L’emergenza nascosta. Meno 250mila posti letto per l’Italia che invecchia

By 19 Marzo 2019Salute

Aumentano gli over 65, sono quasi tre milioni le persone non autosufficienti. Famiglie spesso lasciate sole. Bernabei (Cattolica): troppe differenze sui territori Il geriatra Trabucchi: costi più alti, ora ci vuole una rivoluzione.

Italiani sempre più vecchi. E un sistema di assistenza che traballa e non è più in grado di rispondere alle esigenze degli over 65. Anche perché, con l’aumento dell’età media, crescono pure i non autosufficienti i quali, secondo un rapporto del Centro Ricerche dell’Università Bocconi di Milano, risultano 2.847.814. Solo la metà di questi, però, usufruisce di servizi socio-sanitari mentre il resto è assistito da un esercito silenzioso: circa 8 milioni di caregiver familiari (di cui 1 su 5 è a sua volta ultrasessantenne) che si organizzano con soluzioni “fai-da-te”, spesso affiancati da quasi un milione di badanti (la media è di 14,2 ogni 100 cittadini sopra i 75 anni).

Nella maggior parte dei casi, dunque, sono figli, nipoti o fratelli minori a farsi carico in casa dell’assistenza e della cura dei loro cari che, in là con gli anni, mostrano limitazioni funzionali o patologie che ne condizionano la vita quotidiana. Dall’indagine della Bocconi esce un’Italia in forte affanno nel rispondere ai bisogni di una popolazione che invecchia con rapidità. L’altro dato (di fonte Ipsos) è la mancanza di circa 250mila posti letto nelle strutture di accoglienza.

«L’aumento degli anziani è un problema urgente per le politiche pubbliche europee e italiane – commenta Giovanni Fosti, docente della Bocconi, tra i curatori del rapporto – e di fronte ai bisogni sempre più ampi e complessi espressi dalle famiglie per i loro anziani, il welfare pubblico non riesce a offrire riposte complete ». Le famiglie rischiano di essere abbandonate a se stesse. Cosa fare? «Siamo alle soglie di una rivoluzione tecnologica e digitale che porterà enormi cambiamenti – dice Fosti –, è importante dunque guardare oltre: Internet delle cose, app con dispositivi mobili anche personalizzati che facilitano la mobilità dell’anziano e la prevenzione delle malattie, acquisti online, un monitoraggio a distanza dei parametri vitali, video- sorveglianza dell’ambito domestico, la stampa in “3D” e l’intelligenza artificiale, la robotica applicata all’assistenza agli anziani, come accade da anni in Giappone».

Nuovi valori, risposte che abbattono i costi e agevolano gli operatori favorendo il self management di famiglie e volontariato, possibilmente in sinergia. Soluzioni che però appartengono a un futuro prossimo. Un potenziale inespresso e comunque insufficiente, perché c’è da risolvere anche il problema della solitudine. E resta il nodo della spesa pubblica da destinare ai servizi socio-sanitari, inadeguata e male organizzata. «La situazione delle politiche sanitarie per gli anziani in Italia è grave» commenta Roberto Bernabei, direttore del dipartimento geriatria dell’Università Cattolica di Roma. «Bisogna chiedersi perché il fenomeno delle badanti è presente in modo così massiccio e diffuso solo in Italia – dice Bernabei – e perché da noi l’assistenza domiciliare riguarda solo l’1% dei casi mentre negli altri Paesi europei la media è del 20%, così come le Residenze socio-assistenziali interessano il 2,5% degli anziani mentre nel resto del continente nessuna nazione è sotto il 7%».

Per non parlare del divario tra Nord e Sud. «C’è differenza nelle prestazione erogate da Regione a Regione: da una parte ci sono Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, dall’altra realtà come il Lazio dove i posti letto disponibili nelle Rsa coprono solo un terzo del fabbisogno» dice Bernabei. E le prospettive non sono incoraggianti visto che «il contratto del “governo del cambiamento” dedica solo una parola al problema degli anziani».

«In Italia i posti disponibili per gli anziani nei vari presìdi sono 278.652 (22,5 ogni 1.000) – commenta Roberto Messina, presidente di Senior Italia FederAnziani – e per rientrare nella media Ocse secondo l’Istat servirebbe un incremento di un numero di posti letto compreso tra 111mila e 500mila». Le attese inoltre sono interminabili: «Ci vogliono almeno 200 giorni per trovare un posto in una struttura». In un Paese che invecchia rapidamente le “case famiglia” e le “comunità” rappresenteranno la soluzione assistenziale più diffusa. «Non serve insistere sul “sistema Case di riposo” che oggi mostra i suoi limiti – sostiene Marco Trabucchi, direttore scientifico del gruppo di ricerca geriatrica di Brescia – perché non è più come 20 anni fa, oggi ci sono sempre più vecchi malati e soli e quindi più costosi per la collettività e chi gestisce la cosa pubblica si spaventa di fronte alle nuove spese da sostenere. Pensiamoci. Ci vuole una vera rivoluzione del sistema o andremo a sbattere contro un muro ». Cambiare mentalità, coinvolgere le famiglie, come accade nell’espernza diffusa dei “Caffè Alzheimer”. Secondo Trabucchi «Il cohousing (alloggi con spazi comuni condivisi, ndr) però da solo non basta, ci vogliono supporti organizzati: l’anziano dovrebbe premere un bottone per avere a casa il medico, l’infermiere, l’idraulico… e riempire il resto della giornata incontrando persone».

Fulvio Fulvi

5 marzo 2019

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