LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA – Farsi uccidere per donare organi, l’eutanasia corre veloce

Viene praticata ormai da anni, soprattutto in Belgio, Paesi Bassi e Canada. Potremmo definirla l’eutanasia del buon samaritano. Si tratta di questo: il paziente chiede un trattamento eutanasico e poi fa sapere che donerà i propri organi.


L’eutanasia in alcuni paesi corre così veloce che ormai non si discetta più se la «dolce
morte» sia eticamente accettabile o meno, non si discute nemmeno più se l’eutanasia a
cui segue il trapianto non diventi un’eutanasia a scopo trapianto, con relative spintarelle
al futuro de cuius affinché si decida a tirare le cuoia per il bene dell’umanità. No, ormai il
focus della discussione si è spostato ben oltre: questi buoni samaritani è bene che
muoiano a casa o in ospedale? Gli organi prelevati a caldo sono di migliore qualità
seguendo il primo o il secondo protocollo?
Su tale tema la rivista scientifica Jama Surgey ha pubblicato un articolo nel febbraio
scorso dal titolo: «La donazione di organi post eutanasia iniziata a casa è praticabile». Gli
autori, Johan Sonneveld e Johannes Mulder, descrivono così il protocollo dell’eutanasia a
domicilio in vista di un successivo trapianto: «Il paziente viene sedato solo a casa, il che
segna l’inizio dell’eutanasia in termini legali, ma ha lo scopo medico solo di rimuovere la
coscienza mentre le funzioni vitali sono mantenute e protette. L’induzione del coma e
l’inizio della fase agonica avvengono successivamente nel reparto di terapia intensiva
dopo gli addii a casa e il trasporto». Quanta cura nell’uccidere le persone: che il tutto
avvenga nel rispetto della legalità, degli affetti e degli scopi clinici volti a preservare
preziosi organi da espiantare.
Poi l’articolo vira verso il pietismo, uno degli ingredienti di base dell’ideologia
eutanasica: «Suggerire che l’eutanasia debba avvenire in ospedale non tiene conto dei
desideri più profondi di questi donatori: esseri umani malati, stanchi dell’ospedale che
hanno deciso di porre fine al loro dolore nel comfort e nell’intimità della propria casa».
Lo sottolineiamo ancora: il pomo della discordia non è più «Eutanasia sì» versus
«Eutanasia no», ma è dove è meglio compiere l’assassinio.
Gli autori poi così proseguono: «Sostenere la necessità di una degenza ospedaliera
allontanerà molti potenziali donatori». Siamo nel pieno di una strategia di marketing:
occorre tranquillizzare i fornitori. Ma anche i candidati al trapianto: «Non c’è conflitto di
interessi […]. Non è necessario contrapporre gli interessi dei pazienti trapiantati agli
interessi dei donatori di eutanasia e viceversa». Ciò a voler dire che il processo
eutanasico iniziato a casa non danneggia gli organi. Che il trapiantato stia tranquillo: i
nostri organi con procedura domiciliare sono di ottima qualità. È un altro caso di
reificazione della persona. Se i nascituri vengono chiamati «prodotto del concepimento»

queste persone potranno essere indicate con il nome di «prodotto dell’eutanasia». Il
paziente viene visto come un magazzino vivente di preziosi organi. Come accade con i
feti abortiti presso le cliniche di Planned Parenthood: prima uccisi e poi depredati dei
loro organi a scopo di vendita. I medici poi diventano vampiri d’organi, cacciatori di
teste, cuore e polmoni.
Infine la chiusura dell’abstract offre la cifra di quanto la cultura di morte abbia
raggiunto gradi così elevati che, in alcune menti, ormai è riuscita a capovolgere l’ordine
oggettivo dei valori. Gli autori infatti caldeggiano la procedura at home e quindi
spronano tutti a seguirla con queste parole: «Possiamo fare di meglio. I nostri pazienti
meritano di meglio». I pazienti non meritano di vivere, bensì di essere uccisi e svuotati a
dovere. Il meglio, il famigerato best interest è farsi uccidere per donare organi. E così,
ammantata dalla pudica e spessa veste della filantropia che copre ogni sozzura, si
incentiva l’eutanasia.
I candidati più appetibili per l’eutanasia del buon samaritano sono poi i malati
mentali e i depressi: organi sani in menti fragili. Non si può chiedere di meglio. Corpi
sani e giovani, non intaccati da tumori o dalla senescenza, particolarmente adatti al
trapianto. Facile prevedere un incentivo all’uccisione di queste persone: quegli organi –
così si argomenterà – servono poco in una persona insana di mente o depressa. Meglio
darli a chi potrà farne miglior uso. Insomma il solito utilitarismo venduto, in questo caso,
come se fosse beneficienza.

Tommaso Scandroglio

20.6.2021

https://lanuovabq.it/it/farsi-uccidere-per-donare-organi-leutanasia-corre-veloce