Ormai abbiamo capito una cosa: dobbiamo guardarci le spalle e non solo davanti a noi. Una volta ci volevano ammazzare, ora vogliono che ci ammazziamo. Il suicidio, intanto con aiuto e accompagnamento, poi lasciato liberamente a se stesso, risulta più conveniente, raggiunge il risultato con minori sforzi e maggiori garanzie. Il riconoscimento del suicidio come il primo dei diritti umani – anche nel parlamento italiano se ne discute e in Inghilterra il riconoscimento è già avvenuto – permette l’estinzione dell’uomo non prodotta dall’esterno, ma dall’interno. Chi odia l’uomo non gli sta davanti minacciandolo, gli sta dietro le spalle e gli insegna ad odiare se stesso. Il suicidio, così antinaturale, diventa quasi naturale.
Monsignor Suetta, cosa pensa del dibattito in corso in generale sul fine vita e, dal punto di vista politico, sui disegni di legge in discussione?
«Penso che questo dibattito sia spinto dall’onda di questi nuovi pseudo e presunti diritti perché non esiste un diritto a morire e non esiste un diritto a darsi la morte. Pertanto trovo che questo dibattito sulla realizzazione di una nuova legge sia artificialmente e pretestuosamente indotto perché, anche quando la Corte Costituzionale dice che occorre fare una legge, questo non è vero.
La legge sul suicidio assistito in discussione al Senato pone domande sulla qualità stessa della vita umana, per le quali il magistero della Chiesa offre le sue risposte. L’analisi del teologo.
Tenere bene a mente la Dottrina della Chiesa e rigettare qualsiasi proposta di legge sul fine vita, in quanto rappresenterebbe un compromesso dannoso. Questo il punto di vista di Costanza Miriano, giornalista e scrittrice, che ha espresso il suo punto di vista a Pro Vita & Famiglia onlus proprio il merito alla proposta di legge che in queste settimane si discute – dopo la pausa estiva dello scorso agosto – in Parlamento e sulla quale la stessa associazione ha già da tempo lanciato una petizione popolare.
Il fatto che un giudice stia obbligando una Asl a fornire a un cittadino uno strumento per uccidersi rende bene l’idea dei danni immani provocati all’ordinamento giuridico e al Sistema Sanitario Nazionale dalle sentenze politiche della Corte Costituzionale sul suicidio assistito.
Le autorità sanitarie dell’area napoletana hanno dato il via libera per l’accesso alla “morte medicalmente assistita” di due pazienti. Ma oggi le cure palliative in Campania arrivano a meno del 10% di chi ne ha bisogno. Qual è la priorità per la cura?
Avvenire apre uno spazio per mettere a fuoco punti fermi e valori in questione nel dibattito sul fine vita e su una possibile legge. Cominciando dal chiederci cosa conta.
L’Unità Locale Socio Sanitaria 3 Serenissima in Veneto sdogana in via amministrativa il suicidio assistito come “pratica medica”.
Con circa 4.000 morti l’anno in Italia per suicidio, è assurdo che la politica voglia legiferare sulla morte medicalmente assistita, ignorando questa drammatica piaga e incentivando la morte di Stato.
In Sardegna un disegno di legge regionale sul suicidio medicalmente assistito è stato presentato nei giorni scorsi dalla presidente Alessandra Todde, a margine dell’evento ‘La Valigia della libertà’, dedicato proprio al tema del fine vita. Altro che “valigia della libertà”: quella che si sta preparando in Sardegna è una valigia piena di dolore, solitudine e abbandono.