19 MARZO 2023

Prossimo aggiornamento: Domenica 26 marzo 2023

SESTO ANNO –

Editoriale 

QUARESIMA 2023: Un cammino verso la santità (4) – Il giudizio finale

 La grande regola di comportamento

Il Papa dopo averci parlato delle Beatitudini come percorso di santità le congiunge con il Giudizio Universale, cioè “il protocollo” con cui saremo giudicati al termine della vita. «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi» (Mt. 25,35-36).

Per fedeltà al Maestro

La Lettera Apostolica per concretizzare il Giudizio Finale prende come riferimento “il povero”, qualunque situazione stia vivendo, di fronte al quale ci possiamo porre con due atteggiamenti. «Quando incontro una persona che dorme alle intemperie, in una notte fredda, posso sentire che questo fagotto è un imprevisto che mi intralcia, un delinquente ozioso, un ostacolo sul mio cammino, un pungiglione molesto per la mia coscienza, un problema che devono risolvere i politici, e forse anche un’immondizia che sporca lo spazio pubblico. Oppure posso reagire a partire dalla fede e dalla carità e riconoscere in lui un essere umano con la mia stessa dignità, una creatura infinitamente amata dal Padre, un’immagine di Dio, un fratello redento da Cristo» (98). Unicamente facendo nostro il secondo atteggiamento «si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi» (97). Da qui un puntuale e accurato invito del Papa: «davanti alla forza di queste richieste di Gesù è mio dovere pregare i cristiani di accettarle e di accoglierle con sincera apertura, “sine glossa”, vale a dire senza commenti, senza elucubrazioni e scuse che tolgano ad esse forza. Il Signore ci ha lasciato ben chiaro che la santità non si può capire né vivere prescindendo da queste sue esigenze, perché la misericordia è il “cuore pulsante del Vangelo”» (97).

Le ideologie che mutilano il cuore del Vangelo

Purtroppo, afferma il Papa, «le ideologie ci portano a due errori nocivi». Il primo: «separare queste esigenze del Vangelo dalla propria relazione personale con il Signore, dall’unione interiore con Lui, dalla grazia. Così si trasforma il cristianesimo in una sorta di ONG, privandolo di quella luminosa spiritualità che così bene hanno vissuto e manifestato san Francesco d’Assisi, san Vincenzo de Paoli, santa Teresa di Calcutta e molti altri» (100). Il secondo: l’errore da diffidare è considerare l’impegno sociale degli altri «qualcosa di superficiale, mondano, secolarizzato, immanentista, comunista, populista» (101). Segue poi una precisazione: «la difesa dell’innocente che non è nato, per esempio, deve essere chiara, ferma e appassionata, perché lì è in gioco la dignità della vita umana, sempre sacra, e lo esige l’amore per ogni persona al di là del suo sviluppo. Ma ugualmente sacra è la vita dei poveri che sono già nati, che si dibattono nella miseria, nell’abbandono, nell’esclusione, nella tratta di persone, nell’eutanasia nascosta dei malati e degli anziani privati di cura, nelle nuove forme di schiavitù, e in ogni forma di scarto» (101). Poi, in linea con una priorità che sta contraddistinguendo il suo pontificato, papa Francesco rivolge l’attenzione verso l’immigrazione ribadendo l’errore di coloro che lo ritengono un tema secondario anche a livello bioetico. «Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli» (102). E, ben conscio delle critiche di cui è oggetto, riferendosi ad alcuni brani dell’Antico Testamento e al Signore Gesù che chiede di accogliere Lui stesso in ogni forestiero, chiaramente ribadisce che «non si tratta dell’invenzione di un Papa o di un delirio passeggero» ma di un chiaro indizio di santità. Anche noi, nel contesto attuale, prosegue il Papa, siamo chiamati a vivere il cammino di illuminazione spirituale «che ci presentava il profeta Isaia quando si domandava che cosa è gradito a Dio: “Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i tuoi parenti? Allora la tua luce sorgerà come l’aurora” (58,7-8)”» (103).

Il culto che Lui più gradisce

Al termine del capitolo, il Papa richiama nuovamente, quasi per rafforzare il suo pensiero, alcuni concetti già trattati precedentemente ponendosi la domanda: «potremmo pensare che diamo gloria a Dio solo con il culto e la preghiera, o unicamente osservando alcune norme etiche ma dimentichiamo che il criterio per valutare la nostra vita è anzitutto ciò che abbiamo fatto agli altri?» (104). Ebbene «chi desidera veramente dare gloria a Dio con la propria vita è chiamato a tormentarsi, spendersi e stancarsi cercando di vivere le opere di misericordia» (107).

Don Gian Maria Comollli

(quarta continua)

IL TESTO DELLA LETTERA APOSTOLICA

PRIMA PARTE – In cammino verso la santità

SECONDA PARTE – Due sottili nemici della santità

TERZA PARTE – Un cammino verso la santità: le beatitudini

Editoriali

19 marzo – San Giuseppe: il prototipo dell’uomo di fede

“Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, poiché quel che è generato in Lei viene dallo Spirito Santo”.  In queste parole è racchiuso tutto il «mistero» di Giuseppe ed è interamente manifestata la «missione» della sua persona. Egli viene introdotto da queste parole nel Mistero della nostra redenzione, ed è introdotto non direttamente ed immediatamente, ma attraverso Maria, attraverso il vincolo coniugale che lo univa alla Madonna. Di questo mistero divino Giuseppe è insieme con Maria il primo depositario.

Ma quale è stata la via attraverso la quale Giuseppe è entrato nel mistero?

La via è stata la fede: ciò che Maria disse e fece, ciò che Giuseppe senza nulla dire fece, è la purissima obbedienza della fede. Egli si è totalmente e liberamente abbandonato a Dio che gli parlava attraverso l’angelo e “fece come gli aveva ordinato”.

“Eredi si diventa per fede” ricorda l’apostolo Paolo. Di conseguenza, l’esperienza di Giuseppe è paradigmatica esemplare per ogni uomo. Essa rivela una verità fondamentale per comprendere la persona umana e la sua vocazione. “Eredi”, cioè destinati alla salvezza che il Padre offre in Cristo, lo si diventa per la fede. E’ l’abbandonarsi  liberamente e totalmente a prestandogli il pieno ossequio della nostra intelligenza e della nostra volontà.
Ricordava Santa Teresa Benedetta della Croce: «Chi si abbandona totalmente nelle mani del Signore può essere certo di essere guidato. Tutto quello che si consegna a Lui non va perso, anzi viene custodito, ampliato, innalzato e giudicato in modo giusto. È questo che deve avvenire: l’abbandono totale nelle mani di Dio, senza alcuna sicurezza umana».

 

 

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#Ogni essere umano è sacro e inviolabile. Affinché una società abbia futuro, è necessario che abbia maturato un sentito rispetto verso la dignità di ogni persona, in qualunque condizione si trovi# (21 marzo 2023)

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Pillola di Saggezza Settimanale

LE BEATITUDINI (4) – Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perchè saranno saziati

By | Pillole di saggezza

In questa quaresima 2023 la rubrica “Pillole di Saggezza” offrirà come riflessione LE BEATITUDINI che come evidenziato da Benedetto XVI «sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri. Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei Cieli» (30 gennaio 2011).
Ci guiderà in questo faticoso ma felice cammino il cardinale Gianfranco Ravasi.

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