La retorica triste dell’aborto. Davvero quelle vite accolte sono un «diritto» negato?

Sempre dalla parte del più debole, sempre dalla parte del più povero, sempre dalla parte della verità. Qualunque cosa accada, qualunque sia il prezzo da pagare. Occorre fare attenzione alle parole, devono essere pesate, pensate, meditate, prima di essere espresse. Prima di essere gridate. In questi giorni, di parole, ne abbiamo sentite tante. Alcune condivisibili, altre da rispettare. Altre, onestamente, da rimandare al mittente.

In questi giorni da più parti si è lamentata l’omissione sistematica della prima parte della legge 194, quella a difesa del nascituro. Da quell’orecchio, purtroppo, i fautori a oltranza del ‘diritto all’aborto’ proprio non ci sentono. E accade che a metterla in pratica ci pensano le parrocchie, i centri di aiuto alla vita, i volontari. Con i loro risparmi, i loro sacrifici, il loro tempo. Gente che oltre ad argomentare, cosa facile per tutti, portano fatti. Fatti duri come le rocce del monte Sinai. Fatti che nessuno potrà mai permettersi di confutare. Fatti sui quali volentieri viene steso un velo. Pietoso? No, peccaminoso. Sembra rispetto, non sempre lo è. Lasciare sola una donna nel prendere una delle decisioni più importanti di tutta la sua vita, è disumano. L’aborto è sempre un dramma, su questo siamo d’accordo tutti. Proprio perché è un dramma dovremmo fare di tutto per evitarlo. Di tutto, vuol dire, che prima di arrenderci, dobbiamo proprio provarle tutte. Non sempre accade.

Troppa gente, nascondendosi dietro il rispetto per la donna – cosa che nessuno deve mettere in discussione – si lava le mani, si fa da parte, finge di non vedere. Invece senza paura occorre mettersi accanto alla persona fragile, indifesa, in lotta con se stessa, con la propria coscienza, con i propri problemi. Bisogna parlarle, confortarla, incoraggiarla, accompagnarla. Senza giudicare, senza scappare, senza bestemmiare. Ascoltate, vi prego, una delle ultime donne incontrate proprio in questi giorni.

Era triste, Tina. Tanto triste, e povera. Il marito nei mesi scorsi ha perso il lavoro. Un’altra bocca da sfamare li spaventava. L’hanno portata in clinica, con il grembo pieno, e la paura in cuore. Stava per farlo. Le carte erano già pronte. Carte bugiarde. Niente, assolutamente niente, era stato fatto per evitare lo scempio. Nessuno, proprio nessuno, se n’era fatto carico. Aspettava una parola buona, Tina, proprio quella parola scritta sulle carte. Non è arrivata. Attendeva un aiuto concreto, quell’aiuto scritto sulle carte. Non c’è stato. L’aborto dei poveri che grida giustizia al mondo dei ricchi. La prima parte delle legge 194, in questi anni, si è rivelata uno specchietto per le allodole. Quasi sempre disattesa. Ci siamo fatti avanti. Con discrezione. Rispetto. Bontà. Senza invadere il campo, senza giudicare, senza condannare. Con lo stile di sempre, lo stile di chi ama sia la mamma sia il bambino, lo stile della Chiesa.

Tina quasi non ci credeva. Davvero? Davvero c’è gente che le sarebbe stata accanto, prendendosi cura di lei e del bambino? Ha ritrovato il sorriso, si è accarezzata il grembo, ha gustato di nuovo la gioia di essere madre. Ha iniziato la sua attesa. L’ho vista parlare con le nostre donne della culla e della carrozzina; delle tutine, del latte e dei pannolini. Era felice, questa mamma. Ho detto felice, non rassegnata. Tra pochi mesi un’altra vita nascerà. Nell’anno del Signore 2019, un altro miracolo avverrà. Sotto i nostri occhi. Grazie al coraggio di alcune donne coraggiose. Donne di periferia, semplici, povere ma piene di amore per il prossimo. Grazie a una parrocchia di periferia. Una vita che vale quanto la mia, quanto la tua, quanto quella di chi vorrebbe che di aborto non si discutesse più. E mette in giro calunnie per intimorire, zittire. Invece occorre fare di più, impegnarci di più, parlarne di più. Senza paure, senza ipocrisie, senza complessi di inferiorità o di superiorità.

Se è vero che ogni aborto è un dramma, è vero che quest’ultimo aborto evitato è una vittoria. E che vittoria! Un giorno il sole si spegnerà, ma la vita che questa giovane mamma porta in grembo vivrà in eterno. Tina avrà il suo bambino tra le braccia. Un figlio che appartiene anche a me, anche a te. Una vita che viene a rinnovare l’umanità.

Maurizio Patriciello

6 aprile 2019

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