Milano dice addio all’Ema e i dipendenti LGBT ringraziano

By 4 Aprile 2018Gender

Sulla possibilità del trasferimento a Milano di Ema, l’agenzia europea del farmaco, pare cadere definitivamente il sipario.

Amsterdam è stata scelta e Amsterdam sarà. Ma come è possibile, viene da chiedersi, che un’agenzia europea tanto importante, del valore di 1,7 miliardi di euro l’anno e circa 3mila dipendenti, sia stata assegnata a una città dove la sede provvisoria non è ancora pronta, “tanto che le attività di formazione dei funzionari dell’Ema sono state sospese per carenza di spazi”, come ha spiegato l’europarlamentare italiano Massimiliano Salini e malgrado le imprese costruttrici abbiano ammesso di non potere consegnare in tempo l’edificio che dovrà ospitare la sede definitiva?
“Troveremo un’altra sfida” ha detto il vice sindaco di Milano Anna Scavuzzo. Un’altra sfida da perdere, verrebbe da dire volendo fare una battuta. Una battuta ingenerosa perché, in realtà, lo scorso mese di febbraio Milano si è aggiudicata un’altra gara internazionale per la quale si era candidata ufficialmente, quella dell’assegnazione della convention del 2020 di LGITA (Lesbian and Gay Travel Association), l’associazione internazionale del turismo LGBT. L’Italia è al primo posto come meta desiderata dai viaggiatori LGBT, ma poi scende al quinto tra le mete effettivamente scelte perché considerata poco gay friendly e con meno servizi dedicati rispetto ad altre destinazioni europee.Cosa c’entra la convention LGBT con Ema? Soprattutto, cosa c’entra il fatto che l’Italia sia considerata poco gay friendly con la conferma di Amsterdam quale sede dell’Agenzia?
Per capire bisogna tornare al 29 agosto scorso, quando un gruppo di dipendenti dell’Agenzia europea per il farmaco appartenenti alla comunità LGBT scrisse una lettera ai vertici dell’Unione europea e al Ceo dell’Ema Guido Rasi, chiedendo che “la Task Force per il rilancio e la preparazione dell’operazione Ema consideri la legislazione degli Stati membri richiedenti il riconoscimento dei diritti LGBT” e che “la Commissione europea tenga pienamente conto delle preoccupazioni evidenziate nella presente lettera nella valutazione delle offerte”. Preoccupazioni che riguardavano i diritti delle coppie omosessuali “associati al matrimonio o all’unione registrata”. Diritti in particolare riguardanti dunque i matrimoni e le adozioni. A differenza di quanto accade a Londra e Amsterdam, infatti, in Italia non è possibile adottare il figlio del partner dello stesso sesso o altri bambini, compresi quelli provenienti dall’estero. Così come in Olanda, a differenza dell’Italia, le coppie lesbiche possono ottenere l’accesso al trattamento di fecondazione in vitro. Questi i diritti che i dipendenti LGBT di Ema temevano di perdere.
“Fortuna” loro che, malgrado Milano fosse più pronta per ospitare l’agenzia senza interrompere il lavoro dei dipendenti (mettendo peraltro a disposizione una sede prestigiosa come il grattacielo Pirelli nella zona della città più servita dai mezzi pubblici), è stata scelta Amsterdam. Chissà, magari dopo il 2020, se nel frattempo la città si attrezzerà, si potrà riparlarne. “A pensar male del prossimo si fa peccato ma si indovina” disse Pio XI (e, in seconda battuta, Giulio Andreotti).

Alessandro Cornali
www.loccidentale.it, 16 marzo 2018