Trento. Le sette bambine che danzano sulla carrozzina

By 17 Maggio 2018Testimoni

Il corso alla scuola di ballo “Ritmomisto” di Lavis tutti i giovedì pomeriggio: «Queste piccole ci hanno aperto la mente».

«Pronte? Mani sulle ruote! Uno, due, tre… avanti». Sarà l’atavica magia della danza, ma lo spettatore si dimentica presto di quelle carrozzine ingombranti e vede soltanto l’armonia delle aspiranti ballerine, i loro visi rapiti dalla tensione verso la musica. «Fateci un sorriso, ragazze, che non guasta mai…» le rassicura la coreografa, incoraggiando quella leggerezza che è pur sempre una conquista per chi fuori dalla sala di ballo incontra ogni giorno i suoi ostacoli, portandosi dalla nascita il peso della disabilità.

Eccole, ormai, alle prove generali del saggio di fine anno le ‘Seven fighters’, sette piccole lottatrici che da ottobre ogni giovedì si avvicinano per un’ora e mezzo all’ambiente fascinoso della danza, realizzando quel sogno che una di loro quest’estate aveva confidato alla sua mamma: «Potrei anch’io provare a ballare?».

«E perché no?» le hanno incoraggiate la fisioterapista e un medico neuropsichiatra, incrociando ben presto l’accoglienza coraggiosa di ‘Ritmomisto’, un’avviata scuola di danza con 200 allievi a Lavis, periferia nord di Trento. Dai balli di coppia alla capoeira, dalla classica alla zumba, con porte aperte a tutte le età ed ora – con quest’appuntamento del giovedì al quale prendono parte 7 bimbe di vari paesi trentini – a tutte le diverse abilità.

«Questo piccolo progetto era scritto già nel nome scelto dai miei genitori, “Ritmomisto” appunto, per accogliere la varietà della danza – spiega a fine prove l’insegnante Manuela Zennaro, anima della scuola –, queste ragazzine dai 6 ai 13 anni hanno competenze motorie, e non solo, ben diverse per cui la danza creativa punta a trovare insieme soluzioni nuove. Ma lo facciamo con semplicità in un clima familiare». Alcuni nastri bianchi trasformano il manubrio delle carrozzine in code di cavallo, i pon pon colorati le incendiano di colori. «Va bene così, adesso ci rilassiamo un attimo!».

Diego Andreatta

Avvenire.it,  29 aprile 2018