Richiesta di un Atto della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome che ribadisca la priorità assoluta per le politiche della sanità dell’offerta di cure palliative e terapia del dolore, in accordo con l’impegno assunto dallo Stato con la legge n. 38/2020, nel rispetto del fondamentale diritto alla salute garantito dall’art. 32 Cost. e in coerenza con la stessa sentenza 242/19 della Corte Costituzionale.
Si organizza il fronte dell’opposizione al provvedimento della Regione sul via libera alla morte volontaria con l’aiuto delle strutture sanitarie, in una terra povera di cure palliative.
Bene la pronuncia dell’Avvocatura di Stato che ha affermato che “non c’è un diritto al suicidio né l’obbligo dei medici di concorrere a una volontà suicidaria”, in udienza davanti alla Corte costituzionale. La stessa Avvocatura, lo ricordiamo, si era già espressa contro le fughe in avanti delle Regioni sul fine vita, convincendo Veneto, Lombardia e Piemonte a rigettare le proposte di legge sul suicidio medicalmente assistito sostenute dai Radicali.
L’attuale dibattito sulla legislazione riguardante il fine vita, come tutte le più emergenti vicende bioetiche e biogiuridiche, si colloca al crocevia tra diritto, etica e filosofia.
L’avvocato dello Stato: «Non è un diritto». Presente in carrozzina Maria Letizia Russo: «Lo Stato deve difendere la mia vita anche da me stessa in un momento di debolezza». I legali: «Grande vittoria».
Lorenzo Moscon è affetto da una patologia incurabile. È uno dei quattro malati gravi che hanno chiesto di essere ammessi in giudizio davanti alla Corte Costituzionale.
La Consulta si pronuncerà sulla costituzionalità dei presidi salvavita nel suicidio assistito. Da una parte il radicale Cappato, ma dall’altra per la prima volta un gruppo di disabili che chiedono il rispetto del dettato costituzionale e rivendicano il loro diritto a vivere. La Bussola ha intervistato una di loro: «Il nostro miglior interesse non è morire».
Quattro malati gravi chiedono di vivere e di essere tutelati proprio attraverso quelle garanzie che, ad oggi, l’articolo 580 del Codice penale assicura loro.
Nel riconoscere la necessità di una legislazione nazionale sul fine vita, il Presidente Amato ha suggerito di “evitare di contrapporre due principi inconciliabili – l’autodeterminazione e l’indisponibilità della vita – per mettere al centro un fattore comune che è la pietà umana”. Che vuole dire? È davvero possibile risolvere ogni problema evitando una simile contrapposizione?
Riflessioni a margine di un intervento del prof. Giuliano Amato.