Lgbtqia+, l’abecedario liberal «inclusivo e senza mezzi termini» del Nyt

By 11 Luglio 2018Gender

Evviva la lotta senza quartiere contro le limitazioni dell’alfabeto e l’ormai polveroso e discriminante acronimo “Lgbt”. Finalmente ora è tutto più balbettante, confuso e quindi moderno.

Che razza di casino è avere un genere non convenzionale, ogni tanto anche i grandi giornali in servizio permanente alla causa liberalsessualista se ne ricordano. Per esempio il New York Timesche non si preoccupa mai abbastanza di mettere in discussione attraverso il linguaggio l’esistenza di maschi e femmine al fine di modificare il modo in cui le persone considerano le relazioni tra i diversi sessi, pubblica un puntuale aggiornamento per i suoi lettori al passo con i tempi e le campagne mainstream: il problema è che siamo nel 2018 e l’alfabeto è ancora troppo piccolo in latitudine e in longitudine per definire ciò che è caro e urgente alle giovani avanguardie delle liberazione sessuale. Eccolo quindi sposare una lotta senza quartiere contro le limitazioni date dall’ormai polveroso e discriminante acronimo “Lgbt”, per approdare dalla controriforma del linguaggio all’antiriformismo hard con un pezzone sull’importanza di conoscere l’abc di quella grande conquista di civiltà che è la nascita dell’acronimo “Lgbtqia+”.

L’ALLEATO. Per esempio, “questioning” o “queer” che dir si voglia, la “q”, l’assopigliatutto con cui si è traghettati dal XX al XXI secolo, si accompagna sempre più spesso e volentieri alla “i” di intersex (colui che presenta anatomia sia maschile che femminile) e alla “a” di alleato della causa di liberazione sessuale o di assessuato. Così è tutto più balbettante, confuso e quindi moderno. Ma dietro a quelle letterine c’è molto di più, chiarito dunque il concetto, ora siamo pronti a leggere l’abecedario liberal «inclusivo e senza mezzi termini» del Nyt.

ASESSUALI MA NON AROMANTICI. «È importante iniziare con le basi», spiega il Nyt, e quindi col definire cosa sono gay e lesbiche, ma si tratterebbe pur sempre di avallare un regime binario e limitante se dimenticassimo i bisessuali: tuttavia in quel “bi” potrebbe nascondersi un rafforzamento a sua volta del binario di genere maschile/femminile che si capisce bene essere poco inclusivo. Quindi la comunità gay si arricchisce dei pansessuali, quelli che dell’identità di genere se ne fregano perché guardano alle qualità di una persona (come le cantanti Miley Cyrus o Janelle Monàe), e gli asessuali, che stanno sì moscetti dal punto di vista dell’attrazione sessuale ma che non devono essere confusi con gli “aromantici”: «Le persone asessuali non sempre si identificano come aromantiche; le persone aromantiche non sempre si identificano come asessuate».

GNC, NB E ANTANI. E siccome il compito dei grandi giornali è elevare il popolo, non disprezzarlo, eccolo guidarlo all’uso consapevole dei termini: cisgender (a cui riferirsi quando l’identità di genere di una persona corrisponde al sesso assegnato alla nascita), transgender (un evergreen, l’identità di genere non corrisponde al sesso biologico «a cui sono stati assegnati alla nascita»), transgendered (alert, avvisa il Nyt, la parola non esiste anche se viene spesso usata a capocchia), trans* o trans+ (due ombrelli alle identità non cisgender), genere nonconforming o GNC (che esprime il genere al di fuori delle norme tradizionali associate alla mascolinità o alla femminilità – ma attenzione: «Non tutte le persone che non rispettano il genere sono transgender e alcune persone transgender esprimono il genere in modi convenzionalmente maschili o femminili»), non binary o NB (che non si sente né maschio, né femmina), genderqueer (persona che percepisce la propria identità di genere al di fuori dal rigido binomio uomo/donna, ma che può esibire caratteristiche a piacere dell’uno e dell’altra, o non esibire proprio nulla), gender fluid (in pratica l’identità fluttua, cambia, dipende dai giorni), genere neutro (indica una persona ostile al pronome maschile o femminile, che usa “they” al singolare e “Mx” al posto di “Mr” o “Ms”).

TUTTO CHIARO, NO? Chiude il vocabolarietto di genere M.A.A.B./F.A.A.B./U.A.A.B. (se assegnato maschio o femmina o non assegnato a nulla alla nascita) e il già summenzionato intersex (valido per tutti quelli che presentano caratteristiche sessuali biologiche che non sono tradizionalmente associate a corpi maschili o femminili, ma questo non ha nulla a che vedere con l’orientamento sessuale o l’identità di genere). Infine, last but not least,  c’è il “+”, mica un simbolo matematico, ma «una denotazione di tutto ciò che riguarda lo spettro di genere e sessualità che lettere e parole non possono ancora descrivere». Avete capito? No? Poi si chiedono perché ha vinto Trump.

Caterina Giojelli

Tempi.it, 27 giugno 2018