanza fino al parto. Ma questa storia quando inizia?
Inizia con l’acquisto di una culla usata.

Una culla?
Una culla. Avevo risposto ad un annuncio per l’acquisto di una culla usata, la mia seconda gravidanza era appena iniziata. Una volta accordatami con la proprietaria andai a casa sua, concludemmo l’“affare” e caricai la culla in auto. Vidi che era completamente nuova e le chiesi il motivo.

E lei?
Mi rispose che la sua bimba non ci dormì mai. Ingenuamente, pensai a quei casi in cui i neonati non ne vogliono sapere di dormire da soli e restano nel letto dei genitori. Ma la sua risposta mi gelò il sangue.

Perché?
Perché mi disse che la sua bimba morì pochi mesi dopo la nascita. Aveva la Trisomia del 13. Mi mostrò le foto e rimasi molto colpita. Quella notizia mi spaventò.

Tornò a casa?
Mi interrogai molto e rimasi sconvolta, iniziai a pensare che io non sarei mai riuscita a portare avanti una gravidanza in quelle condizioni e la paura che la mia bimba non fosse sana mi fece prendere la decisione drastica di effettuare dopo pochi giorni un’indagine prenatale invasiva. Ma la villocentesi andò male.

Le diagnosticarono una malformazione?
No. Dopo due giorni ebbi la rottura delle membrane con perdita di liquido amniotico.
Ritiene che sia stata causata dalla villocentesi?
Sì. Entrai in uno stato di grande prostrazione. Tutto sembrava avere fine, ma non potevo intuire che invece tutto stava per iniziare.

Che cosa fece?
Mi fecero cure antibiotiche, girai da un ospedale all’altro, ma la membrana difficilmente si rimargina e quando accade è solo per un 10%. All’ospedale di Borgo Roma non mi diedero nessuna speranza sulla sopravvivenza di Amanda. Mi indicarono la soluzione dell’aborto “terapeutico” specificando che non ci sarebbero stati problemi perché comunque il suo cuore ad un certo punto avrebbe smesso di battere. Ma così non è stato: il suo cuore pulsava.

Esistono però delle tecniche innovative per iniettare liquido amniotico…
Infatti dal Gemelli di Roma andai a Monza all’ospedale san Gerardo dove il primario, la professoressa Patrizia Vergani mi praticò cicli di amnioinfusioni con soluzione fisiologica. Mi venne spiegato che si tratta di tecniche che non salvano il feto ma possono dare la possibilità di continuare a svilupparsi. Ma al secondo trattamento la dottoressa depose le armi dicendomi: “Sarà un disegno divino”

A quel punto la strada terapeutica era senza uscita.
Pensai seriamente ad una interruzione di gravidanza. Ma non sapevo che cosa fare. Ero combattuta, lacerata. Un giorno pensavo di andare ad abortire, il giorno dopo rinunciavo. Sono andata avanti in questo stato di incertezza e prostrazione per giorni fino a quando non entrai nella 23esima settimana.

Il termine legale per l’aborto.
Esatto. Ma qui accade una cosa incredibile.

Che cosa?
Improvvisamente mi sentii serena, impotente, ma serena. Continuavo a ripetere ad Amanda: adesso il tuo destino non dipende più da me, non potevo più scegliere niente per lei. In questo stato di abbandono scoprimmo la preghiera che è stata il conforto decisivo di tutta la restante parte della gravidanza.

E qui entra in campo Papa Montini.
Non sapevo neanche lontanamente chi fosse. Ma ci stava già aspettando.

Dove?
Al santuario delle Grazie di Brescia dove io e Alberto ci recammo in pellegrinaggio senza neppure sapere il perché, senza capire il bisogno di chiedere una grazia.

Se non lo conoscevate come avete fatto a scoprirlo?
Sono infermiera a Legnago, un mio collega medico ginecologo, il dottor Paolo Martinelli mi disse: “Perché non andate a pregare nel santuario di Paolo VI? E’ stato proclamato beato per un miracolo su un bambino non ancora nato”.

E voi andaste?
Era il 29 ottobre 2014 e non sapevamo neanche che si potesse chiedere una grazia. Non sapevo neanche che faccia avesse Paolo VI, non feci neppure una ricerca su internet. Quando mi ritrovai davanti alla sua statua di bronzo rimasi stupita: “Sei tu allora quello di cui ci hanno parlato?”.

Che cosa faceste?
Ci inginocchiammo in lacrime e poco distante su un banco del santuario trovammo un santino con la sua immagine e sul retro una preghiera di intercessione. La recitammo e quando arrivammo allo spazio lasciato vuoto per inserire il nome della persona per cui chiedere la grazia, pregammo per lei, per Amanda.

Lo sa che cosa significa Amanda?
L’ho saputo dopo. Il nome era stato scelto leggendo uno di quei libri che si vendono per le mamme in dolce attesa con l’elenco dei nomi. Ci sembrava un nome originale, ma solo molti mesi dopo seppi del suo significato latino: persona da amare. Ma la cosa più sorprendente è un’altra.

Quale?
Il suo onomastico è il 6 febbraio, nella memoria di Sant’Amando, vescovo di Strasburgo.

Ebbene?
E’ il giorno del mio compleanno! Quel nome caratterizzò le chiacchierate e gli sfoghi tra me e io marito. Finché Alberto non disse: “Vanna, se non molla lei, non possiamo mollare noi”.

E da lì avete cominciato ad amarla davvero consapevolmente?
Sì. Anche se è qualcosa che non si può spiegare mentre lo si vive. Quando pensavo di abortire ricordo che mi sfogavo con una dottoressa di Borgo Roma. Ero tormentata: “Ma io non voglio abortire, il solo pensiero mi atterrisce”, le dicevo.

E lei?
Lei rimase impassibile: “Non ce la fai perché sei una mamma”.

Quando arriva il lieto fine?
Alla 26esima settimana, all’alba del Natale 2014, alle 6 di mattina. Pesava poco più di 800 grammi, ma non presentava nessun tipo di complicanza. Per prematuranze così gravi i problemi sono molteplici: polmoni, cuore, occhi, sviluppo neurologico: Amanda non aveva niente. Niente.

Il resto è storia ornai nota. Chi è oggi Paolo VI?
E’ la presenza costante e quotidiana nella nostra casa. Lo preghiamo tutte le sere e tutti i giorni gli rivolgiamo un pensiero.

La Chiesa lo ha accertato, ma lei riesce a chiamarlo miracolo?
Sì. E’ una storia strana nella quale tutte le pedine sono state mosse da fili invisibili che non ci appartengono.

Che cosa racconterà ad Amanda?
Tutto, anche del mio grave senso di colpa per aver fatto la villocentesi e ogni volta aggiungerò un pezzetto: potremo dirle che è stata amata, che dovevamo amarla, ma prima di tutto è stata amata in Cielo. Nel corso di queste interviste mi chiedono che cosa mi aspetto dalla sua vita.

Nel senso di come se la immagina da grande?
Sì, ma io non mi aspetto niente. Il fatto che sia viva è il più grande regalo che potessimo farle, non importa se vivrà nell’anonimato qua, perché siamo certi che in Cielo non è affatto anonima.

Come ha vissuto questa esperienza il vostro figlio più grande, Riccardo che oggi ha sei anni?
La sua mamma gli è mancata tanto, ma oggi capisce, sa tutto quello che la sua età gli consente di comprendere. E’ felice e consapevole di qualche cosa di straordinario.

Lo sa che Gesù in realtà faceva i miracoli per suscitare la fede?
E quanta ne abbiamo sperimentata noi! La mia, la nostra fede è cambiata radicalmente, è avvenuto un miracolo nel miracolo sapendo che il primo miracolo è la conversione.

Andrea Zambrano
La Nuova Bussola Quotidiana, 9 marzo 2018