IL SUSSIDIARIO – ADOZIONI GAY/ Quelle sentenze fatte apposta per andare contro il parlamento

By 2 Aprile 2021Gender

La Cassazione ha dato il via libera all’adozione all’estero da parte di coppie gay. L’ennesimo step nell’erosione del diritto del bambino ad avere un padre e una madre

Con una sentenza appena depositata, le sezioni unite civili della Cassazione hanno affermato che “non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell’adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo originario del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione”.

La conseguenza immediata è che in Italia può essere trascritto il provvedimento con cui uno Stato estero ha ratificato l’adozione di un bambino da parte di una coppia di uomini. La sentenza esclude però il ricorso alla maternità surrogata, richiamando il principio del “preminente interesse del minore”.

Non è del tutto indifferente il fatto che la richiesta del riconoscimento dell’adozione da parte della coppia omosessuale riguardi un cittadino americano (Usa) e un cittadino italiano naturalizzato statunitense, attualmente sposati secondo la normativa americana. La coppia aveva chiesto e documentato il consenso preventivo dei genitori biologici ed aveva ottenuto il parere positivo di un’agenzia pubblica equiparabile ai nostri servizi sociali. Il giudizio che legittima l’adozione omogenitoriale era stato emesso dalla Surrogate’s Court dello Stato di New York.

Una volta arrivati in Italia la coppia però si era vista rifiutare la trascrizione dell’atto dall’ufficiale di stato civile del Comune di Samarate, ma la Corte d’appello di Milano aveva invece affermato con una sua ordinanza che era possibile riconoscere l’adozione piena, sulla base del provvedimento dei giudici statunitensi. Il Comune di Samarate si era allora rivolto all’Avvocatura dello Stato, ma la Cassazione con la sua sentenza ha rigettato il ricorso presentato dall’Avvocatura dello Stato contro la decisione dei giudici milanesi.

Quali possibili significati assume questa sentenza della Cassazione

Brevemente si possono sintetizzare alcuni elementi su cui saranno il tempo e le future applicazioni della stessa sentenza della Cassazione a fare piena luce.

  1. Quando venne applicata le legge sulle unioni civili in Italia la stepchild adoption fu stralciata perché sembrava allora l’unica condizione per ottenere l’approvazione della legge anche da una vasta area del Parlamento, che nel rispetto della volontà e della libertà di due adulti consenzienti, escludeva però l’asse genitoriale. Nel dibattito parlamentare, totalmente disponibile nell’archivio di Camera e Senato, il tema della adozione dei figli fu affrontato ripetutamente, ma ogni volta venne sottolineato che la legge escludeva possibili forme di stepchild adoption. Molti di coloro che votarono la legge, non l’avrebbero votata se non fosse stato così.
  2. La Cassazione, la magistratura quindi, con la sua sentenza, una volta di più, si sostituisce non ad un vuoto normativo, ma ad una esplicita posizione contraria espressa dal Parlamento.
  3. La dialettica tra Avvocatura dello Stato e Cassazione conferma come l’interpretazione della norma sia tutt’altro che univoca e come ci sia ampio spazio per affrontare un tema senza irrigidirlo nei confini di una sentenza, che nel tempo potrebbe convertirsi in una norma de facto.
  4. La sentenza della Cassazione si pone quindi come punto di contraddizione tra la norma attualmente vigente in fatto di unioni civili e un sostanziale ribadire il criterio guida della legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita, laddove il diritto del bambino ad essere tutelato fin dal concepimento si colloca in uno scenario familiare in cui sono presenti a parità di diritti anche madre e padre.
  5. La coppia in questione, formata da un cittadino americano e da un italiano naturalizzato statunitense, ha avuto la sua approvazione dalla Surrogate’s Court dello Stato di New York, dopo che era stata fatta una indagine dai loro servizi sociali e dopo aver sottoscritto un accordo con i genitori biologici del bambino nel pieno rispetto, suppongo, della normativa americana. Nessuno di questi criteri è valido in Italia, dove vige una diversa normativa, come probabilmente la coppia omosessuale americana sapeva perfettamente fin dall’inizio delle procedure. Sorge quindi spontaneo chiedersi se il trasferimento in Italia era già nelle loro intenzioni e l’intera procedura abbia semplicemente inteso aggirare i vincoli normativi previsti dalla nostra legge e con la sentenza della Cassazione forzare uno dei vincoli posti proprio dalla nostra legge sulle unioni civili.
  6. Ultimo, ma non ultimo! La sentenza della Cassazione ribadisce un suo No alla pratica dell’utero in affitto nell’interesse del minore. Anche su questo punto in Italia è tuttora vigente un punto chiave della legge 40/2004, che nonostante gli stravolgimenti subiti dalla legge conserva tutta la sua forza proprio a tutela dell’interesse del minore. È, forse, l’affermazione di principio più interessante dell’intera sentenza, ma vedremo se con il tempo, e con le richieste che potrebbero arrivare da parte di molte coppie omosessuali, si riuscirà a mantenere il punto con la necessaria chiarezza e fermezza.
  7. In realtà assistiamo da tempo ad una lenta erosione del diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre. Diritto che difendiamo con piena convinzione, perché è nella complementarietà, non solo biologica, che ogni bambino potrà sviluppare la sua personalità, facendo esperienza diretta delle differenze intrinseche alla coppia genitoriale, scegliendo i suoi comportamenti e i suoi atteggiamenti sulla base di un vissuto elaborato nella quotidianità, con i suoi riti, le sue contraddizioni e le sue riconciliazioni.

In conclusione

Ogni bambino, una volta venuto al mondo, ha diritto a piena tutela dei suoi diritti, indipendentemente dal modo in cui è arrivato, ma ciò non toglie che la nostra responsabilità, come legislatori, ma non solo come legislatori, riguardi anche quel pezzo di strada, proprio perché intendiamo tutelare il supremo interesse del bambino e non solo una norma a sé stante. Le norme sono state pensate e scritte per il bambino e non si può capovolgerne la destinazione, proprio per farsene carico nel miglior modo possibile.

02.04.2021

Paola Binetti

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