Coronavirus: il ‘modello Corea’ sembra il più efficace

By 27 Marzo 2020Coronavirus

Gran parte delle attività commerciali e industriali non si sono mai fermate; nessun territorio è in quarantena. Rapidità di risposta, test “a tappeto”, rigorosa quarantena e impegno civico sono le chiavi del successo governativo. Con le nuove infezioni in tendenza negativa, il Paese è più vicino alla normalità.

Per molti esperti, la linea scelta dalla Corea del Sud nell’affrontare l’emergenza coronavirus è un modello da emulare. Spesso contrapposto alle dure restrizioni del “modello cinese” – che ha ispirato persino società democratiche come Italia e Filippine – il “modello Corea” sta offrendo risultati positivi in poco tempo. Le autorità sanitarie della Corea del Sud hanno assegnato a tale strategia il nome di TRUST (Fiducia). TRUST è l’acronimo di: Trasparenza; monitoraggi e quarantene Rigorosi; esami diagnostici Unici ma universalmente applicabili; controlli e Trattamenti clinici severi.

In tutto il mondo, i contagi da Covid-19 hanno superato quota 473mila e le vittime sono oltre 21.300. Governi ricorrono a misure come l’isolamento di città intere o la chiusura dei confini nazionali. Ma Seoul ha dimostrato che vi è un’altra via per controllare la malattia: gran parte delle attività commerciali e industriali non si sono mai fermate; nessun territorio è stato posto in quarantena. Con i numeri di nuove infezioni in tendenza negativa, il Paese sembra sulla giusta strada per tornare alla normalità.

La malattia è esplosa in Corea del Sud il 18 febbraio scorso. Il numero dei casi di contagio si è moltiplicato di 180 volte in due settimane, con una crescita giornaliera che ha toccato quota 909 il 29 febbraio. Ma dal 6 marzo, Seoul segnala un calo nel numero di nuovi casi, con aumenti giornalieri nell’ordine delle decine. A lungo la Corea del Sud è stata il primo Paese per numero di infezioni al di fuori della Cina, ma grazie alle politiche adottate è scesa al nono posto.

Le 104 nuove infezioni rilevate ieri sera portano il numero dei casi totali a 9.241. Il Centro coreano per il controllo e la prevenzione delle malattie (Kcdc) dichiara che la cifra segna il 15mo giorno consecutivo in cui numero di contagi si aggira o è inferiore a quota 100. Al momento, il virus ha ucciso 132 persone e 56 sono in condizioni critiche; 4.966 cittadini sono ricoverati e 4.144 sono guariti. A destare preoccupazione ora sono soprattutto i casi importati, balzati da 30 a 131.

Sono quattro gli aspetti che hanno contribuito al successo sudcoreano. Anzitutto, la rapidità con cui il governo ha reagito alle prime avvisaglie della crisi. Seoul aveva appreso l’importanza della preparazione nel modo più duro dopo lo scoppio nel 2015 di un’epidemia da Sindrome respiratoria mediorientale (Mers) che infettò 186 persone e ne uccise 36. La notizia di una polmonite sconosciuta che si stava diffondendo a Wuhan, nella Cina centrale, è venuta alla luce intorno al 31 dicembre 2019. Tre giorni dopo, il Kcdc ha istituito una squadra di emergenza per studiare la malattia.

Il governo ha annunciato il primo caso di contagio nel Paese il 20 gennaio. Solo una settimana dopo, i funzionari del governo hanno incontrato i rappresentanti di diverse compagnie del settore medico, esortando le aziende a sviluppare subito kit per i test sul coronavirus. Al momento, cinque aziende producono abbastanza reagenti diagnostici per esaminare 135mila persone al giorno. Secondo il ministero degli Esteri, 47 Paesi hanno finora chiesto di importare kit sudcoreani; altri 39 li hanno richiesti come aiuti umanitari.

I test eseguiti “a tappeto” sono la seconda chiave per il successo sudcoreano. Dallo scoppio dell’emergenza, Seoul ha istituito 118 laboratori e 633 strutture per gli esami, tra cui cliniche temporanee e 50 postazioni destinate a tamponi “direttamente in automobile”. A partire dal 20 gennaio, le autorità hanno eseguito esami su un totale record di 364.942 persone, ovvero un cittadino ogni 200.

Oltre agli esami di massa, anche le rigorose misure di quarantena hanno contribuito a rallentare la diffusione del virus. Il governo sudcoreano ha stabilito la creazione di strutture designate per ricevere pazienti in diverse fasi della malattia, per ridurre il carico sugli ospedali. Da allora, hotel e dormitori sono diventati reparti di fortuna e siti di quarantena, per tenere i pazienti meno gravi e i sospetti contagi sotto osservazione centralizzata.

Le autorità sono ricorse alla tecnologia per tracciare, isolare e sorvegliare ogni singolo caso. I cellulari dei sudcoreani vibrano con avvisi di emergenza ogni volta che vengono scoperti nuovi casi nei loro distretti. I siti Web e le app per smartphone descrivono ora per ora, a volte minuto per minuto, gli spostamenti delle persone infette. Chi è entrato in contatto con loro è tenuto a riferire ai centri per i test. Quanti sono costretti alla quarantena devono scaricare un’altra app, che avvisa i funzionari se un paziente rinuncia all’isolamento. Le multe per violazioni possono raggiungere i 2.500 dollari Usa.

Il successo della Corea del Sud nella lotta al Covid-19 è dovuto infine anche al modo in cui le autorità hanno saputo coinvolgere i cittadini ed ottenere la loro collaborazione. Molto è merito del senso civico e del patriottismo che contraddistingue i sudcoreani. Il governo ha persino omaggiato tale sentimento con un filmato pubblicato sul suo portale web (video), dal titolo “Korea, Paese delle meraviglie?”. I sociologi sottolineano che l’esecutivo guidato dal presidente Moon Jae-in si è distinto anzitutto per un’informazione chiara e puntuale. Tutto ciò ha promosso consapevolezza civica e cooperazione volontaria, rafforzando gli sforzi collettivi.

Di: Asia News
Data di pubblicazione: 27 Marzo 2020

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